La “prima” firmata dagli inglesi Raynor e Phillimore il 14 agosto 1897 con le guide ampezzane Diami e Colli ed il portatore Dibona Il dodicesimo ed ultimo capitolo dell’ottimo libro del compianto professor Giovanni Angelini, zoldano, medico stimatissimo, grande appassionato della montagna: “Pelmo d’altri tempi” (edito nell’ottobre 1987 da Nuovi Sentieri di Bepi Pellegrinon e stampato da Arti grafiche Tamari di Bologna, riproduzioni fotografiche a cura di Foto De Santi di Belluno) è intitolato “Per la parete Nord verso Forcella Forada. Si apre ricordando: “Allorché il secolo stava per finire, un’epoca nuova s’aprì anche per il Pelmo”. Infatti: “I tempi trascorrono rapidi in alpinismo e si fanno presto maturi per nuove concezioni e più arditi propositi”. Dunque non più l’esplorazione della montagna e il raggiungimento della cima per le vie naturali più agevoli e di minore resistenza; vie già segnate chiaramente dalla natura, vie che l’inconsapevole selvaggina e l’astuto tenace montanaro alla caccia avevano scoperto e calcato prima d’ogni piede straniero, vie lunghe e tortuose, pazienti, di aggiramento, di adattamento alla conformazione degli strati e delle pieghe, delle fenditure e sporgenze delle rocce. Un problema spirituale nuovo urge, un nuovo aspetto del multiforme fascino del monte si afferma: è un lato non tocco, un determinato fianco, una parete, una cresta ancora da esplorare o da superare, non sempre per raggiungere più direttamente la cima, una vetta minore da conquistare; anzi, ben presto, una più o meno definita struttura del monte da affrontare direttamente, per ‘via direttissima’, poi da vincere ‘per se stessa’; con intendimenti ancora squisitamente alpinistico, a grado a grado, sempre più sportivi. Questa premessa di Angelini per rimarcare: “Non si pensi che il fenomeno è recente”. E prosegue: “Ai nostri giorni – scrissero nel 1897 il rev. Arthur Guy Sanders Raynor e John Swinnerton Phillimore (formarono alla fine del secolo scorso una coppia di alpinisti, gli inglesi’ per antonomasia che acquistarono fama sulle Dolomiti di Ampezzo e Cadore, di Primiero e S. Martino, affidandosi alle migliori guide di montagna di quel tempo) per descrivere la prima ascensione settentrionale del Pelmo ‘sopra la Forcella Forada – rimangono così poche punte vergini, che l’alpinista assetato di novità deve contentarsi di vie nuove. E veramente che sia vergine o no una data cima, essa può avere certe pareti le quali, solo a vederle, gettano la sfida al mondo alpinistico finché non siano state violate. Tale è quella stupenda muraglia da castello inespugnabile con cui il Pelmo domina sopra la Forcella Forada”. Richiamava quindi, per esaltare il famoso binomio di arrampicatori, la memorabile impresa di due anni prima di quella del Pelmo: la prima ascensione della parete nord-ovest della Civetta (“Via degli Inglesi” del 24 agosto 1895) con la guida Antonio Dimai (1866-1948) figlio della seconda moglie di Angelo Dimai, Marianna Dallago: salito alla ribalta nel 1889 e per un ventennio insuperato protagonista di grandi salite dolomitiche “raggiungendo rinomanza più ancora di quanto quella di Santo Siorpaes aveva dominato il ventennio precedente”. Lo stesso Dimai, nel 1898 guiderà i due inglesi nella prima ascensione della parete meridionale dell’Antelao dove “Come sulla Civetta, come sul Pelmo, anche qui l’ardimento di Antonio Dimai precorre i tempi aprendo nuove vie su pareti magnifiche, valorizzate appena ai tempi nostri” come scriveva F. Terschak nel 1953. L’altra guida ampezzana nell’ascensione del Pelmo fu Giuseppe Colli “Bepe Paor” (1854-1928) spesso associato a Dimai, mentre Arcangelo Dibona “Bonel (1856-1924) ebbe mansioni di sostegno morale dallo spigolo Nord-est, e di portare i sacchi con le scarpe in cima. La scalata per la parete nord del Pelmo verso Forcella Forada risale al 14 agosto 1897 come scrivono per la rivista del Cai, dato che erano soci della Sezione di Agordo, i due inglesi: “Partenza dalla “Stella d’Oro” a Cortina il venerdì 13 agosto “per tentare l’impresa che da molto tempo avevamo in pectore, incoraggiati dai buoni auguri dei nostri amici ampezzani e di altri ed accompagnati dalle guide Antonio Dimai, Giuseppe Colli ed Arcangelo Dibona… Arrivati dopo due ore di cammino non senza aver preso un po’ di pioggia, alla Casera Cortotto, ci rassegnammo a pernottarvi… Alle 8,20 il Dimai fece il primo passo avanti ed ecco incominciata l’impresa… La salita continuò verso destra sopra il capitello nevoso di quel gran pilastro rosso, alternando la scalata di qualche raro camino con traversate su cengie strettissime e fianchi di parete sempre perfida. Finalmente eccoci sulla sospirata neve, a mezzogiorno, ove si camminò più gagliardamente. Ancora con un ometto segnammo la via a questo punto; e fra il primo e il secondo di quei tre cocuzzoli che spuntano dal ciglio orizzontale della montagna riuscimmo sulla cresta alle 12,50. Ecco vinta la partita… Si giunse alla vetta alle 14,33 e alle 14,45 cominciò la discesa che riuscì molto scomoda, scivolando sulla neve e saltellando pei ghiaioni¸ poi per il ‘Lange Band’ (la lunga cengia e altra neve) si arrivò al Rifugio Venezia alle 16,25 e dopo una mezz’ora divallammo giù a San Vito dove si arrivò alle 18,28 perseguitati da un acquazzone…”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Giovanni Angelini “Pelmo d’altri tempi): il Pelmo dai Piani di Pescùl, nord-ovest, i “Palùi” (foto G.A.); il monte da nord, dai pascoli della Casera Fiorentina (“Col Formòs”) a quota 1825 (foto G.A.); la parete settentrionale del Pelmo dal Col de la Puina, quota 2050: la prima via il 14 agosto 1897 con le guide ampezzane Antonio Dimai e Giuseppe Colli per gli alpinisti inglesi Raynor e Phillimore, gli stessi che due anni prima avevano lasciato il loro nome “Via degli Inglesi” alla prima via sulla parete nord-ovest della Civetta (foto G.A.); la Spalla est del Pelmo (3024) dalla cresta dello spigolo nord-est, in prossimità dei “Gendarmi di Raynor e Phillimore” del Ciglione settentrionale del Pelmo; una cordata famosa di “Inglesi”: per numerose “vie nuove” sulle Dolomiti e specialmente per l’intraprendenza nell’affrontare le grandi pareti di grandi cime: Raynor, seduto a destra e Phillimore, al centro, ma l’artefice di queste imprese fu la guida Antonio Dimai (in alto a destra), a sinistra, barbuto, l’altra guida, Giuseppe Colli, in ginocchio il portatore Arcangelo Dibona (raccolta di Carlo Gandini di Cortina, 1975); la “Forada” 1977 metri di quota, il valico antico a nord del Pelmo usato in ogni tempo e stagione per comunicazioni, traffici, vicende della monticazione e dei prodotti caseari, insieme con le forcelle della dorsale a nord del Col de la Puìna, 2254 metri (foto G.A.); il Pelmo da oriente: in primo piano uno dei larici folgorati e ricresciuti che in Zoldo chiamano “zeròn” come fosse un candelabro (foto P. Sommavilla 1980).