AGORDO Porte chiuse in Ortopedia, oltre l’ambulatorio gli interventi sono da programmare a Belluno (64 chilometri da Livinallongo) oppure a Feltre (87 chilometri da Arabba). E’ il momento di emergenza che lo impone ed è giusto così, perché l’ospedale oggi struttura covid free diventerà Ospedale di Comunità, forse anche perché il personale serve altrove. Emergenza sta per circostanza imprevista, caso grave, urgente, situazione di necessità, cioè straordinario. Se però si chiede oggi di conoscere la data del ritorno alla normalità, nessuno sa dove appuntarla sul calendario, nè con riferimento al mese, nè alla stagione. Visti i precedenti della Lungodegenza che non risulta sia mai più ripartita come un tempo, qualche dubbio è giustificato, per questo la popolazione chiede ai Sindaci di vigilare, soprattutto dopo aver devoluto i loro 2 milioni e mezzo dei fondi di confine per la rinascita del Pronto Soccorso, dando più di una mano all’Azienda Sanitaria Dolomiti, visto che la Regione si è limitata ad un contributo pari a un quinto di quella somma. I dubbi sorgono anche perché oggi in Ortopedia la situazione è ottimale con un Primario benvoluto e tre medici altrettanto apprezzati, ma se è vero che a dicembre uno di questi tre lascia Agordo per Belluno, allora i problemi aumentano in modo esponenziale, al punto di giustificare la non ripartenza del reparto, perché due faticherebbero a coprire tutti i turni e da che mondo è mondo il Primario non si mette certo di guardia, quindi i tre medici sono indispensabili oltre che vantare professionalità importanti ma vanificate se destinate ad ambulatorio o Pronto Soccorso. L’Agordino già spogliato di tanti servizi in pochi anni il reparto di Ortopedia una volta fuori dall’emergenza covid-19 lo rivuole come è oggi. Perché gli agordini si sono sempre affezionati ai loro ortopedici, da Grandesso a Dalla Cà, da Costa a Botto attuale primario, Maffei, Canella, Ballis, ma giusto per fare qualche nome e segnare il trascorrere del tempo. Perché l’ortopedico è il medico amico al quale ci si rivolge per l’anca sbilenca, il femore spappolato o la micro frattura piuttosto che la botta al piede, a volte purtroppo pure in momenti più difficili e difficilmente superabili nella vita. Poi ci sono i turisti dello sci, che si rompono le gambe, che si spezzano le braccia, che finiscono con la testa contro un sasso, gli stessi che prima di partire da remote località di città chiedono se la montagna dove trascorreranno i loro giorni di vacanza sia o meno dotata di adeguate strutture sanitarie, se vi sono certezze in caso di emergenza, solo dopo essersi informati – e con la rete non è poi così difficile- firmano il modulo di prenotazione. Poi ci sono i volontari dell’ambulanza, da tempo sotto pressione per turni massacranti, perché il volontario latita, ma anche perché amareggiati dalle scelte della politica a più livelli, ci manca solo di costringerli a partire da Arabba, dai Piani di Pezzè sopra Alleghe, da Passo San Pellegrino in Cima alla Valle del Biois per farli scendere fino a Belluno o fino a Feltre per la frattura di una caviglia, già stufi che sono rischiamo davvero di perderli i nostri volontari, per sempre e, con loro le associazioni che padri e nonni hanno fatto crescere per il bene della collettività e perché no, in aiuto anche alle varie direzioni Ulss che si sono succedute negli anni, fino a quella attuale del feltrino Adriano Rasi Caldogno. Quindi i tempi sono grigi e non solo per il corovavirus, per questo i sindaci sono chiamati a vigilare affinchè il primario Federico Botto, per gli agordini il “primario del ginocchio”, continui a rimanere il punto di forza dell’ospedale di Agordo, motivo di orgoglio, come sarebbe punto di forza e di orgoglio di una qualsiasi ortopedia, non ultima quella di Feltre.
Mirko Mezzacasa