BELLUNO “Aumentare le rette delle case di riposo non è la soluzione al problema dell’impennata dei costi delle strutture, ma finirà per aggravarlo, costringendo le famiglie a caricarsi sulle spalle il peso intero della gestione dei propri anziani e portando all’aumento dei ricoveri impropri e delle file nei Pronto soccorso, con le criticità già viste in passato”. La Cisl Belluno Treviso e le Federazioni della Funzione pubblica, dei Pensionati e dei Servizi privati dicono no al ritocco delle rette delle case di riposo paventato da alcuni istituti e già messo in atto da alcune Rsa per far fronte al caro-energia. “Non possiamo pensare, a due anni dallo scoppio della pandemia, che ha visto gli anziani delle Rsa, le loro famiglie e il personale in servizio pagare un prezzo altissimo in termini di isolamento, morti e turni infiniti, che si possano ancora adottare strategie di ‘contenimento’ della spesa mettendo in campo l’aumento delle tariffe, la riduzione del personale e la diminuzione del minutaggio assistenziale”, affermano Teresa Merotto della segreteria territoriale della Cisl, Franco Marcuzzo, Patrizia Manca e Mario De Boni, rispettivamente segretari generali della Fnp, della Fisascat e della Fp Belluno Treviso. “Il problema dei costi e della sostenibilità economica è grave – spiegano i rappresentanti della Cisl – ma non può essere affrontato facendolo ricadere esclusivamente sugli anziani e sulle loro famiglie, già pesantemente provate dai rincari delle bollette e dall’inflazione. Occorre andare oltre le risposte estemporanee date rincorrendo le continue emergenze (la pandemia, la carenza di personale, l’emergenza energetica) con soluzioni-tampone: servono interventi che riescano a coniugare la sostenibilità economica con la qualità delle cure alle persone anziane e il benessere lavorativo degli operatori, così come va affrontato in modo strutturale il problema della carenza del personale sanitario e socio-assistenziale delle Rsa”. La soluzione, secondo la Cisl e le sue Federazioni, potrà arrivare solo da un ripensamento del modello di gestione dell’assistenza socio-sanitaria: una riorganizzazione complessiva del sistema delle cure e una rivisitazione della rete dei servizi determinate dall’evoluzione dei bisogni della società, segnata dalla crescita delle patologie di tipo cognitivo, dal bisogno crescente di aiuto delle famiglie, dalla necessità di garantire qualità della vita e benessere ad anziani, famiglie e operatori. Nuove esigenze che richiedono una politica dei servizi integrata, capace di diversificare l’offerta per renderla più flessibile, aperta e adeguata alle mutate esigenze delle persone. La persona fragile per la Cisl deve essere posta al centro del sistema e va rispettato e tutelato il suo diritto ad una vecchiaia dignitosa. “Per questo – proseguono Merotto, Marcuzzo, Manca e De Boni – occorre mettere in atto politiche di integrazione fra i servizi, fra le Rsa e le cure domiciliari, le realtà di cohousing e le abitazioni protette, per rendere possibili anche soluzioni intermedie fra ‘l’essere a casa propria’ e l’assistenza residenziale, ripensando gli spazi e i legami con il territorio, facendo coesistere più modelli articolati in base ai bisogni di cura e all’intensità assistenziale necessaria, senza sprecare i fondi del Pnrr”. Ma per la Cisl servono anche sinergie e aggregazioni funzionali fra le strutture per abbattere i costi di gestione, snellire e razionalizzare gli apparati burocratico-amministrativi delle Rsa e adottare strategie comuni al fine del risparmio sugli acquisti e sulle forniture (centrali uniche di acquisto). Come è necessario ripensare l’organizzazione del lavoro, i profili e le mansioni del personale, diversificando tra addetti ai servizi generali e addetti all’assistenza alla persona, che devono occuparsi prioritariamente della cura e dell’assistenza, non come accade ancora oggi in alcune strutture private in cui il personale deve occuparsi anche della pulizia e sanificazione, del rifacimento letti, della predisposizione della sala ristorazione. Tutte mansioni importanti, ma che possono essere svolte da personale non qualificato addetto ai servizi generali. Altro punto importante è intervenire a livello retributivo per valorizzare il lavoro di cura ed equiparare i contratti del personale che afferisce al settore privato, come Rsa, coop sociali, fondazioni e aziende consortili a quelli della sanità pubblica ospedaliera, cercando così di porre un argine alla fuga del personale sanitario dalle strutture residenziali. “Le organizzazioni sindacali, dal livello regionale a quello territoriale – concludono i rappresentanti della Cisl e delle sue Federazioni – sono pronte alla collaborazione e alla condivisione di strategie ed obiettivi, con il fine comune di trovare soluzioni a favore delle persone più fragili. Il rispetto degli anziani e della loro dignità è la misura del grado di civiltà della nostra società”.
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