Nativo di San Fior, fu parroco (1843) a San Pietro in Campo e poi impegnato a San Liberale – La città di Belluno gli ha intitolato una via Presbitero, patriota e poeta. Parliamo di Sebastiano Barozzi, bellunese di adozione essendo in realtà nato a San Fior, nel Trevigiano, il 20 maggio 1804 (è poi mancato quasi ottantenne, il 4 maggio 1884, proprio a Belluno che, ricordandolo anche come cappellano militare con i volontari bellunesi che fu condannata e quindi graziato, gli ha intitolato la via che da via Vittorio Veneto, verso Cusighe, interseca il viale Medaglie dì’oro con sovrappasso sulla linea ferroviaria). Di lui la libera enciclopedia Wikipedia ricorda che era figlio di Pietro Francesco Barozzi ed Anna Maria Allegranzi, sottolineando che “i era trasferito in terraferma solo dopo la caduta della Repubblica di Venezia, trovandosi ora in condizioni economiche alquanto modeste”. Graziani, e quindi nel seminario di Ceneda, ora Vittorio Veneto. Wikipedia giustamente evidenzia che “Si fa notare precocemente per le doti letterarie: questo fattore da un lato gli garantisce la protezione di figure come Francesco Amalteo, agiato intellettuale opitergino, o come Jacopo Monico, vescovo di Ceneda; dall’altro gli rende ostico il percorso seminariale, concluso con mille peripezie in Feltre. Viene ordinato sacerdote nel 1831 ma anche la carriera ecclesiastica non gli è facile per le sue idee politiche antiaustriache”. Barozzi fu aiutante del parroco di Zoldo e nel 1843 gli fu affidata la piccola parrocchia bellunese di San Pietro in Campo. E veniamo alla politica: lievita notevolmente a partire dal 1848 quando parte per la Lombardia come cappellano unendosi ad un gruppo di volontari che intendevano bloccare l’avanzata austriaca; la spedizione non ha successo, anzi, ma consente al nostro di conoscere Pier Fortunato Calvi. Rientrato a Belluno nel dicembre 1848, esercita nella chiesetta di San Liberale e “nelle sue prediche fomenta un sentimento irredentista, intonando – forte delle sue doti poetiche – un inno rivoluzionario da lui stesso scritto (Inno a san Liberale): è allora che l’intitolazione della piccola chiesa, fino a quel momento dedicata a san Daniele, viene assegnata a san Liberale”. Ancora Wikipedia: “rischiando di essere arrestato, fugge rifugiandosi a Venezia”. Nel 1849 torna a Belluno come sorvegliato speciale dagli austriaci. Due anni dopo rischia di nuovo la prigione perché sospettato di attività sovversive ma riesce a fuggire a Torino dove, pur in condizioni economiche precarie, rimane due anni; qui rivede Calvi e intesse rapporti con i mazziniani. Nel 1853 rientra a Belluno per affiancare Calvi nell’organizzazione di una insurrezione nel Bellunese. Considerata la pericolosità della situazione, tenta di avvertire l’amico: la lettera non giunge a destinazione ed il patriota ed i suoi vengono arrestati, sorte cui andrà incontro lo stesso Barozzi pochi giorni dopo, quando viene tradotto nel carcere al castello di Mantova. Vengono tutti condannati a morte salvo Barozzi cui la sentenza capitale viene commutata in diversi anni di reclusione, che si concludono nel 1857 quando don Sebastiano usufruisce dell’amnistia. La prigione gli ha comunque compromesso la salute “e gli è necessario un periodo di riposo nei luoghi natii presso il fratello sacerdote a Pianzano, nei pressi di San Fior”. Barozzi ritorna a Belluno e dal 1859 si stabilisce ad Orzes dove, sospesa la militanza, si dedica all’attività letteraria “dividendo equamente i propri interessi tra religione e politica, due vocazioni che, nella sua ottica, non sono mai in contrasto”.Non è finita: “Deluso dal percorso di unificazione italiana, mostra comunque la soddisfazione di vederla compiersi, con l’annessione del Veneto nel 1866. Negli ultimi anni è direttore dell’istruzione elementare e ispettore scolastico del circondario di Feltre e Fonzaso. Nel 1872, fermo nella propria identità di patriota, anziché assecondare la richiesta vescovile di togliersi le vesti borghesi e la lunga barba – segni che da sempre avevano caratterizzato la sua scarsa ortodossia e ne rappresentavano il patriottismo – preferisce essere punito con la ‘sospensione a divinis’”. Sebastiano Barozzi muore nella casa di Orzes il 4 maggio 1884 ed è sepolto nel locale cimitero. Nell’atrio del Municipio di Belluno un busto marmoreo in suo onore, opera di Valentino Panciera Besarel; a San Fior, il paese natale vi è una lapide, donata da Giovan Battista Cadorin, sulla facciata della sua prima casa “a preservare la memoria del cittadino più illustre del paese natale, cui oggi è dedicata anche la scuola media”. Barozzi ha intensamente svolto anche l’attività di poeta e lo storico Giuliano Galletti, che ne ha studiato con grande impegno e ottimi risultati le vicende, riferendosi ai primi anni di sacerdozio a Belluno, ha scritto che: “Si faceva conoscere come letterato, pubblicando in opuscoli di circostanza per nozze o altre occasioni testi originali e più spesso traduzioni, fino a diventare una sorta di ‘poeta ufficiale’ di Belluno”. Ricordiamo infine che: “Mai pubblicato in vita – a causa delle scomode posizioni politiche, contro gli austriaci e, in particolare contro la Chiesa ufficiale e la figura di Pio IX – il poema (‘Cronaca del popolo durante la redenzione d’Italia’: 13 mila 076 versi dedicati alle vicende rivoluzionarie guardate da un punto di vista eccentrico, quello della Val Belluna, dove entra in gioco lo stesso Barozzi come personaggio, assieme agli amici irredentisti, tra cui celebri signori, intellettuali e artisti altoveneti dell’epoca cui era legato in amicizia: Ippolito Caffi e Tomaso Catullo per citarne solo due) è rimasto inedito, conservato in un unico manoscritto catalogato dalla Biblioteca civica di Belluno; solo nel 2016 ha visto la luce, in un’edizione antologica corredata di documenti e apparati fotografici, per la cura di Giuliano Galletti e Paolo Steffan, in un’edizione che il Comune di San Fior ha finanziato integralmente in occasione del 150. anniversario dell’annessione del Veneto”. L’opera venne presentata al pubblico giovedì 15 dicembre di 4 anni fa a cura del Comune di San Fior con il contributo multimediale della locale scuola media “Sebastiano Barozzi”, racconti di Clelia Barozzi, accompagnamento musicale del pianista e compositore Andrea Pavanello.
NELLE FOTO (Wikipedia e Renato Bona): Barozzi in una riproduzione a matita del suo volto; la tabella che a Belluno indica la via che gli è stata intitolata; la casa natale a San Fior, nell’attuale Borgo Barozzi; la chiesetta bellunese intitolata a San Liberale; la casa di Orzes di Belluno dove Barozzi si ritirò negli ultimi anni; la copertina della pubblicazione di Giuliano Galletti e Paolo Steffan.