di RENATO BONA
Alzi la mano chi conosce il significato della parola tiburio. Personalmente ammetto la mia lacuna e sicuramente facevo parte di una minoranza ma sono presto corso ai ripari (vocabolario enciclopedia Treccani: “In architettura, particolare forma di copertura esterna di certe cupole, nelle quali la calotta interna è racchiusa entro una struttura muraria a forma di cilindro o di prisma a base poligonale e coperta da un tetto piramidale a falde inclinate, spesso terminante con una lanterna; nasce con l’architettura paleocristiana e bizantina, ma è presente anche in costruzioni romaniche, gotiche, rinascimentali, specialmente d’area lombarda: si ritiene abbia la funzione di proteggere l’estradosso della cupola costituito da materiale leggero”) anche perché volevo occuparmi della cosa in riferimento al Duomo di Belluno. E ad un professionista, caro amico di vecchia data (dai tempi in cui ci sfidavamo nelle gare di briscola organizzate nel bar all’Organo di via XXX Aprile – ndr.). Mi riferisco all’architetto Fulvio Vecchietti, classe 1949 (inizio dell’attività professionale nel dicembre 1997, studio nella via Feltre di Belluno; grande appassionato di montagna) che dei lavori a tiburio e cupola (alta circa 10 metri dal cornicione in pietra su cui poggia, ha un diametro di 12 metri) della cattedrale-basilica di San Martino ha curato la progettazione e gli interventi (importo delle opere 360 mila euro) per il “ripristino funzionale, la stabilizzazione delle strutture ed il recupero delle superfici intonacate, si è occupato nel 2015-16 previa approvazione dell’elaborato progettuale da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le provincie di Venezia. Belluno, Padova e Treviso. I lavori – ricorda – sono stati curati dall’impresa Fiorin Walter Treviso restauratore opere monumentali. Devo dire – aggiunge – che il titolare Walter Fiorin “si è dimostrato persona preparatissima, geniale nelle soluzioni prospettate, attrezzato con ogni macchinario tecnologicamente avanzato per la diagnosi e per le operazioni di restauro, avvalendosi dell’opera del restauratore del legno Michele Morotto che abitualmente opera in Venezia su manufatti antichi, e di due ragazzi della Scuola di restauro di Treviso”. Fulvio Vecchietti nella settantina di pagine della sua relazione tecnica, caratterizzata da numerose immagini, esordisce scrivendo che da tempo si era visto che gli intonaci della cupola della Cattedrale di Belluno erano interessati da lesioni e in alcune aree si presentavano vere e proprie fessurazioni verticali, oblique e irregolari. Da ciò la necessità di verificare lo stato di manutenzione dei manufatti e capire quali fossero le cause del degrado, al fine di poter predisporre il progetto di restauro e gli interventi necessari per contrastare il decadimento. Spiega quindi che è stato possibile avvicinarsi a cupola e tiburio “salendo la scaletta elicoidale in pietra esistente dietro l’altare della Sacra Spina che conduce ai sottotetti delle navate della chiesa, da dove si accedeva all’intercapedine tra le due strutture e percorrendo il cornicione soprastante il coro, in pietra, che delimita la cupola, avvicinarsi e toccare con mano le superfici dell’intonaco. Ancora Vecchietti : con i primi sopralluoghi veniva riscontrato quanto scritto nell’opuscolo “Notizie sulle riparazioni eseguite” edito dalla Tipografia Piave nel dicembre 1970 a cura dell’ing. Adriano Barcelloni Corte riguardo ai lavori di ricostruzione attuale effettuata negli anni 1930-40 della cupola e del tiburio, a seguito del terremoto distruttivo del 18 ottobre 1936. Commissionato dalla Fabbriceria della Cattedrale all’architetto Alberto Alpago Novello, il progetto si attenne di massima alla forma e alle misure di quello del Segusini, realizzato dopo il terremoto del 1873, semplificato nei decori ma con l’inserimento di 8 finestre allungate, corrispondenti ai lati del prisma. L’ottagono venne eseguito in calcestruzzo armato, costituito da otto pilastrini collegati fra loro da paretine in cemento armato, rinforzate, al centro di ognuna, dagli stipiti e dagli architravi e davanzali delle otto finestre. Pure in cemento armato il cordolo di sommità. Quanto al tetto, venne costruito con orditura di legno. Infine la cupola del coro fu realizzata in struttura leggera vale a dire rete metallica sostenuta da centine in legno e malta paglia al di sopra della rete. Dall’alto al basso: i lavori hanno fra l’altro reso necessario il “puntellamento delle due crociere della cripta sottostante la cattedrale, con struttura metallica armonizzata”. Avviandoci a conclusione (ma sarà nostra premura riferire in altra occasione anche di altri lavori, ad esempio quelli eseguiti per il rifacimento completo del tetto della navata nord della cattedrale) dobbiamo ricordare che oltre all’arciprete mons. Attilio Zanderigo Jona, si é prodigato, sollecitando i fedeli, per il reperimento dei necessari finanziamenti pubblici e contributi (di privati) anche il suo predecessore monsignor Rinaldo Sommacal, coinvolgendo la Fondazione Cariverona, la Diocesi di Belluno-Feltre, le Parrocchie di Santa Maria di Loreto e quella di Santa Maria Assunta.
NELLE FOTO (L’Amico del Popolo, Corriere delle Alpi; Renato Bona; riproduzioni dall’elaborato progettuale; Facebook): tiburio e cupola della cattedrale-basilica di Belluno oggi; il progettista degli importanti lavori, architetto Fulvio Vecchietti; mons. Rinaldo Sommacal; mons. Attilio Zanderigo Jona; tiburio dopo il terremoto del 1873 col progetto Segusini; tiburio dopo la ricostruzione del 1940 col progetto di Alberto Alpago Novello; vista generale intradosso della cupola; intercapedine tra la parete interna in cemento armato del tiburio e la struttura in legno della cupola; la struttura del tetto del tiburio; particolare staffaggio d’unione delle catene; strumentazione per rilevazione termografica; vertice della cupola e scorcio della soprastante struttura del tetto del tiburio; ponteggio portante solaio costruito a livello del cornicione; particolare del puntellamento delle volte della cripta