BELLUNO Siamo grati agli storici Giovanni Fabbiani e Giuseppe Sorge per l’ottimo lavoro di selezione, scelta e commento di 157 vecchie cartoline raccolte, con relative diciture, nel prezioso volume “Belluno e provincia” che è “nato come testimonianza di affetto verso la nostra terra” nel dicembre di 35 anni, edito per conto del Lions club bellunese da Canova di Treviso nelle Officine grafiche Longo e Zoppelli. E riconoscenza dobbiamo anche a quanti hanno collaborato alla raccolta: Pietro Secco, Mario Brovelli, Giovanni Pocchiesa, Emilio De Castello, famiglia Giaffredo, Antonio Fontana, Damiano Miari, Manlio Pat, famiglia Da Borso Alessandro, Ugo Pontirolli Gobbi, famiglia De Biasi, Ferruccio Breveglieri, famiglia Cargnel, Lorenzo Fabris, Mario Tommasini, Giovanni Fabbiani, Azienda autonoma di soggiorno e turismo. Grati, dicevamo, perché è proprio bello oggi, a distanza di tanti lustri, vedere le realtà della terra e della gente bellunese nell’ottica di allora. La “tappa” odierna del viaggio in provincia ci porta in Agordino, la cui vocazione di fondo – spiegano Fabbiani-Sorge – è sempre stata quella del turismo, sin da quando era cessato il dominio della Serenissima che a Caprile aveva il suo confine ultimo (poi c’erano i dominii del principe vescovo di Bressanone) e nei villaggi di Caracoi, Cimai e di Caracoi Agoin relegava i prigionieri turchi”. E proseguono: “Tale vocazione continuò anche quando era subentrata la dominazione austriaca contro la quale gli agordini, fin dal 1848, avevano opposto fieri sentimenti di italianità”. Si tratta di un turismo che dapprima si identificava con l’escursionismo alpino di cui erano protagonisti in prevalenza inglesi e tedeschi che da pionieri percorsero, esplorarono, descrissero e scalarono le più famose montagna dolomitiche, ma che successivamente prese a divenire regolare flusso di gente dotata di censo e poi, in tempi più vicini, turismo di massa. Perché “sono attrattive da sempre la bellezza dei luoghi ed il superbo spettacolo di montagne che delimitano la vallata: la muraglia rocciosa del Civetta, il singolare torrione del Pelmo, il massiccio della Maermolada, la vertiginosa parete dell’Agner sulle quali l’alpinismo continua tuttora a scrivere pagine leggendarie”. Il via con una immagine dallo stringato titolo-dicitura: “Antico albergo di Mas di Sedico”. Si prosegue con: “La Muda di Agordo”, dicitura: “Il nome della località deriva dal servizio che ivi era svolto: il pedaggio doganale. Le condizioni di vita della gente che viveva in quel luogo erano piuttosto misere, come testimonia questo gruppo di vecchie case”. Tocca ora a “La conca di Agordo” con dicitura: “Una visione generale di Agordo la capitale dell’Agordino. In primo piano la caserma degli alpini e la bella chiesa segusiniana coi due campanili in questa foto del 1905. Ad Agordo ha pure sede una scuola mineraria onorata dall’insegnamento di valenti scienziati, dalla quale sono usciti qualificari periti minerari. La ‘scuola Montanistica’ venne fondata dal Ministro Quintino Sella nel 1867”. Imperdibile m“Il Broi” di cui è scritto: “La bella piazza di Agordo col palazzo Crotta, poi De Manzoni, a sinistra la chiesa di San Pietro, demolita per migliorare la strada che collega la piazza con la via per Belluno. E’ schierata una compagnia d’alpini con la vecchia uniforme”. Ed eccoci a: “La piazza di Agordo” per la quale Fabbiani-Sorge scrivono: “Su un lato dell’immenso piazzale si innalza il palazzo del Municipio che ospita anche le scuole elementari. Costruito negli anni 1869-1871 costò Lire 80.000. Nel prato del Broi c’è anche spazio per gli alunni delle scuole elementari che possono fare ricreazione. Siamo nel 1917”. L’ultima immagine che proponiamo ha per titolo: “Agordo – La piazza e l’hotel Miniere” e questa dicitura: “A pianterreno dell’albergo all’inizio del secolo vi era, a destra, l’omonimo caffè ed a sinistra la sala di lettura della Sezione Agordina del Cai che fu la prima del Veneto ad essere costituita. Il 17 settembre 1871 ad Agordo si svolse il IV congresso alpino nazionale del quale parla lo Stoppani nel ‘Bel paese’. Scrive Ottone Brentari: ‘La sala è fornita di panorami alpini, fotografie, giornali, saggi di tutte le specie di legni della provincia, quadri con piante, album con firme di celebri alpinisti”.