di Renato Bona
Mezzo secolo! Tanto è il tempo trascorso da quell’anno 1971 in cui a Belluno veniva aperto al traffico il ponte che collega le due sponde del torrente Ardo. Il manufatto, come è sinteticamente spiegato nel sito belluno-turismo ha reso possibile al traffico di non intasare il centro città. Lungo circa trecento metri ed alto sui 37, è stato sottoposto a restauri a quarant’anni dalla inaugurazione delle due statue di Franco Fiabane (purtroppo scomparso), volute dalla civica amministrazione all’epoca guidata dal sindaco dott. Piero Zanchetta, in considerazione del fatto che il ponte era stato dedicato ed intitolato agli Alpini la cui Sezione è documentata il 20 giugno 1921, primo presidente il magg. Dazio De Faveri (così battezzato dal padre esattore del dazio appunto) che la condusse sino al 31 dicembre 1936. Il gagliardetto sezionale venne inaugurato l’anno dopo, il 15 ottobre 1922, durante la cerimonia per il 50. anniversario della fondazione del Corpo degli Alpini, alla Caserma Salsa, sede del Settimo. Il gagliardetto fu benedetto dal cappellano degli Alpini del 7° don Piero Zangrando, madrina la marchesa Rosalia Pianavia Vivaldi. Ricordiamo, con il sito dell’Ana bellunese, che all’epoca, nella giurisdizione della provincia, risultava iscritta all’Ana, la sola Sezione di Belluno con i due Gruppi di Calalzo di Cadore e di Forno di Canale. Quest’anno 2021 doveva essere quello della celebrazione del centenario della Sezione Ana di Belluno (il 50. fu ricordato al Nevegal con un raduno e una gara di staffetta alpina sul percorso Col Faverghera-Col Visentin denominata “Un fiore al Visentin”. Per l’occasione il consiglio della Sezione si fece anche promotore del dono di una carrozzella elettronica ad un disabile. Proprio a ricordo di quell’importante traguardo il comune di Belluno concesse l’intitolazione del nuovo Ponte sull’Ardo “Ponte degli Alpini” e nel 1972 agli ingressi del manufatto furono poste – e scoperte da Zanchetta – le due statue di Fiabane, il cui disegno originale è riprodotto anche sul grest de’’Ana. Dicevamo del centenario delle penne nere della Città del Piave: il presidente sezionale, Lino De Prà in una intervista recentemente concessa a Stefano De Barba de Il Corriere delle Alpi, commentando il rinvio dell’assemblea del centenario dei 240 delegati rappresentanti dei 44 Gruppi Ana attivi ( 6 mila 389 iscritti compresi gli oltre 600 volontari della protezione civile che hanno garantito e garantiscono un prezioso, apprezzato apporto nella difficile situazione che si sta vivendo per l’emergenza sanitaria che si protrae da mesi) ha espresso l’auspicio che possa svolgersi – pandemia da Covid 19 permettendo – il 5-6 giugno prossimi con la presenza del labaro nazionale data l’importanza dell’evento. Torniamo sulle statue del Ponte degli Alpini per dire che avrebbero bisogno di essere “rinfrescate” nel senso che l’usura del tempo le ha vistosamente annerite: lo stesso Cappello alpino che è stato collocato accanto alla statua posta sulla destra all’inizio del viadotto, in direzione di Feltre. necessita di qualche intervento manutentivo. E a proposito di Cappello alpino: Alberto Redaelli nella sua “Piccola Enciclopedia storica degli Alpini” edito nel dicembre 1999 per i tipi della Tipolitografia Queriniana di Brescia, col contributo di Cariverona, rammenta che “Il cappello con la penna caratterizza fgli alpini sin quasi dalla nascita del Corpo. Fu nel marzo del 1873, infatti, che i chepì della truppa e dei sottufficiali e i berretti degli ufficiali degli alpini furono sostituiti dal primo tipo di cappello con la penna. Era un cappello di feltro nero, con la calotta tronco conica terminante a cupola. Aveva una fascia e un sottogola (poi eliminato) di cuoio nero e tese rialzate ai lati con il bordo coperto da una striscia sottile di cuoio nero. Sul davanti aveva un fregio: una stella a cinque punte di metallo bianco con il numero della compagnia. Sul lato sinistro la truppa e i sottufficiali avevano un gallone a V rovesciato di lana rossa con (sotto) gradi a V rovesciata (rossi per i graduati di truppa e dì’argento per i sottufficiali). Sullo stesso lato gli ufficiali avevano gradi a V rovesciata d’argento. Sempre sul lato sinistro, fissata dietro una coccarda tricolore semicoperta dalla fascia (al centro della quale era un bottoncino metallico con una croce scannellata;la truppa e i sottufficiali avevano una penna di corvo nera, un poco inclinata, mentre gli ufficiali avevano una penna d’aquila, anch’essa un poco inclinata. Durante le attività operative, il cappello veniva coperto di tela bianca…”.
NELLE FOTO (Renato Bona, Corriere delle Alpi, riproduzioni dal libro di Alberto Redaelli: “Piccola enciclopedia storica degli Alpini, riproduzione da “Brigata Alpina Cadore”): il Ponte degli Alpini sul torrente Ardo di Belluno; Ponte degli Alpini e Viale Medaglie d’oro; statua di Franco Fiabane prima del Ponte sull’Ardo; il Cappello alpino che affianca una delle statue; la base della statua con la dedica del viadotto; la seconda statua all’altezza della rotonda di La Cerva; la copertina del libro di Redaelli; il presidente della sezione Ana di Belluno, Lino De Prà; il comandante col. Gandolfo riceve la bandiera del 7. Alpini; il col. Barberis primo comandante del 6. Artiglieria da montagna, con la bandiera del Reggimento; Alpini sciatori sui monti del Cadore; Alpini sul Gran Paradiso nei primi del Novecento; estate 1942: sorridenti, in partenza per la Russia; ufficiali del battaglione Vicenza, primo a sinistra è Cesare Battisti; insostituibile e preziosissima l’attività delle penne nere dopo la sciagura del Vajont del 9 ottobre 1963.