“Sottocapo palombaro sommozzatore, classe 1920, di Belluno. Volontario nel Reparto mezzi d’assalto della R. Marina, dopo brevissimo allenamento, sollecitava l’incarico di effettuare ricognizioni estremamente rischiose in territorio nemico. Lanciato a distanza assai maggiore del previsto, in punto differente da quello stabilito e con tempo assegnato di gran lunga inferiore al necessario, compiva la pericolosa missione con estrema perizia ed ammirevole sprezzo del pericolo. Confermava magnifiche doti di soldato votato ad ogni sacrificio pronto ad osare l’inosabile. Acque di Malta 10 maggio 1942-10 maggio 1945”. Quella che precede è la motivazione con la quale al bellunese di Borgo Pra Giuseppe Guglielmo, nato il 17 marzo 1920, venne concessa la medaglia d’argento al valor militare, sul campo, motivazione riportata nel libro dell’Istituto del Nastro azzurro dei decorati al valor militare, stampato nel 1968 a cura della “Federazione della Provincia del Piave”. Giuseppe Guglielmo, conosciuto (e benvoluto) come “Bepi Palombaro”, scomparso da anni dopo aver lasciato con la moglie Cesarina la gestione del bar che operava in Piazza Duomo, giusto di fronte al Museo civico bellunese, era un personaggio autentico e non sono pochi quanti sostengono che forse meritava più dell’argento per la sua dedizione alla causa della Patria. Il pubblicista e storico nativo di La Spezia Tullio Marcon (venuto a mancare ad Augusta il 14 ottobre 2006), ne ha esemplarmente messo in luce la storia – in guerra e in pace – nel capitolo intitolato “I cifrari del Mohawk” della pubblicazione “Storia militare”, evidenziando di Guglielmo “la tenacia per recuperare i documenti segreti rimasti sul relitto di un caccia inglese”. E a proposito di cifrari, grazie alla disponibilità dei vertici (il fondatore e per lustri presidente Umberto Collarin, ora vice presidente, l’attuale presidente Antonio Dei Svaldi ed il suo predecessore ed attualmente segretario Mario Capelli) della Sezione “Leone Bertelé” dei marinai in congedo, nata il 23 marzo 1979, che a Ponte nelle Alpi riunisce un centinaio dei duemila che, nel tempo, dalla provincia di Belluno hanno prestato servizio militare in Marina (c’erano anche i feltrini ma poi sono passati con la Sezione del Primiero), abbiamo potuto prendere visione di una “reliquia”, l’edizione francese del “Code International de signaux” che ha avuto grande parte nella storia di “Bepi palombaro”, e di una serie di fotografie (purtroppo molte senza alcuna didascalia) e documenti personali. Il fatto che Guglielmo fosse molto bravo a disegnare oltre che dotato di una memoria visiva eccellente, risultò preziosissimo nell’operazione in cui il sommozzatore palombaro bellunese fu autentico protagonista. Collarin, che era suo personale amico ha voluto precisare che Bepi, il più vecchio dei tre soli bellunesi palombari assieme a lui e a Remo Zardin, andava in azione con i ‘maiali’ facendo parte della Decima flottiglia Mas, da non confondere con la Decima Mas della quale tanto si è parlato nel tempo e non sempre con giudizi obiettivi. Lo storico Francesco Mattesini aggiunge un elemento di cronaca alla storia di Guglielmo: (… Conosciamo i nomi degli operatori che presero parte alle missioni 110 e 111, e la numerazione dei due barchini Mtsm 218 e 219 su cui erano imbarcati, Sull’Mtsm 218 il tenente di vascello Cosulich, il secondo capo motorista navale Aldo Pia e, in qualità di operatore, il sottocapo palombaro Giuseppe Guglielmo, che nel corso della missione fu catturato e fatto prigioniero…”. Molto più dettagliato il racconto di Marcon che dedica ampio spazio alla vicenda dei cifrari recuperati con lo sbarco a Malta della primavera 1942 (con una missione che doveva durare tre ore al massimo, compresa una nuotata di 3-4 mila metri passate le quali vi era nel migliore dei casi la prigionia a Malta), e a quando Guglielmo, nel 1952, tornò per la terza volta sul caccia Mohawk. Nella prima occasione scopre tra l’’altro “postazioni di cui non v’era notizia e verifica l’andamento dei reticolati raggiungendo indubbiamente lo scopo della missione. Ma quando torna in acqua per il rientro sul mezzo di questo non vi è traccia ed il suo battellino fa acqua. E poco dopo comincia le peripezie della prigionia… “. Trasferito da Malta a Marsa Matruh in Egitto (qui per il suo coraggio ricevette i complimenti del maresciallo Montgomery che gli stringe la mano e gli regalò un pacchetto di sigarette) e poi al Cairo, in Palestina, Suez, Sud Africa e infine in Inghilterra dove rimane fino al 1944 quando viene rimpatriato. In prigionia venne a contatto con il Capo Corvisiero il quale gli parlò e gli descrisse la valigetta con i cifrari. Guglielmo ricorda subito di averla vista e da quel momento avrà il chiodo fisso del recupero. Nel 1947 la Marina lo lascia libero e viene assunto dalla Micoperi che specializzata in recuperi marittimi lo manda a lavorare in Mediterraneo nella secche di Kerkennah per demolire uno scafo, il Tarigo, poco lontano dal quale il palombaro sommozzatore bellunese ritrova il Mohawk e rinviene la famosa valigetta: purtroppo tanto materiale documentale e irrimediabilmente compromesso ma il nostro riesce comunque a salvare il Naval Decypher (e qui sorge spontanea una domanda: e se lo avessero recuperato 11 anni prima?). Infine torna sul posto una terza volta, perché spera di tagliare e recuperare la plancia dell’unità cui tanto si era dedicato, per farne dono al Museo Navale di La Spezia ma per solidarietà con i colleghi di lavoro licenziati dalla Micoperi cessò ad ogni effetto il suo rapporto con la società e dunque non se ne fece nulla!
NELLE FOTO (Archivio della sezione provinciale “Leone Bertelè” dei marinai d’Italia di Ponte nelle Alpi): il sommozzatore palombaro di Borgo Pra di Belluno, Giuseppe Guglielmo; il suo disegno del relitto inglese; seduto su un cannone del Mohawk; il “famoso” caccia; l’autoritratto di “Bepi palombaro”; una cartolina spedita nel 1952 da Malta a Belluno alla madre; i dirigenti della sezione provinciale Marinai d’Italia che conserva documenti e materiali del palombaro di Borgo Pra; il Codice internazionale dei segnali nell’edizione francese recuperato da Guglielmo.