di CLAUDIO PRA
Il clamore suscitato dai bolidi che nell’ultimo fine settimana hanno sfrecciato sulle strade Dolomitiche seminando pericolo e rumore, non è che un episodio della deriva verso cui i nostri luoghi stanno andando. Infatti di bolidi che sfrecciano, moto comprese, se ne “organizzano” per tutta la stagione estiva, basta frequentare i valici dolomitici. Rumore, velocità, traffico, affollamento, non è questa la montagna che vogliamo. Ce la svendiamo sull’altare del profitto. La stravolgiamo per i numeri, costi quel che costi. La vogliamo riempire di impianti di risalita ( già presenti in abbondanza) per collegare tutto il collegabile, deturpando la bellezza di luoghi unici e irripetibili.
Vogliamo continuare a sentire gente parlare di sostenibilità, la parolina magica inserita ovunque, che propone progetti folli e tutt’altro che sostenibili, che interessano solo loro, portando tesi ridicole a supporto?
Continuiamo a non voler tener conto dei cambiamenti climatici che relegheranno lo sci a quote sempre più alte, lasciandoci in eredità scheletri arrugginiti alle quote medie e basse che non saranno certo un bel biglietto da visita in futuro. Eppure esiste un’alternativa a tutto questo, banale se si vuole, vivere la montagna per quel che la montagna può offrire, che è tanto, immenso. Preservarla per poterne godere oggi come in futuro, offrire all’ospite un’esperienza unica, diversa, senza replicare in piccolo la città, il frastuono, lo stress che si lascia alle spalle. Educare ad una montagna da vivere per quello che è, non per qualcosa in cui qualcuno la vuole trasformare. L’argomento dovrebbe coinvolgere tutti, non lasciato in mano ai soli politici e a gente che ti zittisce perché loro investono, quindi hanno diritto loro a decidere. L’ esperienza degli ultimi anni dovrebbe far suonare un campanello di allarme assordante. Non è sostenibile ciò che sta avvenendo, se non lo capiamo prima o poi la pagheremo.