Eccoci per una nuova puntata in Cadore, guidati dal libro degli storici Giovanni Fabbiani e Giuseppe Sorge “Belluno e provincia nelle vecchie cartoline” realizzato nel dicembre del 1975 ad iniziativa del Lions club di Belluno con Canova editore di Treviso e per i tipi delle officine grafiche Longo & Zoppelli. Presentando la realtà cadorina, Fabbiani-Sorge (autori della selezione di ben 157 vecchie cartoline) hanno fra l’altro e giustamente messo in evidenza che “il suo paesaggio è bellissimo, specie in estate e in pieno inverno” ricordando che “Oggi i paesi hanno in gran parte mutato in ampiezza e nel colore: le vecchie case cadorine con i tetti di legno, basse, volte a mezzodì per godere il più possibile del sole, sono state sostituite da casa moderne, meno caratteristiche anche se certamente più comode”. Largo spazio hanno poi opportunamente dedicato al fatto che “La ricchezza del Cadore è costituita dai boschi di abeti, larici, faggi che rivestono per i tre settimi l’aerea della regione. Lo Stato possiede in Cadore il solo bosco di San Marco, tutti gli altri sono delle regole o dei comuni (in gran parte) e dei privati. Il legname degli abeti cadorini è il migliore del mondo e in ogni tempo ha dato ai cadorini il maggior reddito. I comuni hanno nel legname il quasi unico cespite di entrata ed il reddito dei tagli annui era tale da limitare al minimo le tasse comunali e da permettere l’esecuzione di tutte le opere pubbliche”. Dunque un’attività essenziale, ieri e oggi, quella legata allo sfruttamento intelligente delle risorse boschive. Ma non si può trascurare il fatto che, magari con un certo ritardo, ci si è accorti e convinti che le bellezze naturali fatte di monti ed acque oltre che di boschi, andavano intelligentemente valorizzate e sfruttate. Ed è stato il boom del turismo, propiziato, come testimoniano anche le immagini che proponiamo oggi, da iniziative e proposte intelligenti e tali da richiamare visitatori ed ospiti da ogni parte del mondo. Ed eccoci, con le fotografie di bravissimi professionisti del ramo ma non solo, ed i titoli e le didascalie opera dei due storici bellunesi, a dire proprio di acque e monti puntando l’attenzione su “Auronzo-L’Ansiei” con questa descrizione: “Le case sono più rade, l’Ansiei scorre libero lungo la valle; nel 1933 sarà arrestato a Santa Caterina per formare il lago e potenziare un impianto idroelettrico”. Tocca quindi ad “Auronzo-Antichi mulini” con dicitura che recita: “Il rio Ostera a Villapiccola di Auronzo nel 1919, quando metteva in moto i molini e, in alto, v’erano ancora vecchie case di tipo cadorino”. La terza immagine ha per titolo: “Auronzo-Via Carducci” e come dicitura, la seguente: “E’ la borgata Vigo di Auronzo: forse la più abitata, la capitale al tempo dei romani; di quanto si vede è rimasta solo la casa nuova a sinistra ove tuttora c’è la latteria ‘prima nel Cadore’ e ove si lavora il latte, In primo piano donne amiche che, a braccetto, vanno alla Messa a Santa Giuistina, vestite a festa”. E ora “Il lago di Misurina”, così descritto: “Misurina col suo lago e coll’unico albergo ove dimorò il Carducci nel 1892; le sponde sono libere, la maestà delle Tre Cime di Lavaredo è lo sfondo meraviglioso e immutabile. Sul Colle S. Angelo non è ancora comparsa la villa dell’on. Loero. Siamo nell’anno 1893”. Altra immagine del bacino con questo titolo: “Il lago di Misurina e il monte Piana”, accompagnato da quanto segue: “E’ l’estremo nord del lago di Misurina; in fondo s’erge arrotondato e colla cima pianeggiante il Monte Piana, con la strada costruita nel 1915. E’ il monte che costò gravi sacrifici all’esercito nostro e che vide numerosi atti d’eroismo dai primi giorni di guerra agli ultimi d’ottobre 1917”. Carrellata conclusa con: “Misurina – Il nuovo albergo sul lago” così commentato da Fabbiani-Sorge: “‘Gentilissima principessa, peregrinando fra il Cadore e il Tirolo austriaco non dimentico che siamo vicini alla Sant’Anna e le invio i migliori auguri miei e di mio padre che m’accompagna’. Nella cartolina, che è dell’inizio del secolo, lo scorcio del lago di Misurina si è arricchito di un’imponente costruzione: un nuovo albergo. Ma, a parte la funzionalità, la costruzione non piacque in quanto non si inseriva nel paesaggio. Anzi, secondo Luciano Zuccoli, impediva la visione del Sorapìs, compromettendo in definitiva il paesaggio stesso”.