di RENATO BONA
Nel settembre del 1984, il maestro Mario De Nale dava alle stampe con la bellunese tipografia Piave “Cansiglio ‘terra cimbria’” un libro di oltre 250 pagine propiziato dal Centro sociale di educazione permanente di Tambre in coedizione con Pool Industriale Chinol. A sottolineare la validità dell’ottimo lavoro c’è, fra l’altro, quanto scritto in presentazione dall’avv. Angelo Foletto, presidente dell’Azienda regionale delle foreste del Veneto: “…Ho sempre considerato la civiltà di un popolo, di un paese, di una borgata come l’insieme di fatti, di notizie, di circostanze, che colgano il lento pulsare della vita quotidiana. Per questo ora più che ieri bisogna tornare a sentire e sviluppare l’esigenza della popolazione di riscoprire i propri valori originari, recuperando coscienza del proprio patrimonio culturale. Anche questi aspetti sociologici e storici sono ingredienti importanti, se legati agli aspetti geologici, botanici e faunistici per cogliere la multiforme attività del Cansiglio” e aggiungeva: “L’Azienda regionale delle foreste del Veneto, che ha ereditato dalla Repubblica Veneta prima e dallo Stato italiano poi la gestione del patrimonio boschivo e pascolivo del Cansiglio intende esprimere il suo apprezzamento per il volume del maestro De Nale (ristampato in seconda edizione – ndr.) ed auspica che serva a capire di più, specialmente tra le nuove generazioni, il senso vasto e completo di una realtà interessantissima quale è la terra del Cansiglio. Tutto ciò servirà certo a sviluppare una maggiore attenzione e una più larga e diffusa coscienza in aree culturali e turistiche che sono sempre di maggiore interesse per gli uomini della pianura veneta”. Il libro di apre con la puntualizzazione: “Il Cansiglio è un magnifico lembo di terra veneta e ‘cimbria’, adagiato su un suggestivo letto di faggeti e pinete sparse in un alterarsi di valli e pendii oscillanti trai 781 metri della chiesetta del Runal e il 1694 del Croseraz, un tempo silenziosa dimora di lupi e di orsi, bucherellato di caverne abitate da fate. Bagna i suoi piedi nelle fresche e azzurre acque del lago di Santa Croce; la sua testa si erge sulla cesta del Monte Cavallo (m. 2251); prolunga le sue braccia nella parte esterna della foresta in un fantastico susseguirsi di forcelle, cime e cimette, cenge e guglie da un lato verso le Dolo,iti, per bagnarsi le dita nel fiume sacro e dall’altro verso il Pian Cavallo, per stendere la mano sulla verdeggiate pianura. La parte centrale è verde di pascoli di barbara leggenda, aperti alle mandrie d’estate e formicolanti di variopinti sciatori d’invero”. E quindi propone: superficie, posizione e clima, geologia, geografia e geomorfologia, frane occasionali, frane attive, frane passive o in blocco, frane superficiali, alluvioni; passa poi, sulle orme del passato, a dire del “fantasioso isolotto”: quale immagine fosse 80 milioni di anni fa il territorio in argomento: appunto un isolotto, roseo-grigiastro con superficie orizzontale a fior delle azzurre acque e dell’immenso mare dove cominciarono a riprodursi le alghe, i coralli e varie colonie di piccoli organismi della specie dei briozoi che costituirono i primi palpiti di vita”.Tocca quindi a: Le prime civiltà: Cavernicoli a Palafitticoli; terremoti; previsioni di sismi per il prossimi millennio; l’inversione della vegetazione; la leggenda del Bus de la Lum; la leggenda del “Bus del Becco”; flora e fauna; etimologia del nome; vocaboli e toponimi del Cansiglio e dintorni, e via elencando. In questa occasione ci accontentiamo di soffermarci su “La Cappella di Sant’Osvaldo” per ricordare che nel 1769, dietro richiesta del parroco di Tambre don Natale Beneditti, il vescovo Sandi autorizzò la costruzione di una cappella vicino all’antico palazzo San Marco da dedicare a Sant’Osvaldo patrono della foresta e dei suoi pastori, e concesse la giurisdizione e consegnò le chiavi al cappellano regio don Andrea de Pluri, di uso e solo alla sua morte, avvenuta nel 1830, le chiavi con i diritti parrocchiali sul Cansiglio furono restituite alla Parrocchia di Tambre. Primo e verosimilmente unico battesimo quello del 14 febbraio 1912 quando, per volontà del padre, fu battezata Azzalini Plinea Valentina di Americo di Edoardo e di Fullin Rosa, nata in Valmerera; padrini furono Azzalini Cristiano di Clemente e Azzalini Achille fu Giuseppe. Per la cronaca: a Pian Cansiglio nel 1964 fu eretta una nuova cappella dedicata a Sant’Osvaldo, patrono della foresta, e a San Gualberto, patrono dei forestali. Dal sacro al profano: nel capitoletto Segherie non si trascura di dire che le prime seghe per la riduzione del legname da avviare all’Arsenale furono erette a Bastia di Puos d‘Alpago nel 1770 e la gestione, fino al 1866, fu esercitata direttamente dall’amministrazione forestale. Poi furono cedute in affitto a privati, ultimo dei quali Achille Stolfo; nel 1879 passarono alla Regia Intendenza di finanza di Belluno che nel 1887 la cedette al longaronese Luigi Teza; una seconda segheria fu attivata a Fregona nel 1884, da Angelo Marson e poteva realizzare circa 500 metri cubi in un anno. A loro volta nel 1902 i fratelli Azzalini fu Giuseppe ne eressero una a una sola lama, a Spert; massimo di produzione 200 metri cubi annui. Va anche detto che qualche tempo dopo la Bertaglia-Candiani di Vittorio Veneto ne rese operante una di turnaria a Campon: 3 seghe, 3 circolari, 2 veneziane, 2 Folgater fino a 15 lame, si lavorava con turni diurni e notturni. Ogni giorno 4 grossi camion trasportavano i tavoloni alla stazione ferroviaria da dove quelli di faggio proseguivano per Taranto e quelli di abete per l’Africa. Tocca a: Caselli. Passata la foresta al Regno Italico venne disposta la costruzione dei caselli dove dislocare le guardie forestali: 1873 a Pich, al casello Cadolten, al casello di Vivaio; 1876 casello di Crocetta; 1877 a Candaglia; 1882 casa cantoniera di Val Vacca; 1907 caserma di Due Ponti; 1909 palazzina dell’amministrazione. Concludiamo accennando ai Vivai. Ancor prima che il Cansiglio fosse dichiarato inalienabile, esistevano due piccoli vivai a Palughetto. L’idea di un grande vivaio fu suggerita nel 1872 dal governo ed infatti il 9 dicembre il ministro dell’agricoltura firmò il decreto col quale ordinava che fosse presentato un progetto di vivaio di circa 3 ettari per la zona di Pian di Spina; l’ing. Castellani ebbe l’incarico ed il 1. ottobre 1873 presentò gli elaborati; i lavori presero il via l’anno seguente e si conclusero nel 1876. Ritenuto troppo piccolo (2.97,60 ha), fu affiancato nel 1905 da quello di Col Saler con lavori che si conclusero nel 1908 su circa 2 ettari. In chiusura Mario De Nale sottolineava in proposito: “L’Azienda regionale delle foreste ha intenzione di utilizzare Pian di Spina per la produzione di sementi forestali selezionate, come sperimentazione di essenze foraggere e come ricerca e produzione di tali specie forestali, con particolari caratteristiche”. In primis c’era la volontà di selezionare varietà “clone” che garantissero caratteristiche di produttività e di resistenza alle malattie superiori alla media; si trattava nel caso della prima esperienza in Italia nel campo della genetica forestale e “di conseguenza, il vivaio offrirebbe buone possibilità di occupazione della manodopera locale”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Mario De Nale “Cansiglio ‘terra cimbria’”, Zanfron; Breveglieri; Archivio di Stato Venezia; Biblioteca civica di Vittorio Veneto): la copertina del prezioso volume; vecchia cartina (Giampiccoli) che evidenzia il Bosco del Cansiglio; un antico dipinto del Cansiglio; il “leontopodium alpinum” meglio noto che Stella alpina; il recinto dei daini; altipiano del Cansiglio, da sinistra la Cappella di Sant’Osvaldo, il Palazzo del Capitano e al centro la Palazzina dell’amministrazione forestale; panoramica delle condotte del legname in un disegno di Avesani; Cansiglio-Campon: la facciata della prima segheria Bertaglia-Candiani; il casello di Col Saler; il Vivaio di Pian di Spina.