“Opere sì minori ma hanno un loro interesse specifico. Esse sono spesso delle testimonianze ‘storiche’, come qualsiasi opera che ha sfidato gli anni per giungere a noi. Sotto questo profilo esse meritano di essere indagate più a fondo, in maniera sistematica… Non si può pensare di studiare la storia della religiosità popolare senza tener conto di questi elementi… hanno bisogno di essere custodite e protette contro le malefatte dei maleintenzionati che non mancano neppure ai giorni nostri. Custodite poi contro le ingiurie del tempo che tutto corrode e che è tale da distruggere ogni traccia del passato”. Così il prof. don Sergio Sacco, presidente dell’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali, sotto il titolo “Uno sguardo complessivo” introduce il libro “Capitelli e immagini sacre a Belluno” realizzato da Vincenzo Caputo nel settembre 1989 (stampatrice la tipografia Piave) che all’interno ospita anche la cartina della parrocchie del comune di Belluno, opera dell’architetto Roberto Reolon. Lo stesso Caputo nella sua prefazione scrive che capitelli e immagini sacre della nostra terra erano elementi importanti del paesaggio rurale o della città, sapendo offrire a viandanti e a fedeli del luogo, a ricchi e a poveri, a potenti e a miseri il senso della sicurezza e della protezione celeste”. E, ringraziati quanti con lui hanno collaborato nella ricerca, conclude: “Insieme abbiamo lavorato affinché queste preziose opere che hanno nutrito per secoli la pietà e la tradizione della nostra gente non vadano completamente distrutte o, almeno, di esse si serbi memoria”. Oggi ci occupiamo della Parrocchia di Santo Stefano dove è parroco don Lorenzino Menia ed ha sede nella via Flavio Ostilio del capoluogo. Caputo ricorda che nella piazza Santo Stefano una nicchia in pietra del XV secolo, esternamente alla facciata, sopra l’architrave della porta laterale destra della chiesa, racchiude il bassorilievo della Madonna dei Battuti, che protegge col proprio mantello i confratelli cappati. Le immagini scolpite sono, salendo da sinistra e scendendo da destra Sant’Antonio Abate, San Gioatà, compatrono di Belluno, una figura simbolica, l’Eterno Padre, altra figura simbolica, San Sebastiano e San Mamante (?). L’architrave in pietra porta la scritta riferita alla Vergine Maria: quem genuit adoravit/ et assumpta est (adorò colui che generò ed è stata assunta in cielo). Sotto questa scritta se ne legge un’altra, cancellata, probabilmente del secolo XV, che, tradotto, recita: “Maria, madre di Dio, vergine gloriosa preservata dal peccato è stata assunta in cielo”. Due scritte si leggono pure sulla base delle statue che affiancano, a destra, la porta e si riferiscono probabilmente dei donatori delle due statue. Le parti dei piedestalli che danno ad est sono illeggibili. Il bel portale in pietra, gotico, in origine apparteneva alla chiesa di S. Maria dei Battuti e qui inserito nel 1892. Degno di nota il portale in bronzo che si trova nella piazzetta di Santo Stefano. Opera dello scultore Dante Moro di Falcade, fu realizzato nel quinto centenario di fondazione della chiesa (1468-1968). Rappresenta scene bibliche della Genesi e del Nuovo Testamento. Spostandoci nella attigua via Scalette che scende verso Borgo Pra, sulla parete di un casa di abitazione del XVII si può osservare un affresco, in pessimo stato perché molto deteriorato (nonostante il restauro effettuato nel 1958 da Carlo Sovilla in cui nel 1820 ad opera di G. Moech vennero raffigurati sulla facciata di casa Peruz la Beata Vergine con Padre Eterno e Gesù Cristo. Poco più in la, nella via Rivizzola ci si imbatte in un affresco del XIX secolo molto deteriorato con una “Madonna in trono con Bambino” in una nicchia in muratura, in discreto stato. Pochi passi e nella via San Biagio ecco un tabernacolo in legno in una nicchia in muratura del 1881, non in buono stato, con tre soggetti di uomini una immagine e due statuette in gesso, il tutto discretamente conservato, con la Sacra Famiglia, San Giuseppe con Gesù Bambino e la Madonna. Caputo annota: “Sia l’immagine che le statuette sono state poste all’interno della nicchia, sulla facciata della propria casa di abitazione dalla famiglia Rocco Rosa sposata a Dal Mas Antonio”. Trasferendoci nella via San Francesco, ecco un capitello in pietra, forse del XIX secolo, in buono stato, con due soggetti: Madonna del Carmine con liberazione delle anime purganti ed un’altra Madonna; una è immagine del 1983 l’altra un gesso del 1986, entrambe ben conservate. L’autore del libro a questo proposito ricorda che: “All’interno di questo capitello, presumibilmente eretto nel secolo scorso e che si trova sul muro di cinta che perimetra l’attuale proprietà della famiglia Dal Mas, da tempo esisteva un quadro con una oleografia raffigurante la Madonna di Pompei, rovinato da ignoti e sostituito con l’attuale da Dal Mas Adriano e Dal Pont Clara, in occasione del restauro, effettuato nel 1983. Successivamente, nel 1986, in ricordo della madre, vi veniva collocata da Bori Elvi la statuetta della Madonna. Nel mese di maggio questo capitello è uno dei punti di venerazione dei fedeli che processionalmente vi sostano in preghiera”. NELLE FOTO (Renato Bona e riproduzioni dal libro di Vincenzo Caputo): il bassorilievo della Madonna dei Battuti; l’Incoronazione della Vergine nella via Scalette, dopo il restauro; la Madonna in trono con Bambino, di via Rivizzola; il tabernacolo nella via San Biagio; il capitello di via San Francesco con immagine e statuetta della Madonna. Infine il prof. don Sergio Sacco, presidente dell’Ibrsc.