BELLUNO La protesta era scattata all’inizio di settembre per denunciare la situazione critica in cui versa la sezione Articolazione per la Tutela della Salute Mentale del penitenziario di Baldenich, della quale sindacati e personale chiedono la chiusura e il trasferimento in altra sede. “Dopo un mese – spiegano i rappresentanti di Cisl Fns, Cgil Fp, Uspp, Sappe, Osapp e Fsa Cnpp – abbiamo deciso di tornare a mangiare nella mensa di servizio, ma metteremo in atto altre forme di protesta per porre rimedio a una situazione drammatica e insostenibile che concretizza ogni giorno di più il rischio per l’incolumità del personale del corpo e il fallimento complessivo nella gestione dei detenuti con problemi psichici”. Lo scorso 20 settembre le sigle sindacali hanno potuto finalmente incontrare il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per il Triveneto Enrico Sbriglia, il quale ha assicurato l’imminenza di un sopralluogo da parte dei commissari del dipartimento amministrazione penitenziaria per l’individuazione dell’istituto in cui spostare la sezione bellunese per la tutela di salute mentale. “Abbiamo apprezzato la disponibilità e l’impegno dimostrato dal provveditore – spiegano i rappresentanti sindacali – ma ci siamo anche resi conto ancora una volta del peso delle lungaggini della burocrazia di fronte a questioni che invece richiedono soluzioni efficaci e veloci perché mettono a rischio l’incolumità del personale”.
Nella sofferta e dibattuta assemblea sindacale dello scorso 28 settembre, è emersa tutta l’insofferenza che grava sui poliziotti che “espletano i turni all’interno della Sezione in esame, senza alcuna protezione per se stessi né per gli altri operatori che vi accedono”, denunciano i sindacati. “In sostanza – proseguono – sui poliziotti bellunesi, scippati in 5 anni di 27 unità dall’organico, a causa di scelte unilaterali del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e più in generale su tutta la struttura, ricadono le carenze e inadeguatezze gestionali e organizzative delle istituzioni, inclusa l’azienda socio-sanitaria. Questo dal punto di vista professionale scoraggia ed affligge i poliziotti, perché sono stati i primi a rendersi conto che la sezione in esame non è conforme alle necessità gestionali e terapeutiche di questi pazienti-detenuti, che rischiano di peggiorare la loro situazione di disagio, depauperati della speranza e delle legittime aspettative sul proprio percorso di vita con la conseguenza di sentirsi sempre più isolati dalla società che dovrebbe proteggerli e curarli”.