VENETO I nostri anziani, i nostri nonni, coloro che hanno fatto grande il nostro Paese se ne sono andati in modo silenzioso, senza una carezza, senza una preghiera comune. Nei loro occhi le ultime immagini sono stati i volti rasserenanti dei sanitari ermeticamente sigillati tra mascherine, visiere e lacrime trattenute perché vedere spegnersi un anziano con il respiro che si impiglia poco a poco è devastante anche per chi ha scelto una professione conoscendone le conseguenze. L’epidemia Covid19 lascerà questo triste e indimenticabile ricordo, un dramma per chi lo ha vissuto sulla pelle. Nelle 48 strutture della Ulss1 Dolomiti il coronavirus ha schiantato 74 famiglie, pari al numero delle vittime, il 2,5% della popolazione anziana che doveva essere protetta nella case di cura che ospitavano 2958 simboli del nostro presente. Dopo 1577 tamponi 179 di loro sono ancora sotto contagio, 99 sono guariti e 1225 sono i negativi. Due mesi, 74 lutti. I dati resi noti dall’assessore alla protezione civile Gianpaolo Bottacin mettono i brividi, Il totale della strage in Veneto si riassume in questi numeri: 522 strutture, 37628 anziani, 718 morti. In alcune strutture il virus ha avuto la peggio, in molte altre ha proliferato e poco importa se oggi da più livelli si sbandiera la pulizia di tante residenze, sentiamo spesso dichiarare con orgoglio “Queste case di riposo sono pulite”. Ma i morti sono oltre 700 e se questo è il prezzo delle “pulizie di primavera” è un conto salato e quando si tireranno le somme sarà una sola la domanda che qualcuno dovrà porsi facendo i conti con la coscienza: “è stato fatto tutto il possibile per salvare la storia?”
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