di Renato Bona
Seconda puntata di “Cento anni a Belluno”, il libro (copertina di Gino Mellere) che Franco Sirena ha dato alle stampe (tipografia Piave) nel gennaio di venti anni fa con l’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali già allora guidato dal prof. Don Sergio Sacco, proponendo “notizie e curiosità dal XX secolo”. Partiamo dall’anno 1911 per il quale Sirena sotto il titolo “La linea ferroviaria Belluno-Calalzo” detto che il 10 novembre 1886 giungeva a Belluno il primo treno proveniente da Treviso e che in quel giorno di festa tutti si auguravano che la linea ferroviaria potesse proseguire speditamente per il Cadore, si sofferma a ricordare che a maggio “iniziarono i lavori della galleria della Vignetta lunga 170 metri e un mese dopo quelli del viadotto sull’Ardo. L’opera fu costruita dall’Impresa Caldart di Sospirolo e costò la bella cifra di 220.000 lire. Il ponte, alto 32 metri e lungo 1250 metri, con 8 luci durò pochi anni, perché venne minato e fatto saltare dagli italiani in ritirata nel 1917”. Conclude rammentando che “Il tratto della ferrovia Belluno-Calalzo fu inaugurato ufficialmente il 5 giugno 1813. Sono in tutto 42 chilometri di linea; furono realizzati, con i mezzi di allora, in due anni (solo nell’ultino tratto ci sono ben 29 gallerie, oltre a diversi ponti)”. Fra le notizie del 1912 Sirena non trascura quella che il 23 dicembre vide la composizione della lite tra il Comune ed i proprietari ed utenti di Viale delle Alpi, ora via Psaro. La strada era privata, priva di raccolta delle acque piovane e tutto si scaricava verso piazza Campitello. L’accordo previde la sistemazione delle acque piovane in via Caffi, e la raccolta di quelle di Viale delle Alpi. Nello stesso anno, disposta l’illuminazione, con nuove lampade da 16 candele, di 6 punti cittadini molto frequentati: San Gervasio, Sottocastello, Piazza di Borgo Pra, Borgo Piave. Sempre del 1912 fondazione dell’Istituto Maria Bambina che sarà anche pensionato per tante ragazze della provincia frequentanti le scuole superiori. Eccoci al 1913. Capitolo e titolo dedicati a: “I fabbricati scolastici rurali” sintesi di una vicenda che all’epoca ebbe del clamoroso a proposito della realizzazione e soprattutto dei costi, lievitati in misura abnorme, per le scuole rurali di Fiammoi, Mur di Cadola, Bolzano, Tisoi, Chiesurazza, Giamosa, Castion, Madeago, Badilet, Visome, Sagrogna. Solo l’anno dopo i consuntivi di spesa indicheranno l’importo di lire 863.000 con spesa residua da saldare di 182.090 lire, dunque in tutto oltre un milione mentre il preventivo prevedeva 285.000 lire! E dire che Feltre “aveva costruito 11 fabbricati con sole 212.000 lire”! Ma il peggio deve ancora venire se è vero che nell’anno 1914 si registrò lo scoppio, il 28 luglio, del conflitto in Serbia per l’uccisione del granduca Francesco Ferdinando erede al trono austro-ungarico. L’Italia a quel tempo si tenne neutrale ma faceva parte della Triplice alleanza… Prime conseguenze: i massicci rientri degli emigranti che si erano trovati in paesi belligeranti, quindi senza lavoro. I più tornarono senza mezzi di sostegno. Questi ed altri – scrive l’autore – i prodromi di una tragedia che avverrà poco più tardi e che investirà tutta la provincia. A Bolzano Bellunese, intanto venne fondato l’asilo Dartora. Si legge poi che “Un piccolo sfogo all’occupazione fu dato dai lavori di finitura della linea ferroviaria Belluno-Calalzo, ma fu ben poca cosa, perché vennero impegnate all’incirca 200 persone a fronte della necessità di migliaia di posti di lavoro”… “Zona di guerra” è il titolo inevitabilmente imposto dal fatto che l’Italia entrò in guerra e Belluno si ritrovò nelle immediate retrovie del fronte. L’anno era cominciato male anche perché il 5 marzo a causa delle difficoltà di molti a trovare un qualsiasi lavoro i disoccupati si radunarono in Piazza del Duomo: carichi di problemi, si dimostrarono violenti e assai decisi. La manifestazione venne stigmatizzata perché sembrava organizzata da facinorosi agitatori. E intanto il Comune contattava il Prefetto “Non per la imminente guerra ma per avere assicurazioni del contributo per la costruzione delle scuole di Borgo Piave e Orzes e per il Macello”. E poi giunse la notizia dei primi caduti, fra i quali alcuni bellunesi, nella zona del Cadore e dell’Alto Agordino. E la duchessa d’Aosta, in villeggiatura alla Vena d’Oro visitò i feriti negli ospedali militari. Siamo al 1916 anno al quale Franco Sirena da il titolo: “Città di retrovia” e scrive fra l’altro: “… I problemi del fronte vengono vissuti con una certa sufficienza perché tutta la popolazione, in modo particolare le donne e le persone anziane, debbono provvedere all’assenza degli uomini richiamati alle armi. La città deve inoltre far fronte ai profughi che hanno lasciato le zona di guerra. La miseria, purtroppo, sembra regnare in ogni sua espressione”. Non bastasse, ecco, nel 1917, “Caporetto” con la disfatta che colpì anche la città di Belluno. Per la cronaca: il primo settembre si schiantò sul Pelf l’aviatore Arturo Dall’Oro. Il 10 novembre partì, stracarico di passeggeri e bagagli, l’ultimo treno per Padova,; risulta che il giorno 18 il 24 per cento della popolazione era profuga in altre città e il giorno dopo arrivarono le prime truppe austro-ungariche. I morti per fame in ambito provinciale furono 3.228, un numero impressionante! Al 1918 viene dato il titolo “La liberazione”. Ai primi di agosto scoppiò la funesta epidemia “spagnola” senza che vi fossero rimedi così che i morti furono diverse centinaia. Il 1. novembre gli italiani entrarono in Belluno al comando di Giuseppe Vaccari che divenne quindi generale e cittadino onorario. La festa in città e in tutte le contrade fu enorme. La vita riprese lentamente anche con il ritorno di migliaia di profughi che non trovarono più niente nelle loro case abbandonate. Terminò il lungo e terribile conflitto che all’Italia è costato ben 730.000 caduti e 800.000 mutilati oltre a distruzioni immense. 1919: “Dolorosa ripresa”. Il penultimo anno-capitolo di questa rivisitazione di “notizie e curiosità dal ventesimo secolo” si apre con l’annuncio che “Il 18 gennaio riprese le pubblicazioni L’Amico del Popolo e riportò l’avvenuta costituzione di una apposita commissione “per accertare i danni della guerra, rendere abitabili le case dei profughi, far rinascere la città che era morta”. I compiti erano immani perché mancava tutto e la popolazione residente era alla fame… Il 7 marzo riaprirono le scuole; il 19 aprile entrò in funzione la Cooperativa Popolare. La ricostruzione richiese capitali ingenti e tanta mano d’opera. A giugno venne fondata la Società Anonima Bellunese per le Costruzioni Civili con un capitale di £ 1.000.000. Era composta di 27 soci fra ingegneri e capimastri. Il Comune deliberò di sostenere la spesa per la costruzione della passerella pedonale sul ricostruendo ponte della ferrovia e l’acquisto del palazzo delle Poste per 130 mila lire. Il 15 agosto fu aperto il nuovo macello e l’indomani le officine della Scuola industriale, adoperate dagli austriaci come servizi igienici. In ottobre vennero esposte al Museo civico molte opere che erano state trafugate. A fine anno prese avvio il pattinaggio in Piazza Campedel ed il potenziamento dei mezzi dei pompieri. “Sopra i tetti di Borgo Piave” è il titolo col quale Franco Sirena sintetizza la notizia che “La Società tramvie elettriche provinciale presentò alcuni progetti e fra questi vi era quello del collegamento diretto della città con il Castionese. Il ponte era previsto passante sopra le case di Borgo Piave, lungo 400 metri, alto 42, largo 12. La struttura avrebbe dovuto essere in cemento armato con 4 archi da 60 metri di luce e altri 6 archi da 30 metri. La spesa complessiva fu preventivata in lire 5,5 milioni”. Da ricordare anche che la disoccupazione infieriva in tutta la zona e numerose furono le manifestazioni di protesta: il 9 febbraio si radunarono in Piazza del Duomo 500 disoccupati. Alla disoccupazione si aggiunse anche la lotta dei mezzadri contro i proprietari terrieri: ciò portò il 30 maggio a una dimostrazione di oltre tremila persone in Piazza Campedel. A Borgo Pra si svolse la festa di San Giuseppe e nell’occasione furono raccolte 70 lire per il Nido del borgo; il 23 giugno si registrarono sabotaggi all’acquedotto a Libano e alla linea elettrica a Valli di Bolzano. La Fiera di san Martino si svolse il 15-17 novembre al Foro boario, quella dei cavalli a Borgo Pra. Sul finire dell’anno erano in corso lavori di restauro al campanile del Duomo ed erano in arrivo le nuove campane, benedette il 12 dicembre. In precedenza era stato riaperto il Seminario dopo 5 anni di chiusura.
NELLE FOTO (Renato Bona e riproduzioni dal libro “Cento anni a Belluno”): l’autore del pregevole volume: Franco Sirena; il treno sulla linea Belluno-Calalzo; via Rodolfo Psaro già Viale delle Alpi negli anni Trenta; la scuola rurale di Tisoi; la “stazione provvisoria Ardo”; stabilimento idroterapico di Vena d’Oro; la caserma Fantuzzi; funerali dell’aviatore Arturo Dall’Oro: gli austriaci inaugurano il ponte ferroviario sull’Ardo; le rovine del Ponte Nuovo sullo stesso torrente; gara dei cento metri in Piazza Campitello.
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