di Renato Bona
Decisamente una gran bella storia quella di Anna Pauletti, nata nel 1828 a Pren di Pedavena, sposatasi nel 1847, all’età di 19 anni, con Osvaldo Rech: rimasta vedova nel 1875, quando di anni ne aveva 47, e con ben sette figli a carico. Alla scomparsa del marito lasciò Pedavena diretta con i figli in… Brasile! Terra dove “con la chiarezza tipica delle donne giudiziose, che sanno cogliere i momenti opportuni per risolvere i difficili problemi della famiglia” riuscì nell’impresa di fondare una città, che giustamente porta ancora il suo nome: “Ana Rech”! Nel libro che i tre amici Ivano Pocchiesa, Mario Fornaro ed Aduo Vio hanno dato alle stampe nel dicembre 1991 con Media Diffusion e Agenzia Polaris: “Piccole grandi storie di emigranti”, le vicende che hanno avuto per protagonista la Pauletti sono richiamate con dovizia di particolari (appresi dalla “Historia do povo de Ana Rech” edita dalla brasiliana Università di Caxias do Sul e da notizie girate dal prof. Mario Gardelin vice rettore dell’ateneo, oltre che dal libro di Giuseppe Corso “Anna Rech di Pedavena”) e indubbiamente meritano di essere conosciute. Peccato solo che la “presenza” femminile nel peraltro eccellente volume, sia ridotta proprio al lumicino rispetto a quella dei signori uomini! Gli autori partono dalla considerazione che “Dovettero essere essenziali le misere condizioni economiche della famiglia a spingere Anna alla grande avventura. Forse, con l’improvvisa morte del marito, erano intervenuti motivi di equilibrio negli obblighi mezzadrili, esasperati dalla presenza delle due figlie minorate. E con l’espatrio della famiglia al completo forse Anna voleva affrancare i figli da ogni condizione di sottoproletariato e fare assegnamento sulla mitizzata promessa di una terra da disporrre e godere in proprio”. Per la donna, analfabeta, “la sola cultura che conosceva era la sapienza che le veniva dal cuore, in un equilibrio mentale connesso coll’esperienza contadina e la salda formazione cristiana”.
Durò quattro lunghi mesi l’avventuroso, interminabile viaggio del “drappello dei Rech” che nell’aprile 1877 completavano il “cammino della speranza”, prendendo possesso dell’area assegnata ad Anna e ad Angelo, il figlio maggiorenne: 25 ettari ciascuno nel Rio Grande do Sul in zona collinosa, fittamente coperta da conifere, altitudine fra i 500 e gli 800 metri, che “in qualche modo ricordava le morbide colline attorno a… Pedavena”. Ancora Pocchiesda, Fornaro, Vio: “In quel paese ostile dove la natura si affermava con le sue primitive forze, Anna fece valere le doti di mente attiva, intelligente ed energica. E con la chiarezza tipica delle donne giudiziose, che sanno cogliere i momenti opportuni per risolvere i difficili problemi della famiglia, ci mise poco a capire che, oltre all’agricoltura e all’allevamento, per realizzare un pecunio sufficiente ad estinguere i debiti della concessione governativa, occorreva darsi al piccolo commercio”. Il caso volle che il terreno assegnato fosse fra i punti obbligati di passaggio per quanti scendevano o salivano le piste Serra do Mar e dunque decise di adattare la baracca ad osteria e a spaccio di pochi generi di prima necessità, e pure a piccola locanda che proponeva una sosta o anche una notte di riposo. Rapidamente il nome del piccolo emporio si diffuse e col nome “Ana” si impose tra i coloni, i commercianti e gli allevatori e finì negli atti notarili, nei rapporti dei funzionari di governo, persino sulle carte geografiche. Il nucleo abitativo iniziale “Si espanderà pian piano traendo dalle vaste distese boschive, dall’agricoltura, dall’allevamento del bestiame, la parte essenziale delle risorse, in un processo di crescita favorito dalla vicinanza dell’importante centro di Caxias”. Nel tempo – si può leggere – attorno ai Rech e nel vasto circondario erano sopravvenute ondate di altri coloni, molti provenienti dal Feltrino e dal Bellunese, altri dalle province venete. Nei primi anni ci sarà pure un prete pedavenese, don Giambattista Argenta, alla cura delle anime. Con l’anziana madre vedova, la famiglia Argenta che abitava a Murle, era emigrata in Brasile a cominciare dal 1880, raggiungendo un clan di undici congiunti”. In chiusura gli autori spiegano che “Nella trama incerta tra storia e mito, i discendenti sono d’accordo nel riferire che la piccola comunità ebbe a stringersi unita attorno alla vedova Rech, come ad una personalità dotata di spirito carismatico, capace di guidare la sua gente in iniziative di mutua solidarietà, nella salda conservazione del comune tessuto sociale delle contrade di provenienza!”. Non a caso “nella sua lunga vita potè acquistare un largo titolo di cittadina benemerita e di prima autorevole esponente della piccola comunità”. Nel 1916 mentre sull’Europa si era abbattuto l’orrore della Grande Guerra, Anna Pauletti “Ana Rech”si spegneva all’età di 88 anni, dopo averne trascorsi 39 in terra brasiliana. Ultima nota: nel 1977 ricorrendo il primo secolo dall’arrivo di coloro che aprirono la via della colonizzazione ci furono grandi feste commemorative e a Caxias do Sul, successivamente, venne inaugurata la porta della chiesa di San Pellegrino, con figure in altorilievo, di bronzo, ad esaltare l’epopea secolare di pionieri. Tra le immagini compare anche la vedova pedavenese. L’opera, dello scultore di Falcade Augusto Murer, viene giustamente considerata di suggestiva e rara bellezza.
NELLE FOTO (Wikipedia, riproduzioni al libro “Piccole grandi storie di emigranti” e da quello con testi di Silvio Guarnieri: “Murer. Gli emigranti”): Ana Rech negli anni della serena vecchiaia; con la famiglia; la carta geografica che “mostra” il grande viaggio; con Guerino Rech e Augusta Lise; la città di Ana Rech nell’agosto 2019; la targa che ricorda l’emigrante pedavenese; il monumento eretto davanti alla parrocchiale nel 1977; cerimonia nell’anniversario di erezione del monumento; porta centrale della chiesa di Caxias do Sul realizzata da Augusto Murer; un particolare dell’opera “di suggestiva e rara bellezza”.
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