BELLUNO Col ritorno, purtroppo alla grande, del maltempo, torna d’attualità il problema di porre mano ad un grande piano di regimazione idraulica (e non solo) dei moltissimi bacini che caratterizzano anche la provincia di Belluno. Intervenendo una volta per tutte con la realizzazione di opere che non siano solo l’effimero superamento delle emergenze ricorrenti. La Val Zoldana, ad esempio, è stata di nuovo investita dell’annoso problema, con l’imponente frana che ha bloccato la strada che sale da Longarone verso quella valle che nel 1966 visse, come purtroppo tante altre realtà del Bellunese, la drammatica esperienza dell’alluvione. Con qualcosa come 50 milioni di metri cubi d’acqua che in 48 ore – lo ricordava il sindaco Giacomo Renzo Scussel – si riversarono sul bacino del Maè e lungo gli alvei, e i versanti erosi dall’acqua misero in movimento masse enormi di ghiaia e fango: le acque trascinarono a valle con veemenza alberi schiantati dal vento e l’effetto combinato del deflusso con repentine alterazioni dell’alveo in prossimità di ponti o di confluenze provocò la fuoriuscita delle acque dagli alvei e la rovina di strade, ponti e case. Ci soffermiamo sullo Zoldano perché, come abbiamo già avuto modo di scrivere, proprio in quel novembre di 44 anni fa ad iniziativa dell’Amministrazione comunale e della Comunità montana e il patrocinio dell’Istituto culturale di Zoldo venne dato alle stampe il libro fotografico “L’alluvione del 1966 in Zoldo. Immagini storiche e profili d’intervento”. Oltre alle splendide fotografie di: Franco Casal, Michele Corazza, Luigi De Fanti, Foto Eddy, Foto Pompanin, Paolo Lazzarin (si occupò anche del coordinamento editoriale), Angelo Panciera, Arturo Panciera e Dario Pra Floriani, sulle conseguenze dell’evento (che in ambito provinciale provocò anche diverse vittime) vi è l’illustrazione de “Le briglie a fessura a tutela degli abitati di Forno di Zoldo e Dont”, a cura di A. Cavinato, A. Fistarol, E. Fornari e G. Piccoli, e, con Giuseppe Poletti, la descrizione degli interventi di difesa idrogeologica eseguiti, sempre in comune di Forno di Zoldo, dal Servizio Forestale Regionale di Belluno. Nel primo capitolo si commenta la briglia sul torrente Pramper (l’opera in cemento armato con apertura centrale larga due metri e alta 5,50 “crea un bacino utile al deposito del materiale trasportato dalla corrente per un volume di poco meno di 20.000 metri cubi. Potrà essere integrata da altre opere più a monte per un volume totale di circa 40.000 metri cubi di materiale”); quella sul torrente Maè a monte di Dont (costituita da un manufatto a forma di T largo 4 metri e alto 7; “la presenza immediatamente a valle della sezione idonea, di una briglia esistente e la necessitò quindi di fondare la nuova opera su materiali alluvionali accumulatisi dopo la costruzione di quest’ultima, ne ha comportato la sottofondazione con un reticolo di colonne di terreno consolidato ‘jet grouting’. La briglia crea un bacino utile per il deposito del materiale per quasi 100.000 metri cubi”); e quella sul torrente Duran (una struttura in cemento armato con apertura centrale larga 5 metri e mezzo ed alta 9; “l’opera, di dimensioni decisamente importanti è ammorsata in fondazione e sull’ala destra nell’ammasso roccioso in posto, mentre l’ala sinistra interessa un antico accumulo di frana per crollo, che ha richiesto interventi di consolidamento in fase esecutiva”; il bacino è utile al deposito di materiale per un volume sui 40 mila metri cubi). Il secondo capitolo si sofferma sulla sistemazione di versanti in località Nosieda (anno di esecuzione dei lavori il 1995) e sulla sistemazione di versante nella località Loera (primo lotto nel 1990, secondo nel 1996); infine sulla sistemazione della strada forestale nella località Sottorogno-Caselle-Asinera (lavori eseguiti nel 1988). Avviandoci a conclusione non possiamo dimenticare che sabato 27 novembre 1976, l’Associazione stampa bellunese (chi scrive queste note all’epoca ne era il presidente e come tale presiedette il convegno-dibattito che si svolse all’Auditorium bellunese con larga partecipazione di autorità, amministratori regionali e locali, tecnici e cittadinanza) diede alle stampe col contributo della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno e per i tipi della tipografia Piave, il libro con gli atti del convegno “Alluvione, 10 anni dopo: problemi e prospettive”. Oggi, a distanza di decenni, nell’impossibilità di riferire sulle relazioni ed il dibattito che ne seguì, riportiamo una notizia che allora venne “lanciata” dall’Agenzia Italia, intitolata “Documento di protesta dei giornalisti bellunesi” in cui si poteva leggere: “L’Associazione stampa bellunese ha espresso in un documento delusione e amarezza perché i programmi a sostegno e difesa della montagna e dei suoi precari equilibri idrogeologici non si sono ancora tradotti in interventi organici e coordinati, relegando quest’area in un quadro di sviluppo complessivamente marginale e subalterno”. Il documento di Asb era stato inviato al Presidente della Repubblica, agli onorevoli Andreotti, Fusaro, Orsini, Milano, Riva e ai consiglieri regionali Bettiol, Dal Sasso, Molinari e Pigozzo, al Prefetto di Belluno, ai presidenti della Provincia e delle regioni Veneto e Toscana. La protesta di quanti operavano nel settore dell’informazione “muove dal fatto che il gonfalone della Regione Toscana è stato insignito della medaglia d’oro al valor civile per la prova collettiva di civismo e difesa morale dimostrata da quell’intera popolazione in occasione delle alluvioni, ma tali meriti non sono stati riconosciuti a Belluno, terra già provata dalla catastrofe del Vajont, che tanto ha dato alla rinascita del Paese e alla formazione delle sue istituzioni democratiche”.
NELLE FOTO (riproduzioni dai libri del Comune di Forno di Zoldo e dell’Associazione stampa bellunese): la copertina del libro fotografico sull’alluvione in Zoldo; quella della pubblicazione con gli atti del convegno promosso dai giornalisti bellunesi a 10 anni dall’alluvione del 1966; la briglia sul torrente Pramper; quella sul Maè a monte di Dont; la briglia del Duran; modello fisico di quella sul Maè vista da valle; e quello della briglia sul Duran con l’apertura a bocca di forno; fase definitiva di sistemazione delle pendici franose di Nosgieda; la presidenza del convegno promosso dai giornalisti bellunesi: da sinistra Giuseppe Sorge, Renato Bona e gli scomparsi Ferruccio Vendramini e Italo Salomon; l’alluvione del 1966 ad Alleghe; tre situazioni a Cencenighe; e altrettante a Feltre.