BELLUNO Nel luglio del 1978 l’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali dava alle stampe (tipografia Piave di Belluno, fotoliti colore di Eurocrom di Treviso), per la serie “Storia”, le trecento pagine del volume “Colle S. Lucia. Vita e costume” curato da Vito Pallabazzer e Floriano Chizzali e dedicato “agli emigranti di Colle Santa Lucia”; in copertina un’immagine con il Pelmo sullo sfondo (di Foto Riva Alleghe). Nella presentazione il glottologo Giovan Battista Pellegrini spiegava che “L’opera che ho il piacere di presentare, nata dalla collaborazione di due appassionati cultori di memorie locali (ma di vaste esperienze umane e scientifiche: l’uno specialista di studi toponomastici, l’altro esperto di agricoltura, foreste e di turismo) si configura come un eccellente contributo allo studio della storia e delle tradizioni e del costume di una minuscola comunità montana dolomitica”. In realtà – proseguiva – la ricerca rappresenta un modello di descrizione di un microcosmo alpino, ultimo lembo di terra soggetta all’Austria asburgica fino al 1918, ma largamente aperto ad influssi veneti fin dal medioevo; essa offre ben di più di un attestato di amore, di attaccamento al campanile o di conoscenze ambientali. E’ poi precipuo merito degli autori di aver saputo utilizzare tutte le fonti storiche, geografiche, etnografiche, demologiche, linguistiche e toponomastiche che in qualche modo potessero avere riferimento al paese illustrato in tutti i suoi aspetti. Essi si sono avvalsi di bibliografia italiana e tedesca, ma in molte sezioni della loro accurata descrizione di usi e costumi o di avvenimenti recenti che hanno toccato il paese, hanno fatto ricorso all’informazione dei locali o alla loro particolare esperienza”. Ricordato che Colle Santa Lucia, come il più vasto comune di Livinallongo di cui è un’appendice, è geograficamente valle del Cordevole, mentre per lunghi secoli ha continuato ad essere legato ad enti politici ed ecclesiastici tedeschi con una demarcazione confinaria, nei confronti del Veneto, veramente assurda e impercettibile, conseguenza di vicende storiche che ci riportano ai primi insediamenti dell’uomo nelle valli dolomitiche “atesine”, al travalicamento dei passi alpini e all’arroccamento dei primi coloni in posizioni di più comoda difesa per chi proveniva dal Nord: una delle tante prove che, pel passato l’unità geografica non corrispondeva a circoscrizione amministrativa, Pellegrini aggiunge che: “Il nome di Colle e del Livinallongo era legato pel passato soprattutto al Castello di Andraz e alla miniera del Fursil che per tanti secoli (dal 1177 al 1753) ha fornito materiali ferrosi ai vari forni fusori dell’alto Bellunese, venendo a costituire tale attività mineraria, un aspetto fondamentale dell’economia dell’Agordino (e dello Zoldano) già ricco di altri filoni minerari, di ‘buse’, a lungo sfruttati”. Un altro passaggio sempre dalla presentazione: “Pur inclusa per secoli in una circoscrizione amministrativa appartenente a signorie feudali, politiche ed ecclesiatiche tirolesi, Colle di S. Lucia ha risentito dell’influsso cadorino attraverso il contiguo comune di Selva di Cadore donde è penetrato l’ordinamento più liberale delle Regole, sia pure in forma promiscua con le vicinie e con consuetudini germaniche che non autorizzarono il collettivismo dei boschi e ls spartizione della proprietà privata. Solo da alcuni decenni l’anomalia geografica è stata rettificata concedendo a Belluno ciò che la natura le aveva assegnato secondo confini meno illogici”. Sottolineava quindi, il glottologo, che la monografia di Pallabazzer-Chizzali indaga tutti gli aspetti dell’ambiente geografico, del paesaggio con cenni storici anche alle calamità naturali cui fu sottoposto nel corso dei secoli il piccolo paese; ne esamina la flora, la fauna per le quali è di grande giovamento anche lo studio dei nomi locali ove sono contenuti evidenti menzioni di piante ormai rare o di lupi, orsi ecc. (la cui presenza non era ancora tanto rara nel secolo passato). D’interesse anche naturalistico è la descrizione che dette del Livinallongo ai primi del 1600 Marx Sittich von Wolkenstein riportata dagli Autori nel testo tirolese originario e in traduzione. L’ottima conoscenza dei problemi toponomastici e botanici del Pallabazzer (autore di tre volumi in codesto settore degli studi linguistici) e del Chizzali, ha consentito agli autori di trarre profitto per vari capitoli d’interesse storico o di storia delle culture agrarie o di rilevanza demologica (si pensi ai rimedi nella medicina popolare). Ma grande attenzione è stata riservata a problemi antropogeografici con la relativa descrizione della casa antica, dei fienili tradizionali che si accordano, ma più spesso divergono per l’ovvio influsso tirolese, da quelli agordini. Concludeva affermando che: “lo spazio più ampio del volume è stato destinato ad un rilevamento ed esposizione delle tradizioni popolari, del costume in generale e delle usanze calendariali, dalla nascita alla morte, ai proverbi, alle superstizioni ecc. che avevano già attirato l’attenzione di una benemerita insegnante locale, Luigia Lezùo, ai cui appunti gli autori hanno giustamente attinto in più parti…”. E sottolineando che “Se l’opera ha in prima linea lo scopo di evocare la storia e le consuetudini di una piccola comunità dolomitica, in realtà essa è soltanto apparentemente d’interesse unicamente locale poiché tutti gli studiosi del mondo alpino in generale potranno ricavarne dalla lettura molti insegnamenti e di varia natura; ad essa potrà attingere con profitto tanto l’etnografo quanto il linguista. I dati raccolti sono infatti ben vagliati e sicuri, tanto che accanto all’impegno affettivo verso la propria piccola patria, gli autori hanno reso anche un valido servigio alla scienza”. Resta da dire, dopo cotanta efficacissima illustrazione di Pellegrini, che il libro della coppia Pallabazzer-Chizzali (sul quale sarà piacevolmente inevitabile ritornare) si articola nei seguenti capitoli: “L’ambiente geografico”, “Colle s. Lucia attraverso il tempo”, “Documenti storici”, “I ‘segni’ di casa”, “Casati e cognomi”, “Le attività economiche”, “Tradizioni e costumanze”, “Proverbi e modi di dire”, “Quale futuro? – “La ‘cianzon de chi da Col’ di Luigi Lezuo”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Colle S. Lucia. Vita e costume”, sito lauscdi ladins, wikipedia): la copertina del prezioso volume; uno degli autori, Vito Pallabazzer; il glottologo G.B. Pellegrini che ha curato la presentazione; fienile in località Villagrande (foto G. Bagnariol); faggeta a Posalz con esemplari fino alla quota 1700 (Bagnariol); affresco nella casa di Guido Codalunga a Rucavà (foto G. Codalunga); stemma della famiglia Conti Piazza (foto R. Pallua); stemma dei nobili Chizzali-Bonfadini; gruppo folkloristico che rappresenta la partenza per la fienagione in alta montagna; l’Averau con il Nuvolau e la Gusela (foto Riva, Alleghe); pianta plurisecolare di larice in località La Fraina, circonferenza del tronco 5 metri all’altezza del petto (foto R. Pallua); impianto di risalita a Passo Giau (Riva); seggiovia da Feder a Forcella Nuvolau (Riva)