di RENATO BONA
BELLUNO Alessandra, Alice, Amos, Andrea, Anna, Claudia, Cristina, Diego, Eleonora, Eric, Eros, Eugenio, Fabrizio, Gianni, Giovanni, Giorgio, Kevin, Lara, Laura, i due Luca, Manolo, Marco, Matteo, Mattia, Michela, Monica, Nicole, Patrik, Raffaello, Roberta e Simeone. Sono i giovani della frazione Costa di San Nicolò Comelico in provincia di Belluno, ai quali Celso De Tomas Lioro ha dedicato il suo libro “A mio parere: storia di Cappella Tamai e Chiesoni”, edito nel giugno di venti anni fa a cura del locale circolo ricreativo culturale Auser “Le Ongane” di Costa e col patrocinio dI Comune, Regola, Comunità montana di Comelico e Sappada, Associazione emigranti Costan Fabio e della Bellini Leopoldo srl.; stampa della tipografia editrice “La Garangola” di Padova; in copertina l’immagine del “Kapitel” di Tamai prima del 1969. Nella premessa, il circolo Auser specifica che: “… L’obiettivo più significativo che ci ha indotto alla pubblicazione è quello di lasciare una traccia, un percorso di sapere ai giovani di Costa cui queste memorie sono dedicate, per aumentare la conoscenza delle proprie radici”. Perché “Conoscere le proprie radici attiva la consapevolezza culturale, migliora il processo di ricerca della identità individuale e collettiva e può permettere di agire, se si vuole, partecipando attivamente alla vita sociale”. Un obiettivo che è di estrema importanza per tutti i paesi di montagna e per Costa in particolare dato che “Il territorio è sempre meno abitato ed al visitatore attento sembra a volte espropriato ed autoesclusivo dalla partecipazione vitale” se è vero che “Ai giovani non è data la libera scelta di restare nel proprio paese: non un lavoro tipico e promettente. Non relazioni armoniose, non risorse culturali…” e chiude affermando che “Non è certo questo opuscolo che può portare cambiamenti, tuttavia vorrebbe essere occasione per discutere insieme del futuro delle nuove generazioni e non solo loro, e di quali prospettive concrete ricercare”. Piergiorgio Cesco Frare nell’introduzione traccia la storia di Costa di Comelico “citata già in documenti del XIII secolo, il più antico di essi è un atto del 1214 col quale le regole di Candide, San Nicolò e Domegge decidono di eleggere arbitri per dividersi gli alpeggi comuni situati in Comelico e nel Cadore centrale”. E conclude: “Notizie, anche se succinte, dimostrano quanto sia possibile ricavare sulla storia dei nostri paesi attingendo agli archivi locali, che fortunatamente sono ricchi di preziosi documenti. Ma altri documenti, altrettanto preziosi, sono custoditi negli archivi della memoria e dell’esperienza degli anziani, Il nostro Celso De Tomas Liore è uno di questi archivi viventi, mi auguro che quello racchiuso nelle pagine che seguono sia solo l’inizio di un lungo racconto”. Quanto alla storia oggetto della pubblicazione, l’autore esordisce ricordando la località: si trova in Val Digon a quota 1300, è a nord di Sega Digon “Tambar”, circoscritta ad est dal Rio Longerin, quindi dal Digon che sale e scende fino alla strada di Costa, vicino alla chiesa “Caduti di Cima Vallona” e risale la strada chiudendo il perimetro al ponte sul Longerin. E specifica che la superficie di circa 2,8 ettari “è da sempre proprietà allodiale della Regola di Costa. Altri ricordi: “Un tempo antichissimo per Tamai passavano i greggi ed i pastori di Domegge… passava il materiale ferroso estratto dalle miniere di Prà Erbin e Bus dei Cnopi in Ferrera… gli uomini di San Nicolò e Costa diretti a Medlin a contrastare l’avanzata di quelli del Tirolo che volevano impadronirsi anche del versante sud di Vallona e Palombino; ancora: per Tamai passavano i pellegrini diretti alla Madonna di Luggau e passava fin dai tempi antichi la Processione votiva di San Daniele. Più recentemente, nel secolo scorso, transitò un certo De Bettin dei Gutte, di San Nicolò, con il figlio Nin che accompagnava in Carinzia per apprendere il mestiere; sulla via del ritorno una copiosa nevicata lo sorprese e morì nel forame sopra Melin. In quel sito fu messa un’Icona. Passò per la “strada delle quattro dure” anche il nonno di Celso, Osvaldo, dopo l’incendio di Costa del 1893 “e trasportò più volte con la gerla le 14 tavole della via crucis avute in dono da una chiesa di Abfaltersbach in valle Lienz. Le portò passando per il monte Cavallino. Sono nella chiesa di Costa e se le si guarda in angolo di luce si legge la scritta tedesca in gotico”. Poi la Grande Guerra ed il passaggio di migliaia di soldati… come nel 1944 nella seconda guerra mondiale; poi il vile attentato di Cima Vallona del 27 giugno 1967 con 4 vittime. In chiusura, un cenno è dovuto anche a “I Chiesoni”, località del comune di San Nicolò Comelico nell’alta valle del Rio Longerin; nome che deriva da Cadon, casolare, per le persone (mandre per gli animali): in tempi antichi i Chiesoni erano abitati in estate da gente al pascolo di bovini e capre… L’Alpe dei Chiesoni, “forse per gli inghippi sorti nel 1905 sui diritti, rimase al comune di San Nicolò per se stesso e la Regola di Costa e le famiglie Costan di Campitello restarono fregate…”. Il racconto di Celso De Tomas Lioro si conclude specificando che “con le risultanze dell’assemblea storica e solenne dell’agosto 1997 della Regola di Costa e con l’avallo delle perizie tecniche sulla permuta, il Comune si è impegnato a cedere alla regola il corrispettivo di bosco dei Chiesoni, adiacente a quello di Vizza della Madonna, di cui è proprietaria la regola stessa…”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libretto di Celso De Tomas Lioro): la copertina della pubblicazione; panoramica di Costa vecchia; tavoletta dell’Istituto geografico militare del 1889 prima dell’incendio di Costa del 1893: si può individuare la vecchia pianta del paese e la viabilità in zona Tamai, compresa la “Strada delle Quattradure”; icona presso Cappella Tortoi; slitta carica di legna; boscaioli posano in una pausa del lavoro: altra icona: è dedicata a D’Ambros de Francesco Maria; icona di Pian della Mola; Cappella Tamai oggi; un personaggio di Costa: Pietro De Rigo Vedova detto “Pier Daniel”.