di RENATO BONA
Augusto Sartorelli e Fiorenzo Piazza sono gli autori del libro-guida numero quattro (su sei) “Covoli in Val di Lamen. Itinerario archeologico sulle orme del Mazaról” stampato nel 2000 per la collana Itinerari dall’Ente Parco nazionale Dolomiti Bellunesi con Duck Edizioni, testi di: Maria Giovanna Belcastro, Caterina Galifi, Danilo Giordano, Valentina Mariotti, Andrea Pessina, Fiorenzo Piazza, Augusto Sartorelli, Bianca Simonato Zasio; percorsi di Piazza e Sartorelli, fotografie di Lucio D’Alberto, Giordano, Cesare Lasen, Pessina, Piazza, Sartorelli e Simonato Zasio; in copertina: di F. Tormen: “Ricostruzione di attività metallurgiche ai Ripari Tomàss”; retro di copertina¸ dello stesso autore: “Allevamento e povera agricoltura ai Ripari Tomàss in epoca Bronzo recente; hanno collaborato per la realizzazione del libro-guida: la direttrice dei Musei civici di Feltre, dott. Fabrizia Lanza, la prof. Daria Cacchi e, in particolare, il prof, Cesare Lasen per la revisione critica del capitolo “Flora e vegetazione”. L’allora presidente dell’Ente Parco, Valter Bonan, sottolineava il prezioso lavoro degli autori, membri dell’Associazione Ippogrifo, che “è non solo una proposta di suggestivo itinerario tematico dai competenti contributi interdisciplinari, ma anche sostanza di rigore metodologico nella ricerca sul campo ed interessante e innovativa ipotesi sull’utilizzo dei luoghi e sulle attività dei nostri antenati durante un periodo ancora aperto a definitive interpretazioni quale è quello del Neolitico” ed esprimeva l’auspicio che “I reperti di questa come di altre simili significative indagini rimangano e vengano valorizzati in questi contesti tra queste Comunità anziché finire in polverose ed anonime casse di qualche, pur importante, archivio perché “abbiano la necessità di far conoscere e divulgare queste testimonianze, anche per recuperare un certo orgoglio di appartenenza attraverso più estese e condivise consapevolezze: ciò ci permetterà, forse, di entrare in contatto con il nostro ‘genius loci’ che non a caso introduce questo interessante testo-percorso”. Leone Fasani, del Dipartimenti di scienze geologiche e geotecnologiche dell’università “Bicocca” di Milano a sua volta evidenziava come l’illustrazione di questo sentiero all’intero del Parco “è solamente l’obiettivo finale di un’operazione culturale attenta, nata dalla passione di un gruppo locale, intelligentemente supportata dalla sensibilità di amministratori ed operatori del Parco… Un’operazione editoriale di particolare interesse che rientra ampiamente nell’azione di divulgazione e promozione del Parco che istituzionalmente dedica le proprie energie non solo alla salvaguardia di un ambiente ma anche alla sua conoscenza, utilizzando tutte le sinergie che può reperire nel territorio”. L’introduzione è incentrata sull’antica leggenda del folletto “el Mazaról” tutto vestito di rosso compresi cappuccio e scarpe a punta; curava le sue bestie: pecore, capre e bovini, in modo esemplare, le nutriva e le portava al pascolo, magari abusivo, facendole crescere a vista d’occhio. Incuriositi, alcuni giovani del paese si appostarono lungo i sentieri e lo seguirono, arrivando fino al gran “covolo” dove abitava: lo osservarono mentre mungeva, scremava il latte e con la panna versata nella zangola produceva il burro e, di seguito, il formaggio e poi, ancora, la ricotta. Stupiti, uscirono vocianti dal nascondiglio infastidendo “El Mazaról” che li redarguì: “sciocchi se aveste avuto ancora un po’ di pazienza avreste potuto vedere che dopo la ricotta, con i residui del latte si possono ottenere ancora prodotti utili”. Così, con le nuove importanti conoscenza ma anche il rimpianto di aver perso un’occasione irripetibile, i giovani tornarono al villaggio. Nel libro-guida si può leggere che: “Ci piace credere che, nella memoria collettiva, sia rimasto il ricordo degli antichi abitatori di questi ricoveri naturali e che la leggenda sia collegata a genti la cui economia era, in gran prevalenza basata sulla pastorizia, negli alti prati di montagna”. Segue la spiegazione di come è nato il percorso in Val di Lamen: dopo la scoperta dei ricoveri naturali posti in luoghi veramente impervi, circondati da pareti a picco, utilizzato da uomini dell’età della pietra e dei metalli, è nata l’idea di “progettare un sentiero che collegasse tra loro alcuni tra i più significativi “covoli” disseminati nella valle” con la precisazione che: “I “covoli”, tappe fondamentali della nostra proposta, “sono stati utilizzati come ricovero temporaneo o come luoghi di abitazione stagionale, dai tempi della cultura neolitica fino ad epoche recenti. Cosicché possiamo parlare di un sistema unitario e particolare, legato probabilmente alle caratteristiche della Val di Lamen, più aperta e più ospitale delle altre che s’immergono nelle Vette Feltrine”. Detto che, per evidenti ragioni di spazio non possiamo riferire di più, invitiamo gli appassionati a cimentarsi nell’escursione ai “Covoli in Val di Lamen” e poi a riferirne al grande pubblico. NELLE FOTO (riproduzioni dal libro-guida “Covoli in Val di Lamen”): copertina della pubblicazione; Ripari Tomàss in epoca bronzo recente; “el Mazaról” (disegno G. Poloniato); il percorso; “maiolèra” con casera e stalla in Val di Lamen; la piana della Valle di Lamen; ripari Villabruna in Val Rosna: si riportano alla luce i resti di un giovane inumato circa 14 mila anni fa; vaso di terracotta databile circa 4 mila anni a.C.; archeologi all’opera; la “calchera” sul torrente Colmeda in Val di Lamen; il Riparo “Lamon 2” località “el covol de Tonin; uso del forno per cuocere vasi neolitici (disegno F. Tormen); Riparo Tomàss B: lo scheletro è di una donna di 20-30 anni, con grave malformazione alle anche; ricostruzione della vita nei covoli in epoca neolitica (disegno F. Tormen); allevamento e povera agricoltura ai Ripari Tomàss in epoca bronzo recente (disegno F.Tormen).