di RENATO BONA
Alla scoperta di frammenti d’arte locale del passato nelle vie Cansiglio, S. Pietro, Brustolon, Mezzaterra, S.M. dei Battuti, S. Croce, Torricelle, Porta Rugo, Zattieri, S. Lucano, Crepadoni, Rialto e nella piazza Mazzini Nel precedente servizio ci siamo molto divertiti e confidiamo sia stato così anche per chi ci segue, “Curiosando per la città di Belluno” (che è il titolo del libro che Vincenzo Caputo ha realizzato in proprio nel marzo scorso con la tipografia Sommavilla, dedicandolo alla moglie Carmela – ndr.) con frammenti d’arte locale del tempo andato che l’autore propone nel volume per il quale preziosa è risultata la collaborazione dell’architetto Roberto Reolon, il quale ha curato il saggio “I segni del passato”. In particolare ci eravamo soffermati nella piazza Duomo (Palazzo dei Rettori che ospita la Prefettura); Fontana di San Gioatà e il Pozzo (già fontana Gajarda) nella stessa piazza; ancora: Palazzo dei Vescovi ora Auditorium, Municipio (detto Palazzo Rosso), nella Piazza Castello per il Palazzo delle Poste; infine nella piazza del mercato o delle Erbe per la fontana sormontata dalla statua di san Lucano, poi il Monte di Pietà e la Chiesa delle Grazie e per concludere, all’angolo con via Valeriano la Loggia dei Ghibellini. Pochi passi e ci siamo spostati nella medievale via Cansiglio dove al civico 11 è un’insolita collocazione, sull’angolo di un antico edificio, a caratterizzare il luogo, con una testa in pietra scolpita, parzialmente murata che propone un leone, presumibilmente di San Marco. Nel retro dello stabile vi è l’accesso alle ex scuderie di pertinenza dell’albergo “Al Sasso” la cui attività era cessata negli anni cinquanta dello scorso secolo (ma è ora ripresa). Proseguendo verso sud, si giunge in via San Pietro 19 dove vi è l’entrata del Seminario Gregoriano del XV-XVI secolo. Dove una scultura poco sopra l’architrave del battente d’entrata (1952) riproduce lo stemma e la scritta Veritas et Gratia, del vescovo Gioacchino Muccin, “con la rappresentazione simbolica della verità, rappresentata da una donna reggente un libro e dalla grazia raffigurata da una donna orante”. Poco più in la, nella via Andrea Brustolon, ecco la “Fontana della Motta (secolo XVI), del 1561, con due volti in pietra, caso unico nelle fontane della Città. Fu collocata nel 1952 dopo un precedente spostamento del 1826. Alcuni passi ed eccoci nella via Mezzaterra dove a proposito di Palazzo Piloni (XVII secolo), Caputo illustra un particolare dell’architrave del portone detto “il mascherone” per le teste scolpite al centro che fa da basamento all’elaborata scultura con lo stemma di casata”. C’è poi la piazzetta di Santa Maria dei Battuti con la fontana omonima del XVI secolo (1554) demolita e qui trasportata nel 1884 dalla piazza di San Pietro. La statua di Sant’Elena, realizzata da Alberto Fiabane nel 1960, è una copia di quella acefala ora conservata nel Museo civico, posta in origine alla sommità della fontana di Santa Croce e successivamente su quella non più esistente di Piazza Campitello”. Non lontana, nella via Santa Croce, all’altezza dei civici 24-26 si eleva Palazzo Nosadini o del Capitano di Giustizia (XV secolo): costruzione quattrocentesca per la quale viene proposto un particolare del capitello di una delle colonne del portico. Poco più in la, nella via Torricelle, altra fontana, questa del XIX secolo: sopra il fronte esterno della nicchia, che ospita la fontana, una lastra grigia sostiene un’antica statua in pietra raffigurante il Leone di san Marco, purtroppo consunto dal tempo. E siamo così giunti alla Porta Rugo esterna, del XVII secolo, per la quale Vincenzo Caputo ricorda: “L’imperatore Massimiliano d’Asburgo fece il suo ingresso a Belluno attraverso la suddetta porta nel 1509. La nicchia centrale, tra i due stemmi in pietra, contiene ancora la base con le zampe del leone di San Marco, abbattuto dai rivoluzionari giacobini nel maggio del 1397. L’ultimo restauro è del 1902”. Pochi metri in discesa e nella via degli Zattieri “incontriamo” la Fontana “nova” di Borgo Piave del secolo XIX: lo stemma di Belluno con 8 foglie di acanto e 7 di vite, adagiate sui tralci, scolpiti nella pietra, decorano la vecchia fontana del Borgo, datata 1855. Torniamo nella via Mezzaterra perché al civico 52 c’è il secolare Palazzo Butta Calice sopra il cui portale ad arco si nota “un curioso mascherone sormontato da mensola”. Niente male davvero la via San Lucano che “offre” Palazzo Reviviscar o Persico-Piloni (secoli XV-XIX). Già di proprietà Persico accoglie l’Associazione fra gli industriali. Del primitivo palazzo costruito nel ‘400, ampliato e ornato dal 1496 al 1506, resta solo la facciata dato che l’edificio fu distrutto da un incendio nel 1933. Sul frontespizio del palazzo si notano alcuni bassorilievi in pietra. La fascia sopra il mezzanino contiene figure maschili e femminili che tengono in mano un ramoscello, a volte con fiori e a volte con frutti. E’ la ripetizione dello stemma dei Persici che figura nella parte frontale dei plutei, presente pure nell’ornamento sovrapposto all’arco del portale. La fascia del piano nobile riporta i dodici segni zodiacali con figure umane simboliche. Nella stessa via, ai civici 34-36 ecco Palazzo Alpago (secolo XVII), sede dell’Unione artigiani. Porta il nome della famiglia che ebbe in Andrea Alpago il membro più illustre per gli studi fatti in Siria, Egitto e altre regioni orientali, dove apprese la lingua araba, quale mezzo per approfondire la conoscenza in medicina. Sulla facciata il suo busto in pietra, con il turbante all’orientale. Due lapidi del 1566 e del 1605 ne descrivono le qualità intellettuali e umane in ossequio al suo valore e in suo onore”. Ancora via San Lucano per Palazzo Piloni o della Provincia, del XVI secolo: sul portale laterale dell’edificio, realizzato tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, una grande testa in pietra, incoronata. Attraversata la Piazza del Duomo si giunge nel Vicolo Crepadoni, dove al civico 2 è stato edificato Palazzo Crepadona o Crepadoni, del secolo XVI. Sopra il portale, imponente stemma di famiglia in pietra, sostenuto da due volute. Nella parallela via Rialto, i civici 16-20 propongono Palazzo Minerva, del secolo XVIII: eretto dopo il 1774, fu sede dell’Accademia degli Anistamici (Risorti), fondata nel 1734 per la promozione degli studi storici, scientifici, letterari e, dal 1768, anche agrari. Nel tempo fu sede di varie associazioni prima del totale abbandono per decenni. Particolari relativi alle simbologie scolpite a bassorilievo: vomere, innesto, compasso, squadra, cannocchiale, mappamondo, vanga, ruota. Concludiamo con Piazza Mazzini dove vi è l’accesso al Torrione del secolo XV. L’autore del libro annota: “Due caratteristici mascheroni in pietra, posti sui rispettivi pilastri del cancello (secolo XX), accesso alla torre d’angolo delle mura cittadine, che dalla sua antica denominazione medievale di Dollone o “Dojon” aveva dato nome all’intero complesso fortificato e alla famiglia bellunese dei Doglioni. Iniziato nel 1481 dal rettore veneziano Perazzo Malipiero, venne concluso nel 1489 da Luca Foscarini, di cui porta lo stemma a fianco del Leone di San Marco, entrambi scolpiti su pietra e murati sulla facciata dell’edificio, alla sinistra dell’accesso.