Noi tutti, studiando la storia medioevale d’Italia e d’Europa, abbiamo letto delle guerre tra Guelfi e Ghibellini, sostenitori del Papa i primi, dell’Imperatore i secondi. Riassumendo e semplificando: la lotta tra le due fazioni era una lotta intestina al Cristianesimo, in quanto il casato Imperiale di Svevia, ed in particolare l’Imperatore Federico II, riteneva la Chiesa di Roma rappresentata dal Papa, troppo corrotta ed inefficace a difendere le sorti del Cristianesimo. Bisogna dire subito che gli Imperatori avevano preso da secoli la triste abitudine di arrogarsi la nomina dei Vescovi e volevano incidere anche sulle nomine dei Pontefici. Quando i Pontefici si opposero a questo cominciarono la guerre che, in Provincia di Belluno si protrassero fino ai primi anni del 1400 e quindi terminarono, nel 1423, grazie alla predicazione di San Bernardino da Siena. In questa alta lotta, come in tutte le guerre, si inserirono grandi e piccole litigiosità locali. Se una comunità parteggiava per i Guelfi e quindi per il Papato, era cosa abbastanza ovvia che la comunità antagonista parteggiasse per i Ghibellini e quindi per l’Imperatore. Così successe nella Conca Agordina, con i da Voltago schierati in campo Guelfo con il Papa e i della Valle a fianco dell’Imperatore in campo Ghibellino. Dell’appartenenza dei della Valle al seguito dell’Imperatore si ha la documentazione nell “Historia di Giorgio Piloni” pubblicata in Venezia nel 1627. Narra il Piloni che nel 1248 il tiranno Ezzelino da Romano, dopo aver sottomesso quasi tutto il Veneto ed essersi messo al seguito dell’Imperatore Federico II, si apprestasse a conquistare Belluno, ma la resistenza dei Bellunesi fu più forte del previsto e Ezzelino venne respinto. Tra i più valorosi difensori di Belluno, il Piloni narra ci sia stato anche Aicardino della Valle che difendeva la Porta Doiona, mentra Lancillotto della Valle combatteva in altra parte della città, sempre in sua difesa. Ritornò Ezzelino l’anno seguente, 1247, a cercar di prendere Belluno e questa volta, invece di attaccare frontalmente optò per l’assedio, così che Belluno dovette arrendersi e sottoscrivere un trattato di sottomissione al tiranno. Ma Ezzelino aveva notato, tra i più validi difensori di Belluno, Aicardino e Lancillotto della Valle, tanto che non solo ebbero salva la vita , ma li volle tra i sui più fidati e lo stesso Aicardino seguì l’ Imperatore nelle battaglie contro la Lega Lombarda. I della Valle erano probabilmente arrivati a Belluno nel 1224, quando, a seguito della sentenza pacificatrice di Gabriele III da Camino, Agordo ebbe la possibilità di essere rappresentato nel Maggior Consiglio di Belluno. Nei documenti della Raccolta Pellegrini , riportati nella “Storia dell’Agordino” del benemerito don Ferdinando Tamis: “ Lancillotto, giudice e cioè dottore di leggi e notaio viene ricordato negli anni 1249, 1298, 1305, 1309 e viveva ancora nel 1311. Quattro dei suoi figli lasciarono memoria di sè. Bonifacino, detto dela Turre, abitò sempre a La Valle: nel 1347 fu eletto da Giacomo Avoscano reggente dell’Agordino. Lombardo, nel 1328 seguì Cangrande della Scala nell’assedio di Treviso. Ainardino e Franceschino si distinsero in modo particolare: il Piloni li enumera tra i soggetti honoratissimi, di cui era copiosa, nel 1331, la città di Belluno. Franceschino viveva ancora nel 1359: era padre del canonico Brancaleone, il quale era pure notaio (omissis). Ainardino, dottore di gran nome, nel 1324 venne nominato vicario della contea d’Alpago”. Racconta una leggenda lavallese (riportata da un’anziana signora di Cugnago nata all’inizio del 1900, che l’aveva sentita dai “vecchi” della frazione fin da bambina), che Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, dormì nel Casal, antica costruzione fortificata ancora esistente, sicuramente esistente nel XV° secolo e probabilmente risalente al XII° o XIII° secolo (1100-1200), che si trova a Col Cugnago, frazione di La Valle e il cui nucleo centrale e più antico, ci dicono gli esperti, ha importanti analogie costruttive con il Castello di Andràz. La leggenda faceva sorridere noi lavallesi, (quasi come la leggenda che voleva che il colle del Poi fosse un antico vulcano), ma quando venne raccontata a persone più esperte di noi, che studiavano le miniere del Fursil e quindi la donazione che fece delle miniere Federico Barbarossa al Convento di Novacella, ci venne detto che non era poi tanto campata in aria. E’ vero che in ogni leggenda c’è un nocciolo di verità, pensammo, ma da qui a pensare il Barbarossa dormiente a La Valle ! Ci venne detto che per fare l’Investitura delle miniere del Fursil al Convento di Novacella, Federico Barbarossa doveva pur essere stato in loco sul Fursìl e da qui sceso a Venezia, dove fu rilasciata la Bolla d’Investitura delle Miniere al Convento di Novacella e quindi non era poi così peregrina l’ipotesi che, scendendo per la valle del Cordevole per raggiungere Venezia, fosse passato e avesse soggiornato in un “luogo fedele” quale La Valle. Un’altra situazione che fa pensare è il fatto che dopo la caduta di Belluno i della Valle siano scesi in campo a fianco di Ezzelino e dell’Imperatore Federico II di Svevia, dello stesso casato Imperiale di Federico I di Svevia detto il Barbarossa. Altro fatto che fa pensare è che La Valle era probabilmente l’unico nucleo ghibellino dell’Agordino e un motivo ci doveva essere. Altra cosa che da di che pensare è che nel territorio della Regola della Valle non esisteva alcuna investitura vescovile, anzi la Regola stessa confinava , con propri territori, con proprietà del Vescovo, sul Talvena o montagna del Vescovà (Vescovado). Così, mentre nella vicina Val di Zoldo e precisamente nella Val del Grisol, vigevano investiture Vescovili e mentre la Val di Pranper ed i Van di Cornia erano possesso del Convento di Vedana, la Regola della Valle aveva l’enorme potere di citare in giudizio , con ragione, il Capitolo della Cattedrale per i transiti ed i possessi della Val Clusa (1411 e 1727) e di opporsi alla Regola Grande d‘Agort nel 1720-1725 con la causa, vinta, per il possesso di Calleda e Duràn. Da cosa derivava questa forza e questo potere ? Forse non erano, i ghibellini lavallesi, semplici coloni del Vescovo come in altre parti dell’Agordino ? Probabilmente no, considerato che vengono sempre definiti huomini , che nell’accezione del tempo significava uomini liberi, non servi della gleba. In un prossimo articolo avremo modo anche di cercare di capire l’origine dell’ accezione Tèk, usata spesso in senso dispregiativo dagli abitati di moli paesi agordini nei confronti degli abitanti di La Valle e che certamente non deriva da “ duri (= testardi) come il legno di tek” in quanto l’accezione risale a molto tempo prima che il tèk, legno esotico, giungesse nelle nostre zone, verosimilmente negli anni 1960-1970 del secolo scorso. Avremo anche modo di scrivere sulle fortificazioni lavallesi in epoca storica, come appunto il Casàl di Cugnago, il Castel Canaola sul Colle delle Murae a Conaggia e i vari toponimi : La Tor(n), Castèl, Castelet, Crot de Casamatta e Col de la Varda.
(NELLE FOTO: Il Casàl sulla sommità della frazione di Col Cugnago (Cugnach)
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