Non si può non mettere in evidenza il rischio concreto che il profondo Nord finisca ai margini dell’azione del nuovo Governo Conte. Più precisamente, le sei regioni attualmente presiedute da Governatori di centrodestra (Liguria, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia), rischiano di non avere molta voce in capitolo sulle decisioni importanti che saranno prese dal nuovo esecutivo: e questo nonostante esprimano un peso economico e occupazionale estremamente significativo per la stabilità e la crescita del Paese. Ovviamente, qualsiasi giudizio è prematuro. Ciò che conterà saranno le misure concrete che il governo giallorosso prenderà nei prossimi mesi. A dirlo è la CGIA di Mestre.
“Stando ai numeri – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – quasi la metà del Pil, del gettito tributario, degli occupati nelle imprese private e degli investimenti complessivi del Paese è generata da queste sei regioni del profondo Nord. Oltre a ciò, ricordo che quasi il 60 per cento delle esportazioni italiane è realizzato in questi territori che, ormai, si sentono più in sintonia ed integrati con la Baviera o Francoforte che con Roma”.
Il rischio che le distanze tra l’area più produttiva del Paese e i palazzi romani aumentino è molto concreto. Tuttavia, questo non significa che il Nord sia politicamente un monolite ad appannaggio della Lega e del centrodestra. Afferma il segretario Renato Mason:
“Città importanti come Torino, Milano, Brescia, Bergamo e Padova, ad esempio, sono guidate da sindaci pentastellati o di centrosinistra. Nelle ultime elezioni europee, inoltre, le forze politiche che sostengono il nuovo governo Conte hanno ottenuto il 36 per cento circa dei voti sia a Nordovest sia a Nordest: un risultato non trascurabile, anche se molto inferiore al consenso ottenuto dalla Lega. Tuttavia, il problema c’è ed è evidente; governare il Paese con il Nord all’opposizione non sarà agevole”.
Oltre al taglio delle tasse e a una ripresa degli investimenti infrastrutturali, il Nord guarda con particolare attenzione anche al tema dell’autonomia differenziata. Dalle prime dichiarazioni rilasciate dal nuovo ministro agli Affari Regionali, Francesco Boccia, emerge una apertura di credito per certi versi inaspettata: l’auspicio è che si gettino definitivamente alle spalle le incomprensioni esplose negli ultimi mesi tra una parte del precedente esecutivo e i Governatori di Lombardia e Veneto.
La dimensione economica e occupazionale
Analizzando gli ultimi dati disponibili, emerge che le sei regioni del Nord prese in esame producono complessivamente poco più di 721 miliardi di euro di valore aggiunto (cioè il Pil), pari al 46,6 per cento del totale nazionale. Le imprese private, invece, sono poco meno di 2 milioni (38,1 per cento del totale Italia) e occupano poco più di 8 milioni di lavoratori (48 per cento del totale). L’export ammonta a quasi 336 miliardi di euro (il 58,2 per cento del totale) e gli investimenti fissi lordi realizzati sono stati poco più di 142 miliardi (49 per cento del dato nazionale). In queste 6 regioni, infine, vi risiedono poco più di 23 milioni di abitanti, pari al 38,4 per cento del totale nazionale (vedi Tab. 1).
Le tasse e le infrastrutture
Dai territori del Nord l’erario preleva oltre 256 miliardi di euro (pari al 46,1 per cento del totale) e in queste 6 regioni sono presenti oltre 6 mila km di rete ferroviaria (36,7 per cento del totale), quasi 3 mila km di rete autostradale (42,2 per cento del dato nazionale) e attraverso i Tir transitano su queste strade poco più di 460 milioni di tonnellate di merci all’anno (53,4 per cento del dato Italia). Oltre alle infrastrutture materiali, rivestono un’importanza strategica anche quelle immateriali che, sul tema della banda ultra larga, vedono il Nord ancora in forte ritardo. Se in Italia le unità immobiliari raggiunte dalla fibra ultra veloce sono pari al 58 per cento, in Trentino Alto Adige la copertura è del 28,2 per cento, in Friuli Venezia Giulia del 45,6 per cento e in Veneto del 48,6 per cento. Solo Lombardia e Liguria registrano incidenze dicopertura superiori al dato medio nazionale: rispettivamente del 59,5 e del 74,9 per cento (vedi Tab. 2).