di RENATO BONA
Un autentico personaggio della cultura quale Luisa Alpago Novello ha firmato nel libro “Ambiente, storia e cultura di Limana” (edito nell’aprile 1995 da Castaldi di Feltre ad iniziativa di Biblioteca Civica e Comune, con il contributo della Regione Veneto) il capitolo “Dalla protostoria alla romanità”. All’esordio richiama il fatto che i ritrovamenti archeologici “attestano che durante la prima età del Ferro (sec. VIII a.C.) giunsero in Val Belluna dalla pianura piccoli gruppi di genti portanti una nuova cultura, gli antichi Veneti (Paleoveneti), che si stanziarono prima a Mel e nei secoli successivi intorno a Cavarzano e lungo le vie commerciali (in Alpago e in Cadore)”. E spiega che “usavano bruciare i corpi dei morti e seppellirne le ceneri entro urne protette da lastrine di pietra. Insieme vi era deposto un corredo di oggetti d’uso e d’ornamento, prevalentemente in terracotta e in bronzo.” E ricorda che la posizione strategica di Mel, situato sulla direttrice della via che dal passo di Praderadego scendeva nella Val Belluna e di fronte allo sbocco del Codevole nel Piave, può far pensare che gli abitanti coordinassero il commercio del rame estratto nell’Agordino sfruttando la via fluviale del Piave”. Detto che “Le ricerche toponomastiche e i rari rinvenimenti archeologici hanno evidenziato nella seconda età del Ferro (sec. IV.III a.C.) anche la sporadica presenza di genti celtiche”, rammenta che “Nel nostro Comune, Limana appunto, non sono state trovate tracce della cultura paleoveneta, ma appena al di là del torrente Limana recenti ricerche degli Amici del Museo di Belluno hanno portato al rinvenimento di una grande chiave votiva in bronzo, sormontata da un cavallino e riccamente decorata con pendagli, attribuibile al periodo paleoveneto. Si potrebbe pensare quindi alla presenza di un luogo di culto dedicato alla dea rappresentata sui dischi bronzei detti ‘di Montebelluna’, la quale reca una grande chiave in mano a simboleggiare il suo potere sulla vita e sulla morte”. Luisa Alpago Novello aggiunge poi: “Molto importante è il rinvenimento effettuato negli anni 1944-45 dallo stradino Giacinto Dal Mas di Cavassico nel letto del torrente Limana, dove si procurava la ghiaia da spargere sulle strade: una moneta in elettro (lega di oro e argento) coniata a Cartagine circa negli anni 350-270 a.C., secondo la classificazione fatta dal professore G. Gorini dell’Università di Padova. E’ infatti probabile che tale moneta sia stata data in pagamento a un mercenario celtico che aveva combattuto per Cartagine nelle guerre contro Roma (I. e II guerra punica, 264-202 a.C.). I veneti invece, come sempre si mantennero fedeli alleati. Ancora l’autrice del servizio: “Insieme alla moneta di Cartagine fu trovato anche un denario romano d’argento degli anni 108-107 a.C.. Come saranno finite nella Limana queste monete di metallo prezioso? E’ probabile che vi siano state gettate di proposito. Come offerta votiva alla divinità del fiume, secondo un uso comune a quell’epoca. Alpago Novello afferma poi che il ritrovamento della moneta romana testimonia come dal II secolo a.C. anche in Val Belluna sia iniziato l’influsso della cultura romana e aggiunge che “la romanizzazione del Veneto si concluse tra il 49 ed il 42 a.C. quando venne concessa la cittadinanza romana a tutta la Transpadana. Belluno, come le altre città più importanti del Veneto, divenne municipio romano (Bellunum), dall’età augustea incluso nella Regio X Venetia et Histria. Nel suo territorio era compreso anche il Comune di Limana. In proposito viene richiamato il fatto che “A Canè fin dal secolo XVI e murata nell’angolo esterno della chiesa di San Biagio un’urna funeraria romana in pietra calcarea bianca, databile al secolo I d.C.. Sulla fronte presente entro targa l’iscrizione dedicatoria, il fianco decorato a festone, Conteneva le ceneri di un illustre cittadino, Marco Giunio Massimo iscritto come tutti i bellunesi alla tribù Papiria… Questo importante personaggio (massimo magistrato giurisdicente di Belluno) aveva rapporti con la zona di Canè se vi volle essere sepolto. Forse di lì proveniva la famiglia sua o della moglie (Precellia Massimilla) o vi aveva dei possedimenti”. Naturalmente, a fianco dei cittadini di stirpe romana dovevano sussistere gli indigeni romanizzati e secondo approfonditi studi del professor Giovanni Battista Pellegrini “i toponimi con derivazione in ‘es’ così frequenti a Limana: Triches, Castes, Polentes, Malves, Ricomes possono derivare da un nome personale con l’aggiunta del suffisso asios di origine gallica; designerebbe cioè il podere di Triccus, di Castos, ecc. Avviandosi a conclusione, Luisa Alpago Novello ricorda che nella zona centuriata (cioè quella di appezzamenti quadrangolari in genere di circa 710 metri di lato assegnati ai singoli proprietari – ndr.) “sono stati rintracciati più di 100 cippi di pietra, di forma cilindrica un po’ rastremata in alto, con intagli vari sul piano superiore e sui lati. Interpretati inizialmente come pietre confinarie poste dagli agrimensori romani lungo i limiti delle centurie si è fatta poi l’ipotesi che fossero stati usati come contrappesi nei torchi da vino e da olio di noce” e raccomanda: “Cippi di questo tipo sono stati segnalati a Limana, Triches, Centore, Polentes, Navasa e Cesa. Meritano di essere conservati con cura, perché comunque hanno notevole importanza storica”. Chiude il pregevole servizio un riferimento alla presenza di una Pieve e Limana che “ci richiama alla prima diffusione del Cristianesimo nella Val Belluna. Non sappiamo con esattezza come e quando ciò sia avvenuto. Secondo la tradizione, l’evangelizzazione fu operata nel Feltrino da San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, e nel Bellunese da Sant’Ermagora, primo vescovo di Aquileia, ambedue operanti nel III sec. d. C.. La Pieve di Limana è dedicata a Santa Giustina, discepola di San Prosdocimo. Il suo culto si è diffuso nel Veneto nei secoli VI e VII d.C. Siamo ormai negli anni tristi delle invasioni dei barbari, dopo la caduta dell’Impero romano…”. NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Ambiente, storia e cultura di Limana; Wikipedia): la copertina del pregevole volume edito da Biblioteca civica e Comune di Limana; l’autrice del capitolo “Dalla protostoria alla romanità” Luisa Alpago Novello; disco bronzeo dello “di Montebelluna”; moneta punica in elettro rinvenuta tra le ghiaie della Limana, con la testa della dea Tanit; volto a destra, il cavallo di profilo; denario romano d’argento rinvenuto nella stessa occasione: testa femminile di profilo; Enea fuggente da Troia con il padre Anchise sulle spalle; urna funeraria romana murata nella chiesa di San Biagio di Canè di Limana; immagine di Santa Giustina da Padova.