IL MIRACOLO FELTRINO,
Feltre. L’anno si chiude con un importante intervento alla Chirurgia di Feltre diretta da Umberto Montin. Un uomo di 60 anni, albanese di origine, affetto da una rara neoplasia di oltre 20 cm di diametro che coinvolgeva le ultime costole toraciche di destra, la parete addominale e il diaframma è stato sottoposto ad un intervento chirurgico presso la chirurgia generale dell’Ospedale Santa Maria del Prato, che ha richiesto il ricorso di tutte le capacità professionali dei nostri chirurghi oltre all’utilizzo di una particolare protesi a garantire una impalcatura a sostituzione della parete toracica, addominale e diaframmatica asportate. La storia L’uomo, nato in Albania nel 1959 e ivi residente, ma con fratelli e sorelle da anni integrati nella comunità Feltrina, si è presentato presso l’ambulatoriao del nostro nosocomio mostrando l’enorme massa tumorale che lo affligeva da alcuni mesi e che modificava il normale profilo fisico, lasciandolo con enorme sofferenza per i coinvolgimento da parte del tumore delle costole con difficoltà alla respirazione e alla normale attività fisica. Giudicato non operabile al proprio paese, dopo aver ottenuto la tessera sanitaria provvisoria, è stato preso in carico dal reparto di chirurgia. Da subito i sanitari si sono resi conto dell’enorme difficoltà rappresentata dal trattare una neoplasia dalle dimensioni così cospicue e soprattuto dal fatto che essa coinvolgeva oltre al costato, anche il muscolo diaframmatico e la parete addominale. «La nostra perplessità», spiega il dott Montin, direttore del dipartimento di area chirurgica, «non veniva tanto dalla fase demolitiva, cioè l’asportazione della massa e degli organi muscolari coinvolti, ma dalla necessità di ricostruire la parete toracica, addominale e dal tratto diaframmatico che così venivano ad essere mancanti. In nostro aiuto è arrivata la tecnologia, di fatto la disponibilità di una protesi innovativa, uno “scaffold” in gergo, cioè una impalcatura acellulata (senza cellule) ottenuta dall’ingegneria biologica dalla cotenna di maiale, che oltre a dare una consistenza meccanica garantisce un terreno di crescita per le cellule umane del paziente che, successivamente andranno a colonizzare questa impalcatura, permettendo una completa guarigione». Tutto facile allora? «No per nulla», commenta il chirurgo Mauro Dal Soler, «il limite di questa protesi è che per essere performante doveva essere completamente coperta e non lasciata esposta. Abbiamo utilizzato la nostra esperienza e le tecniche di chirurgia plastica nella ricostruzione dopo interventi demolitivi nei tumori mammari». Il dottor Montin ha eseguito la prima fase dell’intervento, cioè quella demolitiva. «Ho asportato completamente la massa neoplastica delle dimensioni di un pallone da calcio», commenta Umberto Montin, «assieme alle ultime tre costole toraciche di destra e ad una porzione di diaframma e di parete addominale. Questo ha lasciato esposto il polmone di destra, assieme al fegato e all’intestino, una vera “voragine”». È a questo punto che viene utilizzata questa protesi innovativa di 20x 15 cm che, dopo essere stata fissata al perimetro della voragine, è stata successivamente ricoperta. «Ho fatto ricorso alla chirurgia che normalmente utilizzo per ridare “vita” alle donne operate al seno», continua il dott. Dal Soler, «infatti ho provveduto a peduncolizzare il muscolo gran dorsale (un muscolo della schiena che viene staccato dalle proprie inserzioni mantenendo la propria vascolarizzazione) e ribaltato a coprire l’intera protesi. Successivamente i lembi di cute sono stati suturati sopra il muscolo ricostruito, restituendo al paziente una normale conformazione e funzione muscolare». Il paziente ha passato una notte in terapia intensiva e successivamente è stato ricoverato in reparto e dimesso dopo sette giorni con un decorso regolare. «È stato un lavoro di squadra che ha coinvolto molteplici professionalità e competenze», afferma Montin, «è stato solo grazie alla discussione multiprofessionale, alla sinergia data dalle molteplici esperienze e dalla capacità di lavorare in gruppo, che siamo riuscita a gestire e trovare la soluzione» . La soddisfazione più grande, oltre alla buona riuscita dell’intervento è stata vedere il paziente con il sorriso. «Un ringraziamento mio e dei mie figli alle vostre famiglie tutte, che per dare a noi pazienti la possibilità di essere curate da queste mani, si privano per tanto tempo della vostra presenza ed il vostro affetto, un grazie per tutto quello che prestate a questa professione al pari di una vera missione. Voi in Italia avete una sanità all’avanguardia, fatta di professionisti di alto livello e di questo dovete esserne orgogliosi», ha detto il paziente ai medici alla dimissione . «Queste parole ci affrancano del nostro lavoro», afferama Dal Soler, «perchè ci restituiscono l’umanità e il senso profondo di quello che facciamo ed inoltre ci fanno capire quanto sia importante la nostra sanità e non dovrebbe mai essere data per scontata».