di RENATO BONA
” Sotto il titolo “La Mediagraf approda a Belluno” il sito diocesano “chiesabellunofeltre” ha recentemente postato una notizia che, vorremmo sbagliare, ma… è passata pressoché inosservata. Eppure è una novità importante perché, come si può leggere, il servizio siglato “DF” spiega che “Sarà la tipografia di riferimento per la nostra Diocesi dopo la messa in liquidazione e chiusura della Piave, che è affettiva dal 31 maggio dello scorso anno”. Si precisa quindi che ora per la stampa dei sussidi diocesani e per il servizio alle parrocchie si è trovato un nuovo punto di riferimento individuato appunto nella Mediagraf spa, grande azienda che “vanta una decennale esperienza nel settore, soprattutto nel servizio alle diocesi, alle parrocchie, agli enti ecclesiastici. Nata nel 1986 dalla fusione di due storiche tipografie di Padova: quella dei Frati minori conventuali (i frati di sant’Antonio) e quella della Diocesi di Padova che aveva precedentemente riunito nella ‘Litografia Gregoriana’ le sue storiche aziende del settore della stampa: la tipografia fondata da San Gregorio Barbarigo risale alla metà del XVII secolo. Inoltre Mediagraf ha come soci di riferimento la Conferenza episcopale italiana e gli stessi Frati minori conventuali”. Mons. Diego Bardin, nella sua veste di vicario episcopale per i beni temporali (ed oggi anche vicario generale della Diocesi bellunese), aveva scritto in proposito: “Questa è una garanzia per l’attenzione che Mediagraf ha per la variegata tipologia dei servizi a favore dell’attività pastorale della Chiesa”. Nel frattempo, l’azienda ha aperto un proprio ufficio bellunese col quale collaborano due ex dipendenti della “Piave”. La sede è al secondo piano del centro diocesano Giovanni XXIII nel Piazzale Piloni (telefono 049-8991530, indirizzo e-mail: [email protected]). Il servizio sul sito così si concludeva: “L’auspicio è che il nuovo ufficio possa diventare punto di riferimento per quanti erano clienti della Piave; la speranza è che anche altri enti e privati, senza dover accedere alla sede centrale di Noventa Padovana, possano usufruire dei servizi che un grande azienda come Mediagraf può offrire”. Un auspicio cui viene spontaneo aderire considerato anche il fatto che un’altra importante azienda del ramo ha chiuso i battenti nel Bellunese da alcuni mesi: la Tipografia Cartoleria Germano Sommavilla, nella Via Vecellio del capoluogo. Preso atto della nuova realtà che si è venuta prospettando, resta una legittima domanda: perché la Piave ha chiuso? A suo tempo, lo stesso sito diocesano aveva riportato in proposito il pensiero di don Diego Bardin: “La video lettura, la crisi dell’editoria classica, le differenti modalità di comunicazione anche nell’ambito della pastorale parrocchiale e associativa, hanno segnato in questi ultimi anni la crescente crisi della Tipografia Piave, una delle storiche tipografie della Provincia di Belluno. Nata per offrire un servizio alla Diocesi (Parrocchie, Enti diocesani, Associazioni e Movimenti ecclesiali), nel tempo la Tipografia ha allargato il proprio settore di attività e si è proposta con i propri servizi anche al di fuori dei confini provinciali, in particolare attraverso il proprio marchio editoriale ‘TiPi Edizioni’ che ha portato alla stampa di Collane quali ‘Tracce Scout’, ‘Nova et Vetera’, ‘Presbiterio’, ‘Polvere’ e altre”. Aveva aggiunto che malgrado i tentativi di ampliare la tipologia dei propri servizi la Piave (che fino al 2009 aveva stampato anche il settimanale L’Amico del Popolo quando il giornale, passando dal bianco e nero al colore ha avuto bisogno di essere stampato su una rotativa più grande e si era dovuti ricorrere ad un centro stampa fuori provincia) è stata messa in liquidazione ed ha chiuso l’attività. Sottolineando che in questa fase la Direzione si è preoccupata innanzitutto dei dipendenti cercando di aiutarli ad inserirsi in altre aziende e studiando alcune proposte da fare alla Diocesi per il proseguo dei servizi agli Uffici pastorali e alle parrocchie. Della Piave di Belluno, azienda di lunga tradizione considerato fra l’altro che il suo primo torchio di stampa è datato 1863, si era occupato quando ancora la crisi non si era manifestata nella sua gravità, Maurizio Ruffini su Il Corriere delle Alpi del novembre 2019 definendola “Un tramite tra scrittore e lettori che con gli anni ha affinato la propria tecnica comunicativa ed è oggi pronta ad affrontare al meglio le sfide del futuro”. Ricordava fra l’altro che: “L’odierna “Tipografia Piave” è il risultato di una serie di passaggi ed evoluzioni societarie che iniziano il 20 febbraio 1932, quando si costituiva a Belluno “La Cartolibraria”, società formata da 14 soci, tra i quali quattro sacerdoti, con un capitale di 60 azioni da 1000 lire ciascuna. Nello stesso periodo prende piede a Belluno l’Istituto veneto di Arti grafiche di Rovigo, nel quale hanno una parte importante Virtus Cavallini e alcuni altri uomini de “La Cartolibraria”. A questo punto Ruffini si domanda il perché di tanto interesse dei cattolici per la stampa e l’editoria e trova la spiegazione nella nascita di pubblicazioni cattoliche in provincia di Belluno: a partire dall’Amico del Popolo, stampato nella tipografia De Liberali fin da prima della Grande Guerra, dal 1909 (ed oggi stampato dal Centro servizi editoriali srl di Grisignano di Zocco in provincia di Vicenza – ndr.), per proseguire, negli anni ’20, con la fioritura straordinaria di bollettini, grazie alla quale quasi ogni parrocchia aveva la sua pubblicazione. Dopo la seconda guerra mondiale, nell’autunno 1945, l’Istituto veneto di Arti grafiche, per iniziativa del vescovo Girolamo Bortignon, divenne proprietà della diocesi di Belluno e assunse il nome di “Tipografia vescovile”, che mantenne fino al 1964, quando fu mutato in “Tipografia Piave”. Rimasta nei vecchi locali di via San Pietro fino al 1960, fu trasferita nella nuova sede di piazza Piloni dove il rinnovamento del 1945 e la nuova sede portarono a un rapido sviluppo della tipografia, con l’aumento di personale e nuove macchine: nel 1956 le nuovissime Italtype e nel 1972 la prima da stampa offset. Si passò dalla composizione a caldo (con il piombo e i caratteri mobili) alla fotocomposizione e ai moderni sistemi di impaginazione elettronica, con la realizzazione di una rete interna che collega computer, stampanti e fotocompositrici. Risale al 1974 l’acquisto della rotativa “Goss Comunity”, unica mai esistita in provincia di Belluno, usata anche in alcuni spezzoni del film “Vajont”; l’evoluzione tecnologica è poi continuata con lo sviluppo delle reti e dell’informatica, che ha portato una svolta epocale nel settore tipografico, sia nella parte grafica che in quella produttiva. Prima della sofferta chiusura di uno stabilimento e di un’epoca, c’è da registrare la nascita nel 2010 della Ti.Pi. edizioni che, per dirla col direttore Marco Maierotti “si, lancia sul mercato delle pubblicazioni per mettere a frutto la nostra capacità editoriale, anche riscoprendo l’idea che faceva dei vecchi tipografi anche degli editori”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal sito del settimanale L’Amico del Popolo e del quotidiano Corriere delle Alpi): la sede del Centro diocesano bellunese che ospitava la tipografia Piave; furgone in attesa di caricare L’Amico del Popolo; tra vari macchinari della Piave si riconosce lo “storico” tipografo Toni Fontana; copie dei foglietti domenicali stampati dalla scomparsa tipografia; un’immagine della subentrata Mediagraf spa, dotata di modernissimi macchinari, nella sede centrale di Noventa Padovana; la targhetta con l’indirizzo del recapito bellunese al Giovanni XXIII; l’edificio che ospitava la tipografia-cartoleria Germano Sommavilla, chiusa alcuni mesi fa.