Nato a Perarolo di Cadore, in provincia di Belluno, nel 1887, morì a Candide in Comelico nel 1935. Parliamo di Pietro Zangrando che fu parroco nel paese natale, arciprete di Sospirolo e infine pievano di Candide. La sua memoria, scrive lo storico Giovanni Fabbiani, autore di “Breve storia del Cadore”, stampato dalla tipografia Piave di Belluno nel 1977 ad iniziativa della Magnifica comunità di Cadore, “è tramandata ai posteri delle azioni compiute come cappellano militare nella guerra 1915-18 che gli meritarono una medaglia di bronzo al valor militare e due croci di guerra”. Più dettagliata la descrizione del personaggio per come è documentato nell’archivio di Franco Licini. Innanzi tutto la motivazione dell’onorificenza: “Incurante del pericolo, si portò sulla linea di combattimento per incoraggiare i feriti e raccogliere e seppellire i morti, dando bella prova di coraggio e di abnegazione. Toblinger Rieder, Sextein, 19 agosto 1915”. Quindi – in difformità rispetto a Fabbiani – il ricordo che Zangrando era nato il 7 novembre 1878 e morto per malattia l’8 dicembre 1935. Quindi si può leggere che: “Di intelligenza vivace e tenace volontà, fin da fanciullo Piero frequenta con assiduità la chiesa del suo paese e aiutato, anche economicamente, dal suo parroco, don Dal Favero, compie gli studi nei seminari di Ceneda, vicino a Vittorio Veneto, e quindi a Belluno dove, il 6 giugno 1903, viene consacrato sacerdote in cattedrale ed il mattino seguente celebra la prima messa nella chiesa di San Pietro”. Cooperatore di don Da Rin, dimostra fin da subito generosità e grande amor patrio (vende l’unico oggetto prezioso che possiede, l’ orologio, per donare il tricolore ad una associazione auronzana di Villapiccola). E siamo alla Grande Guerra. Nel 1915, trentottenne, è volontario cappellano militare del 7. Reggimento Alpini: prima al battaglione Monte Antelao poi al Val Piave “dove diventa ben presto amico e padre degli alpini coi quali condivide disagi e pericoli”. Come quando, il 7 giugno 1915, gli austriaci, salendo da Carbonin attaccarono il Monte Piana difeso dalla 268. compagnia. Decimati i plotoni, caduti i tenenti Antonio De Toni e Giuseppe De Pluri, gli alpini resistono alla violenza del fuoco sull’orlo dei precipizi meridionali e si preparano al contrattacco. Don Piero accorre da Forcella Longeres e portatosi in prima linea, conforta i feriti e i morenti… e non solo quelli italiani. O due mesi dopo quando dalle Forcelle Pian di Mezzo, Lavaredo, dei Laghi, Pian di Cengia e da quelle del Paterno, gli alpini del Val Piave e del Cadore, i fanti del 55. e del 56. Reggimento Marche, gli artiglieri della 23. e 58. Batteria da montagna scendono alla conquista del Rifugio Tre Cime, del Toblinger Riedel e del Sextenstein: don Pietro li segue, li sostiene vivendo con loro in pieno combattimento, riposando la notte tra i massi e giunge tra i primi sulle trincee conquistate; o quando il 30 ottobre assiste alla riconquista del Sextenstein, il 30 marzo dell’anno successivo segue l’attacco al Rauhkofel, il monte Scabro che incombe sulla piana di Carbonin, il 2 settembre quando accompagna i volontari cadorini nell’azione che porta alla conquista della punta occidentale del Forame. Il dopoguerra. Dopo la Vittoria, a Pietro Zangrando è assegnata la parrocchia di san Pietro apostolo di Sospirolo della quale prende possesso per sette anni, il 23 marzo 1919 “ma l’accoglienza non è delle più cordiali”, con le contestazioni, fra l’altro delle “leghe rosse” inneggianti al social-comunismo. Nel 1928 il vescovo lo voleva monsignore e canonico teologo della cattedrale di Belluno o in un posto preminente a Roma ma il nostro aveva rifiutato anche perche “per vivere in città ci vuole qualche risorsa finanziaria e io sono poverissimo…”. Di don Pietro l’idea di erigere ai piedi delle Tre Cime, col prezioso aiuto dei “suoi” alpini la chiesetta dedicata alla Madonna della Croda. Avviandoci a conclusione non possiamo dimenticare che il 26 maggio 1926, presente il Re, nella caserma del 7. Alpini, a Belluno, venne inaugurato il monumento ai Caduti con sfilata dei ricostituiti dieci battaglioni di guerra e per l’occasione don Zangrando ha scritto il libretto “I Verdi del Settimo”. Nel 1931 per un’adunata a Pieve di Cadore il “prete degli alpini” viene trasportato da Sospirolo in Cadore con l’auto personale messa a disposizione dal gerarca Italo Balbo. Nel 1932, rimasta vacante la parrocchia di Candide ottiene di esservi trasferito; appena divenuto pievano, riceve in dono unì’automobile dal barone Treves de’ Bonfili e lui si premura di venderla: col ricavato apre una cucina di beneficenza per i poveri e così si spiega – e concludiamo – come abbia saputo ben presto conquistare il cuore dei suoi parrocchiani: “perché è generoso, predica bene e, oltre tutto, è anche un alpino”. L’8 dicembre, giorno dell’Immacolata don Pietro Zangrando muore. Dopo solenni funerali il 26 aprile 1936 la salma viene traslata nel Tempietto militare di San Francesco d’Orsina, vicino a Calalzo dove riposa in una nicchia coperta da un monumento con la scritta: “Don Pietro Zangrando – Sacerdote di Dio e della Patria – Riposa nel Signore – 1878-1935”. L’edificio sacro noto come “La chiesa degli Alpini” è un dono all’Ana, nel 1929, del bolognese capitano del 7. Luigi Seracchioli per crearvi un sacrario dedicato ai Caduti proprio dove il reparto aveva combattuto. All’interno due sarcofaghi in pietra contengono i resti dei cadorini caduti nelle battaglia del ’48 e ’66 e la salma appunto di don Pietro Zangrando. Sono ricordati anche i “Volontari alpini del Cadore” che hanno combattuto nella Grande guerra mentre le lapidi sul sagrato ricordano i caduti della brigata partigiana “Calvi”. San Francesco d’Orsina è uno dei rari esemplari di architettura gotica esistenti nel Bellunese; fu edificata nel 1512 ad iniziativa di Matteo Palatini di Pieve di Cadore.
NELLE FOTO (archivi di Franco Licini, Fondazione Berti e Cai di Auronzo): don Pietro Zangrando; Madonna della Croda alle Tre Cime; il tempietto di Orsina a Calalzo; estate 1917: la visita del re Vittorio Emanuele III alle postazioni sul Monte Piana; la Forcella Longeres.