RADIO PIU’ Riceviamo e pubblichiamo una lettera arrivata in redazione a firma di Stefano Murer Presidente della Croce Verde Val Biois
Recentemente ho avuto la sfortuna di trasportare un paziente positivo al SARS-COV2. Seppur affrontato il soccorso con le dovute cautele, che la situazione contingente ci impone, rimane sempre latente un sentimento di preoccupazione / smarrimento / angoscia non tanto per noi ma per chi ci circonda, per i nostri familiari, amici compagni di lavoro o di passione. Dover comunque trascorrere la normale attività come se nulla fosse accaduto è difficile, non abbiamo normative che ci tutelano, siamo volontari che dedicano, chi più chi meno, il loro tempo per il territorio, perché possa avere le stesse garanzie di servizio, o perlomeno avvicinarsi a ciò, dei territori in cui il servizio è reso (territorio nei pressi dell’ospedale nel nostro caso). Leggere che con enfasi si è provveduto ad adeguare la normativa a protezione del Soccorso Alpino (giusto e doveroso) e che per le associazioni di volontariato come quella che rappresento esistano solo doveri: adeguare lo statuto per nuove disposizioni normative, doversi associare ad una rete nazionale per poter svolgere il nostro servizio, che ci tocca pagare ma nulla abbiamo in cambio (ANPAS), dover fare i rendiconti dettagliati altrimenti non ci viene riconosciuto il lavoro che svolgiamo ecc. e nessuna normativa a nostra tutela o ci sostenga tranne che quelle messe a disposizione della nostra stessa associazione, e come ciliegina sulla torta nemmeno la popolazione dei territori, in cui garantiamo il servizio, non ci sostiene in quanto nemmeno un terzo della popolazione dei Comuni della Valle del Biois sostiene con il tesseramento la Croce Verde Val Biois. Tutto ciò premesso mi chiedo per chi lo faccio, ne vale la pena, il mio è senso civico o stupidità? Scusate lo sfogo