Tomaso Pettazzi critica Padrin e Bortoluzzi per aver citato la Nature Restoration Law a favore della rimozione delle dighe, definendola una contraddizione per un territorio dipendente dall’idroelettrico. Sottolinea l’incoerenza politica e l’interesse della comunità bellunese nelle concessioni future.
LA LETTERA
Il presidente della Provincia Padrin, intervenendo sulla diatriba tra Bellunesi e Trentini con il Consorzio di bonifica Brenta riguardo la eventuale diga di Vanoi, fa riferimento alla Nature Restoration Law europea dello scorso 2024 per il ripristino degli habitat degradati e dice: ”Perché costruire sbarramenti nuovi se la UE ci chiede di eliminare quelli esistenti?”. Altrettanto esplicito il consigliere delegato al demanio pubblico, Massimo Bortoluzzi:” Due punti sono particolarmente indicativi del nostro caso: rimuovere le barriere longitudinali e laterali, quali argini e dighe”. Siamo d’accordo che sia giusto ripristinare gli ambiti degradati e il minimo deflusso vitale dei fiumi, ma che questo comporti come logica conseguenza “l’eliminazione delle dighe” è una perversione del pensiero. Detto poi da amministratori di un territorio che basa una parte dei suoi proventi economici sulla produzione idroelettrica, è una contraddizione di termini che lascia di stucco. Amministratori che non molto tempo fa s’erano sgolati per ottenere una trentina scarsa di milioni per le concessioni idroelettriche secondarie. Se pensiamo inoltre che una parte dell’opinione pubblica bellunese sta pensando a partecipare entro il 2029 alle aste per l’aggiudicazione delle maggiori concessioni idroelettriche in scadenza (affare da centinaia di milioni di € annui), operazione che rientrerebbe a pieno titolo nella ricerca di una vera Autonomia Bellunese, mi fa chiedere a questi signori se ultimamente siano stati morsi da una tarantola.
Tomaso Pettazzi
__