ROMA Retorica e luoghi comuni, di fronte all’ennesimo disastro ambientale, non servono. Cambiamenti climatici e abbandono dei territori montani sono cause primarie di quanto avvenuto – e purtroppo rischia di succedere nuovamente – in Piemonte, Liguria, Val d’Aosta. Un binomio pericoloso sul quale occorre una riflessione politica e istituzionale seria, sulla quale montare investimenti e processi duraturi di intervento. Come quello del Piemonte, che sin dal 1997 ha una piccola porzione di tariffa idrica pagata da tutti i piemontesi (4 euro l’anno a famiglia) destinata ai territori montani per interventi di prevenzione del dissesto. Venti milioni di euro l’anno. “Se non ci fossero – precisa Marco Bussone, Presidente Uncem – la situazione sarebbe ben peggiore, anche nelle città del fondovalle. Ecco perché occorre ripartire da qui, in tutte le Regioni italiane. Un sistema sussidiario, già presente anche in Emilia-Romagna e nelle Marche, oltre ad altri investimenti forti. A partire da 20 miliardi di euro del Recovery Fund. Il 10 per cento del Next generation UE da investire in prevenzione del dissesto”. E non solo. “Venti miliardi di euro, Dieci per cento dei fondi del Piano nazionale Ripresa e Resilienza – precisa Bussone – da investire in due anni per la prevenzione del dissesto che ha un asse fondamentale nell’attuazione della Strategia forestale nazionale. Abbiamo in Italia 11 milioni di ettari di boschi, un terzo della superficie complessiva del Paese, e non lo sappiamo. Un milione in Piemonte, in crescita. Il dissesto si origina da foreste non gestite, non pianificate, e che non drenano più. Versanti troppo carichi, foreste non certificate, boschi d’invasione. E ancora, proprietà troppo piccole, parcellizzazione dei fondi che poi sono abbandonati. Facciamo una seria analisi su questo fronte. Che è dovuto all’abbandono, allo spopolamento della montagna”. Occorre intervenire, secondo Uncem, per facilitare il recupero di superfici agricole, per superare la frammentazione fondiaria con le “associazioni fondiarie”, per dare forza e attuazione alla Strategia forestale nazionale, per rigenerare muretti a secco, “Patrimonio dell’Umanità” ma oggi in abbandono, e ancor prima per agevolare chi vuole reinsediarsi recuperando attività agricole e zootecniche sui versanti. Sono loro, questi reinsediamento, il primo antidoto ad abbandono e fragilità. Garantiscono servizi ecosistemici-ambientali all’intero Paese. Alle Città. Il problema nei Comuni montani non è il consumo di suolo! Bensì l’abbandono e la parcellizzazione del suolo! Aver perso agricoltura e superficie agricola mostra oggi gli effetti. Anche su questo occorre potenziare una Strategia per le aree montane e interne che deve vedere al centro i Comuni che imparano a lavorare insieme, nelle valli alpine e appenniniche, a pianificare (anche la pianificazione forestale è imprescindibile, “di valle) e a investire insieme.