di Feltre, la “piccola città degli uomini grandi” annovera fra i concittadini illustri anche il pittore del Seicento Domenico Falce che – si può leggere nel libro di Paolo Conte e Marco Perale “90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire” (edito da L’Amico del Popolo con la tipografia Piave di Belluno nel 1999) – “fu autore di tele di soggetto prevalentemente sacro, eseguì anche importanti vedute di Feltre e Belluno”. Di lui si è occupata pure la guida turistica Marta Azzalini in una delle sue pregevoli iniziative “In giro per Belluno” di cui ha poi ampiamente riferito su Facebook. Vediamo di conoscere Falce, la cui famiglia era probabilmente di origine nordica, e lo facciamo con l’ausilio della libera enciclopedia Wikipedia. Il nostro nacque a Feltre il 23 giugno 1619 (“90 profili scrive 22 giugno – ndr.) e nella stessa Feltre morì il 10 luglio 1687… Di famiglia altolocata, figlio di Giovanni Battista e di Giustina, si formò presso il concittadino Paolo Dal Pozzo e studiò le opere degli artisti locali (Morto da Feltre, Cesare Vecellio, Francesco Frigimelica). Come ammise lui stesso, preferì i canoni cinquecenteschi aggiungendovi solo qualche aggiornamento addotto grazie alla circolazione delle stampe; non venne quindi coinvolto nelle innovazioni che conobbe l’arte veneziana del periodo”. Quanto alla sua produzione artistica, il sito di Wikipedia ricorda che “La prima opera datata è la pala d’altare della chiesa di Formegan (1647), tuttavia esistono dipinti sicuramente precedenti, ad esempio a Seren del Grappa, Campo, Pieve di Zoldo. In tutti questi si riconoscono già gli aspetti stilistici che il pittore continuerà ad adottare lungo tutta la sua attività”. Ancora: “Nel 1665 dipinse la pala della chiesa feltrina di Sant’Orsola, nel 1661 eseguì alcuni stemmi per la cattedrale di Feltre, ma sono andati perduti. Nello stesso anno firmò l’Incontro di Gioacchino e Anna per la cappella di villa Pasole a Pedavena. Nel 1662 concluse la Natività di Maria e la Morte della Vergine, due grandi opere collocate nella chiesa del Rosario ancora a Feltre. Il Falce fu un autore assai stimato, e infatti nel 1668 il vescovo di Belluno lo nominò arbitro per risolvere la disputa attorno al pagamento di un gonfalone dipinto da Tommaso Dolabella per la chiesa di Sospirolo. L’anno dopo realizzò la Raccolta della manna per la chiesa feltrina di Ognissanti. Nel 1670 dipinse il San Pietro d’Alcantara per il convento di Santo Spirito di Feltre, in seguito trasferita nella parrocchiale di Seren e attualmente dispersa. Sempre nel 1670 la Comunità feltrina lo incaricò di realizzare una scenografia per una sacra rappresentazione da tenersi nella chiesa di Santa Maria del Prato e dipinse un Autoritratto… nel 1671 ritrasse il podestà Giovanni Antonio Boldù. Nel 1675 si cimentò pure nella poesia, mandando alle stampe un sonetto in occasione della fine del mandato del podestà Antonio Ottoboni. Due anni dopo dipinse due vedute di Feltre… Del 1685 sono la Natività della Vergine e la Natività di Gesù per la chiesa di Mugnai… Nel 1690 concluse due quadri per il convento dei Santi Vittore e Corona ma sono andati dispersi. Nello stesso anno donò al rettore di Belluno una veduta della città; anche in questo caso è interessante il ricorso alla fantasia che cala la fredda rappresentazione topografica in un’atmosfera da sogno. Realizzò anche la pala per l’altare di Sant’Antonio (successivamente della Madonna del Rosario) della chiesa di San Daniele Profeta a Lamon raffigurante Sant’Antonio da Padova reggente il bambino benedicente tra i Santi Vittore e Corona sovrastati dall’Eterno e lo Spirito Santo. Si deve a lui la pala (datata 1647) dell’altar maggiore della chiesa di Formegan di Santa Giustina Vergine, Bimbo in gloria e quattro Santi. Va detto che “Tentò anche la scultura con il Beato Bernardino da Feltre, ma il risultato fu assai mediocre e forse per questo preferì continuare esclusivamente con la pittura. Morì nella città natale e fu sepolto con tutti gli onori nella tomba di famiglia presso la chiesa di Santo Spirito”. Non possiamo, in chiusura, omettere di dire che lo storico bellunese Flavio Vizzutti ha scritto di Falce (volume 44 del 1994) sul Dizionario biografico degli italiani dove richiama le varie opere del feltrino, evidenziandone la validità anche se il giudizio complessivo finale appare non entusiastico: “… Pittore tutto sommato modesto, legato a schemi cinquecenteschi interpretati in modo pur non spregevole, fu comunque un protagonista della cultura artistica in provincia come dimostrano le numerose commissioni da parte di enti sia laici che ecclesiastici”. Un giudizio che non si discosta da quello che si può leggere nel libro di Conte-Perale: “Di lui i posteri si dimenticarono e si dovette attendere il nostro secolo, e specialmente gli ultimi vent’anni, per rinverdirne la memoria. Certamente non fu un artista eccelso e guardò più all’arte del Cinquecento che alle novità che anche in questo campo portò il XVII secolo. Ciononostante fu un protagonista della vita di Feltre del ‘600 e della cultura artistica del suo tempo e merita di essere ricordato”.
NELLE FOTO (gettyimages; google): la famosa pianta prospettica di Belluno eseguita nel 1690 da Falce; e quella di Feltre; così aveva “visto” il Castello di Belluno; quadro dell’artista feltrino aggiunto ad una pala di Marescalchi.