MAURO LUCCO NEL LIBRO “ALPAGO” DI DON TRAME: UN CAPOLAVORO IN QUALCHE CHIESA SPERDUTA? Riprendiamo e concludiamo l’“escursione” che, guidati dal pregevole saggio del prof. Mauro Lucco, parte importante del libro “L’Alpago raccontato da Umberto Trame” (edito nel 1984 dalla Comunità montana con “Panfilo Castaldi di Feltre) ci ha portati alla scoperta delle chiese nei paesi della conca alpagota e del patrimonio artistico che vi è conservato (purtroppo in alcuni casi non proprio al meglio!…). E non sarà un caso se Lucco introducendo il suo servizio, scriveva: “Occorre muoversi per conoscere finalmente le opere d’arte di una delle zone più sconosciute del Veneto, l’Alpago, che sono molte di più di quante non ne ricordi il benemerito libro di don Trame…”. Detto di Tambre dove l’imponente parrocchiale con la lunga scalinata e il pronao, ben poco ha da offrire all’amatore d’arte, Lucco spiega che nella cappella di sinistra vi è una mediocre paletta con la Madonna, Santi ed i Misteri del Rosario, probabilmente dei primi decenni del Settecento; nella cappella a destra, l’uno di fronte all’altro, due dipinti del bellunese Girolamo Moech, uno dei quali firmato e datato 1836. Si sofferma quindi sulla parrocchiale di Garna “indubbiamente la più bella di tutto l’Alpago, col suo splendido soffitto a cassettoni di legno”; a metà della parete di destra vi è un altare dipinto, recante la sigla LPF e la data 22 dicembre 1569, e dentro, una più tarda paletta col ‘Compianto di Cristo’ di Francesco Frigimelica (circa 1630). L’altar maggiore, con al centro un’anonima pala settecentesca è opera dell’alpagoto Luigi Rossi, allievo del Besarel. Ancora in su, verso Chies dove sulla facciata della chiesa ricostruita nel 1904 spiccano due statue di marmo bianco di Carrara raffiguranti San Pietro e San Giovanni. Si prosegue per Funes dove la chiesa frazionale accoglie sull’altar maggiore un bel “San Pietro” dell’alpagoto Paolo Fabris, fratello del più famoso Placido. Avanti fino a Irrighe dove la chiesa frazionale eretta nel 1373 e restaurata nel 1767 ospita “due perle pittoriche le quali pur senza avere il fascino assoluto e smagliante dei capolavori, compensano un viaggio fin quassù”. Si tratta di una “Natività della Vergine” e della paletta col “Crocefisso tra i santi Osvaldo, Apollonia e Caterina e le anime purganti, opera di Francesco Maggiotto, eseguita nel 1792. Si sale quindi a Montanès dove la chiesa di San Martino offre purtroppo solo “tre mediocri telette ottocentesche”. Allora meglio scendere verso Alpaos: sull’altar maggiore una paletta con la “Madonna col Bambino tra San Giorgio e San Giuseppe” di Liberale Tona. Ancora discesa ed ecco Lamosano che ospita due statue lignee settecentesche ed un quadro di Francesco Frigimelica, l’“Ultima cena”, di inizio Seicento. E si giunge a Codenzano dove si può ammirare la bella paletta della Madonna col Bambino tra i santi Tiziano, Tommaso, Lucia e Osvaldo. Ed eccoci a Pieve, il centro più antico della zona, con la parrocchiale che fu matrice di tutte le chiese alpagote. Il presbiterio è decorato ai lati da due lavori di Luigi Vardanega datati 1947. Sopra la porta laterale di destra è appesa l’opera d’arte forse più eminente dell’Alpago: una pala della Madonna col Bambino tra i santi Domenico e Rosa da Lima che “a dispetto delle condizioni di conservazione si rivela opera tipica di Gaspare Diziani”. A questo punto si può salire a Torres dove la chiesa frazionale presenta la paletta con San Michele arcangelo di Francesco Frigimelica. La chiesetta di Quers reca sopra la porta la data 1899 e due statuette dell’alpagoto Luigi Rossi. Due sole statue lignee a Curago per la chiesa riedificata sul finire dell’Ottocento: San Sebastiano e San Rocco, probabilmente secentesche. Si scende fino a Plois dove la frazionale di San Floriano, eretta nel 1607, ospita un crocefisso ligneo del Brustolon. Da visitare anche le cappelline di Villa e Torch prima di scendere verso Tignes per una visita alla parrocchiale, eretta nel 1601, che ha sull’altar maggiore un tela con la Madonna col Bambino incoronata da angeli, San Tiziano e Sant’ Antonio abate. Eccoci a Bastia, nell’ex chiesa gentilizia dei Gera, con affreschi di Giovanni De Min; quindi a Sitran per vedere l’altare ligneo del primo 600. Il percorso finisce a Santa Croce del Lago dove, sulla sinistra del portale vi è – come afferma Lucco – uno dei più eminenti pezzi di scultura del territorio bellunese: la lastra tombale che ricorda la morte del senatore di Norimberga Paulus Imhoff, qui deceduto il 7 luglio 1478 sulla via del ritorno in patria. Raffigura Cristo nell’orto degli ulivi ed è attribuibile alla bottega di Pietro Lombardo, il più grande scultore veneziano del secondo Quattrocento”. Così la conclusione del capitolo di Mauro Lucco (a titolo personale condividiamo totalmente – ndr.): “… Non ci illudiamo certo di aver visto tutto, di conoscere tutto, di aver dato un catalogo completo delle sue opere d’arte; in qualche chiesa sperduta forse ci sarà ancora il capolavoro che attende di essere scoperto. Saremo lieti, se qualcuno di coloro che forse seguiranno questo itinerario, compiendo una breve deviazione, porterà alla luce qualcosa di nuovo e di importante; a noi premeva dare l’avvio a quel lavoro di ricerca e valorizzazione del proprio passato, a quella presa di coscienza, che significa soprattutto impegno di conservazione, indispensabile ai nostri giorni, per la sopravvivenza stessa della civiltà”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “L’Alpago raccontato da Umberto Trame”, sito Tripadvisor, Ugo Chinol, Wikipedia, Gal Prealpi e Dolomiti bellunesi e feltrine, Facebook): interno della parrocchiale di Tambre; chiesa e campanile di Garna; la chiesetta di Funes; Lamosano, chiesa parrocchiale:”Ultima cena” di Francesco Frigimelica; parrocchiale di Pieve: l’opera di Nicolò Cela; “Madonna col Bambino tra i santi Domenico e Rosa da Lima” del Diziani, nella parrocchiale a Pieve; chiesa di San Martino vescovo a Tignes; chiesa di San Floriano a Plois; immagine datata della chiesa di Curago; di Nicolò De Stefani: Madonna con Bambino tra i santi Sebastiano e Rocco, con angelo musicante nella chiesa di Torch; la restaurata tela del Diziani nella chiesa di Irrighe; la lastra tombale che nella chiesa di Santa Croce raffigura Cristo nell’orto degli ulivi, dedicata al ricordo del senatore di Norimberga Paulus Imhoff, qui deceduto il 7 luglio 1478; l’opera è attribuibile alla bottega del grande scultore veneziano Pietro Lombardo. (2 – fine)
prima puntata
DI RENATO BONA
Un notevole contributo al libro “L’Alpago raccontato da Umberto Trame” (edito nel maggio del 1984 dalla Comunità montana all’epoca presieduta da Terzo Lorenzo Barattin, con lo stabilimento tipolitografico “Panfilo Castaldi” di Feltre, per raccontare di un popolo, una civiltà, un territorio) lo ha sicuramente garantito il prof. Mauro Lucco, autore del capitolo “Le opere d’arte dell’Alpago” (di cui ci occupiamo con questo primo servizio – ndr.) dopo una “esplorazione della bellissima conca” che nello specifico ha preso il via dal centro del Piano dove sorge il grande albergo San Marco. Lucco ricorda che, nelle vicinanze, fu eretta nel 1769 la chiesetta di Sant’Osvaldo di Northumbria, demolita dopo la seconda guerra mondiale e ricostruita nel 1966 a cura dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali. E quanto all’arte scrive: “Si conserva, sulla sinistra guardando l’altare, una bella paletta su tavola, raffigurante il santo titolare; si tratta di un’opera pregevolissima di Giovanni De Min, databile al periodo tardo della sua attività…”. Si sposta quindi a Spert “la cui parrocchiale è desolatamente nuda di opere d’arte” e prosegue fino a Valdenogher dove pure la chiesa è spoglia con l’eccezione di un dipinto ottocentesco sulla parte sinistra, fatto eseguire da devoti del luogo emigrati a Venezia. Scende quindi a Farra, rilevando che nella parrocchiale “sul primo e sul secondo altare a destra, vi sono due dipinti moderni firmati ‘Soldera’ quindi una tela settecentesca che si dimostra palesemente della stessa mano che dipinse le migliori tra le figure dei dodici Apostoli sulle pareti laterali del Duomo di Belluno, vale a dire il pittore alpagoto (si ritiene nativo di Pieve) Flaminio Grapinelli”. Sulla sinistra del presbiterio di fronte ad un altro dipinto del Soldera, è appesa una teletta assai rovinata, raffigurante l’Ultima Cena che risale al XVIII secolo. All’ingresso due statue reggicero, in legno intagliato “che si impongono stilisticamente per opere di Andrea Brustolon”. Altre quattro sono vicine all’altare di sinistra, su cui figura un gruppo ligneo con le tre statue del Crocefisso, della Madonna dolente e di San Giovanni Evangelista di straordinaria qualità”. Ancora per Farra, Lucco cita la chiesetta di San Vigilio, una delle più antiche dell’Alpago (una lastra di pietra nel ripostiglio, è decorata a motivi che parrebbero risalire al X-XI secolo. Ancora l’autore: “Il bell’altare, intagliato in legno, reca dietro al tabernacolo la data 1626; è accostabile stilisticamente all’altare di Sottoguda e a quello di Pecol di Zoldo ed è perciò da attribuire all’intagliatore bellunese Giacomo Costantini”. Al suo interno vi è una paletta, un po’ naif, del tardo Settecento e di una mano ignota, la stessa dell’altra tela sulla parete sinistra. Sopra la porta di destra la pala con la “Madonna col Bambino, Sant’Antonio e Sant’Osvaldo” che “sembrerebbe rivelare i modi di Agostino Ridolfi anche se il giudizio è ostacolato dalle vistose ridipinture”. Trasferimento a Puos dove, nella parrocchiale, il primo altare a sinistra propone la figura di Sant’Antonio da Padova del pittore bellunese Francesco Bettio, firmato e datato 1890; ancora: una “Madonna col Bambino fra San Domenico e San Francesco, sul secondo altare di sinistra, pure di Bettio. L’altare maggiore offre la visione di una bella pala di Francesco Frigimelica con la “Madonna col Bambino, San Bartolomeo e San Nicola”, del secondo decennio del Seicento. Assai più modesto – per Lucco – il grado delle opere della chiesa: un Crocefisso intagliato ed una paletta pure del XVIII secolo. Ed eccoci a Cornei dove la chiesetta “piuttosto spoglia”offre un “Cristo Redentore e Santi sull’altare maggiore, opera forse di Antonio Gabrieli, bellunese. Si sale a Palughetto dove la piccolissima chiesa frazionale accoglie un bell’altare in pietra, forse di fine Settecento. A Borsoi la pala dell’altar maggiore reca una scritta: “Paolo Fanello fece far del suo 1680” che farebbe propendere per un lavoro di Agostino Ridolfi, il maggior artista bellunese del Seicento.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “L’Alpago raccontato da Umberto Trame” e siti: Mapio, Pic.Click; Belluno Press; Wikipedia,): Piano del Cansiglio, chiesetta di Sant’Osvaldo: di Giovanni De Min “Sant’Osvaldo da Northumbria”; il prof. Mauro Lucco; la chiesa di Spert; c’è un dipinto ottocentesco nella chiesa di Valdenogher, voluto dagli emigranti a Venezia; la parrocchiale di Farra d’Alpago; la chiesetta di San Vigilio; parrocchiale di Puos; la piccola chiesa di Borsoi. (1 – continua)