Il circolo culturale “La Marol” ha raccontato cento anni di storia e tradizione della latteria di Villagrande di Rivamonte Agordino in una interessantissima pubblicazione (tipografia Piave di Belluno): una quarantina di pagine con molte fotografie, riproduzione di documenti, illustrazione di copertina di Savino Conedera. In premessa il “La Marol” precisava che: “L’occasione del centenario della costruzione della ‘Latteria Sociale di Villagrande’ ci ha offerto l’opportunità di ricostruire, attraverso un minuzioso lavoro di ricerca, la storia e le problematiche di una istituzione che rappresenta il simbolo visibile di una civiltà rurale e contadina del nostro paese”, aggiungendo che: “Al di là delle curiosità aneddotiche storiche l’obiettivo di stimolare una riflessione sul futuro di un paese, che oltre a registrare un periodo di diffuso benessere si interroga anche sulle prospettive sociali ed ambientali tutt’altro che prive di aspetti inquietanti, sarebbe di per sé sufficiente ad appagare l’impegno per questa ricerca”. Le origini. Si richiama il fatto che sul finire del secolo la realtà economico-sociale locale presentava aspetti diversi e non tutti positivi, e che dal punto di vista demografico Rivamonte aveva raggiunto il massimo storico di 2100-2200 abitanti. L’economia dipendeva sostanzialmente dall’attività mineraria e metallurgica di Valle Imperina che garantiva il 60 per cento di occupazione. Consistente il fenomeno migratorio nei suoi due aspetti: stagionale per i seggiolai, quello oltreoceano che imponeva il distacco dalla terra natale anche per molti anni. In tale contesto l’economia agricola, in particolare la zootecnia, integrava i comparti principali “svolgendo un ruolo determinante per il sostentamento quotidiano della popolazione”. Dati del censimento 1885: l’allevamento contava 314 bovini, 90 maiali, 418 pecore, 9 asini, 7 muli, 14 capre. Erano soprattutto le donne a farsi carico dell’impegno, invero pesante, di accudire gli allevamenti. In quegli anni si era intanto consolidata nelle realtà comunali vicine, la lavorazione del latte in forma associativa, con l’affermarsi delle Latterie cooperative che di fatto nacquero a Canale d’Agordo, e superando difficoltà iniziali si svilupparono ad iniziativa del benemerito arciprete Antonio Della Lucia. In questo contesto, il 17 giugno del 1896 venne fondata con 50 soci la “Società anonima cooperativa latteria di Rivamonte (Villagrande)” costituita con azioni da venti lire ciascuna, per durata cinquantennale, con rogito del notaio di Agordo Bonaventura Polacco. Fatta la società, si acquistò il terreno dando il via alla costruzione del caseificio nella tradizionale forma del “piodèc” : “I sassi per la muratura provenivano da Lach mentre la sabbia era portata con i carri da Franche o dal greto del Cordevole. La prima costruzione si limitava all’attuale piano interrato ed era dotata di una attrezzatura minima”. Non mancarono certo le difficoltà, e poi vennero le due guerre mondiali e, a seguire, problemi non secondari di burocrazia conseguenti a nuove leggi che regolavano il settore. Un esempio su tutti: “… I libri sociali della vecchia società che vedeva la sua conclusione nel 1946, non furono mai depositati presso l’Ufficio del lavoro e così, legalmente, tale società non cessò mai di esistere e alla medesima sono indirizzati documenti e comunicati pervenuti in anni successivi alla fondazione della nuova società del 1958. Intanto cambiava radicalmente anche il sistema di vita di Rivamonte: la chiusura degli impianti di Valle Imperina ebbe un impatto devastante sul piano economico e comportò un massiccio esodo verso i centri industrializzati dove c’erano lavoro e migliori condizioni di vita. La chiusura di molte stalle portò all’unificazione delle latterie dei Tos e di Villagrande e più avanti alla costituzione di una cooperativa che riunisse in unico centro quello che rimaneva del patrimonio zootecnico tanto che a partire dal 1977 “L’apporto del latte da parte della nuova cooperativa Agricola Canop portò la quantità di prodotto lavorato a livelli mai raggiunti in passato”. E oggi “dopo alcuni lavori di ristrutturazione ed adattamento in ottemperanza alle norme vigenti, la struttura – concessa in gestione all’Agricola Canop – continua a raccogliere e a trasformare il latte in prodotti apprezzati per la genuinità ed il gusto antico”. La pregevole pubblicazione si conclude richiamando “I ritmi di vita scanditi dal lavoro agricolo: la latteria come luogo d’incontro e di socializzazione” ed anche questo è un titolo di merito per quanti hanno dato vita a “El casèlo de Riva”. NELLE FOTO (Riproduzioni dal libretto voluto dal circolo culturale “La Marol”): la copertina illustrata da Savino Conedera; le “Kaldròle”; la zangola o “pigna”; sala di raccolta del latte; “stàmp del botìro”; la scrematrice in uso fino al 1954; bilancia per pesare sale e caglio; strumentazione per la lavorazione ed il controllo di qualità del latte; dati per il bilancio consuntivo 1894-95; pressa per comprimere la pasta di formaggio eliminando il siero; “scatòi del formài” un tempo di legno ora in alluminio.