Il 28 dicembre 1898, ricorrenza dei Santi Innocenti, veniva alla luce a Visome, ridente frazione del comune di Belluno, Angelina Zampieri, figlia di Giuseppe e Teresa Trevisson, che vi si erano trasferiti da Polentes di Limana con le due vivaci figliole avute in precedenza. La loro sarebbe stata una vita grama di ordinaria povertà se non avessero avuto il dono della “fede cristiana professata senza mezze misure, il forte amore coniugale, la luminosa onestà di vita ed uno spirito di sacrificio a tutta prova”. Il virgolettato è opera di don Mario Carlin, oggi novantottenne, penitenziere della cattedrale di Belluno dopo essere stato fra l’altro parroco di Limana, nella fattispecie autore di “Una giovane emigrante martire”, stampato nel novembre 1972 con visto del vicario generale della Diocesi mons. Angelo Santin, per i tipi della bellunese tipografia Piave. Libro che narra la purtroppo breve esistenza, ed il martirio, proprio di Angelina Zampieri. L’iniziativa della pubblicazione era stata, appunto nel 1972, dell’allora arciprete di Limana don Paolo Pescosta il quale nella presentazione , dopo aver precisato che si era rivolto a don Carlin ritenendolo, anche in quanto delegato diocesano per l’emigrazione “il più indicato a scrivere della nostra eroica concittadina e a presentarla come un simbolo della nostra gente ‘martire della valigia’ come egli la definisce in queste pagine, coinvolta, come è, ed in dimensioni ancora più vaste, nel fenomeno migratorio, con tutto il dramma che esso comporta e con tutti i valori che vi racchiude” scriveva fra l’altro: “…Da quando la Provvidenza mi ha concesso di realizzare il mio sogno di trasportare qui, dal cimitero di Trento, la piccola salma, la nostra martire ci appare più vicina, più nostra ancora…”. Nella premessa del suo lavoro (dedicato “a Limana parrocchia della mia prima messa, ed a tutti gli emigranti, in segno di affettuosa solidarietà”) Mario Carlin offre tre risposte alla domanda: “Perché una biografia di Angelina Zampieri?”: anzitutto per farla conoscere; poi per difenderla (da quanti, negli anni, hanno sentito parlare del martirio di Angelina e ne ha spesso contestata l’autenticità); infine per proporla, soprattutto perché “può dire molto ai giovani del nostro tempo, molti dei quali sono lodevolmente protesi alla ricerca di modelli forti a cui ispirarsi; ai genitori ed agli educatori, oggi tanto facili alla tentazione dello scoraggiamento nei confronti della loro sempre più difficile missione; ai sacerdoti per le cui mani è destinata a passare ancora, come ai tempi di Angelina, per essere donata ai fratelli, la grazia della testimonianza cristiana, capace anche di martirio; infine ai lavoratori ed agli emigranti che in lei si riconoscono con legittimo orgoglio”. Qui di seguito, in sintesi, la vicenda di Angelina, che ad appena sei anni lasciò famiglia, giochi, amicizie, per andare in Francia ospite di parenti dove rimase fino ai 12 anni quando fattasi ormai ragazzina, era grande abbastanza per dare una mano nei lavori di casa e dunque tornò in famiglia; dovette tuttavia “rifare ben presto la sua povera valigia e ritornare in casa d’altri, stavolta in condizione di piccola servetta, sola ed indifesa”. Nella primavera del 1912 – si legge nel libro di don Carlin – Angelina aveva iniziato il quattordicesimo anno di età e si presentava come una ragazza fisicamente ben sviluppata, florida di salute, vivace di intelligenza e con esperienza, ormai, di una piccola donna e, come la mamma e le due sorelle divenne, una emigrante, una “cioda” come i trentini definivano le donne bellunesi. E a Pove di Trento divenne domestica del falegname settantenne Bartolo Maggioli che “portava su di sé, con il peso degli anni, anche quello di una grande debolezza morale”. Ben presto rimase colpito dalla fresca bellezza di Angelina che la gentilezza dei modi e la docilità del carattere rendevano più attraente ed in pochi mesi passò dalla composta cordialità iniziale ad un intenso desiderio di lei. Nonostante le lusinghe di lui, Angelina decise che non sarebbe più rimasta in quella casa ed andò a servizio della famiglia Valentini che “la circondava di stima e di rispetto, l’amava, anzi, trattandola veramente come una figlia”. Ma… il vecchio falegname, esasperato per il duro rifiuto della ragazza, sentiva sempre più forte il desiderio di lei e avuto l’indirizzo le scriveva lunghe lettere e le inviava vari doni. Andava nei pressi della casa ed aspettava per ore di poterla vedere ed un pomeriggio “mentre Angelina rincasava dall’Adige dove aveva risciacquato un po’ di biancheria, il vecchio riuscì ad avvicinarla. Portava in tasca un coltello a serramanico”. La fermò in strada, la implorò, le fece altre promesse ma vedendosi respinto prese ad imprecare e minacciare al che Angelina gli gridò in faccia: “No, mille volte no. Preferisco morire” e fuggì verso casa. Riuscì ad entrare nell’atrio ma prima che potesse salire la scale “il mostro la raggiunse urlando e fece scendere ben diciassette volte il coltello su quelle purissime carni, poi sentendosi perduto, si sparò alla tempia un colpo di rivoltella e rotolò cadavere accanto alla sua vittima”. Portata in ospedale, Angelina Zampieri spirò alle 1,30 del 24 luglio 1913. La mattina del 26 vennero celebrati solenni funerali nella cattedrale trentina con la partecipazione di migliaia e migliaia di persone e quindi la salma venne inumata nel cimitero, prima nel campo comune poi ad iniziativa di alcuni cittadini, con la raccolta in pochi giorni della somma necessaria, in una tomba privata nella galleria dei loculi. Il 13 febbraio 1972 “Angelina ritornò ufficialmente fra la sua gente… Limana per l’occasione era in festa come non lo era stata mai in oltre ottocento anni di vita comunitaria”. All’omelia il vescovo Gioacchino Muccin che aveva concelebrato con 20 sacerdoti mentre altri 30 erano in presbiterio, affermò: “In questa piccola martire è onorata la nostra gente bellunese, che costretta ad emigrare, sa testimoniare nel mondo la propria fede e la propria onestà unendo nella vita, come Angelina, il candore della purezza con il rosso del sacrificio e, spesso, nel sangue”.
NELLE FOTO (sito chiesabellunofeltre e riproduzioni dal libro “Una giovane emigrante martire”): Angelina Zampieri; don Mario Carlin; la casa natale di Angelina a Visome; papà Giuseppe con la primogenita Maria nella casa di Polentes di Limana; la casa di Trento dove la giovane bellunese fu assassinata; il coltello del martirio; l’atrio della casa della morte; la lapide sulla tomba di Trento; la cerimonia religiosa in occasione della traslazione della salma da Trento; la tomba di Limana; inaugurazione della sala parrocchiale “Angelina Zampieri” con il vescovo Muccin, il parroco Pescosta e monsignor Da Corte