FALCADE Si tratta del primo volume di una nuova iniziativa editoriale voluta dall’Unione Ladina Val Bióis, altri due seguiranno riguardanti il tema della Grande Guerra, che è stato oggetto di dibattiti, incontri, confronti nel corso di cinque anni. Questi tre volumi, per TIPI Edizioni, cui seguiranno altri su temi di diverso argomento, sempre legati alla realtà del territorio dei ladini della Valle del Bióis, raccolgono interventi di storici, di studiosi, di appassionati che raccontano ciò che accadde dopo le «radiose giornate» del maggio 1915, quando l’Italia entrò in guerra. Cadorna promise che in pochi «sbalzi» il regio esercito sarebbe giunto a Lubiana, e poi in breve a Graz e Vienna. Com’è noto non andò proprio così: la realtà fu spietata sulle pietraie del Carso e sul fronte montano. Le montagne venete si trasformarono in un terribile campo di battaglia, dove si sperimentò anche un’arma insidiosa e dirompente: la mina. Giunse Caporetto, l’Italia vacillò, ma seppe resistere e infine vincere. Ma per la popolazione civile dei territori occupati fu l’anno della fame, un periodo tremendo di angherie e di carestia. Il primo volume, ora finalmente in distribuzione dopo il blocco in tipografia causato dal corona virus, ospita i testi di Claudio Luchetta (Cala il sipario), di Livio Vanzetto (Un secolo di memorie della Grande Guerra), di Valentina Fontanive (Un fronte in armi), di Susy Dan Lombardi (La guerra dell’aria), di Vittorio Fenti (Brevi cenni sulla geologia del fronte della Grande Guerra), di Orazione Andrich (Narrare la Grande Guerra a cent’anni di distanza, nello spirito alpino e a supporto di una idea civica della nazione italiana nel contesto europeo).
Danilo Marmolada, presidente dell’Union Ladina Val Bióis, motivando il patrocinio alla nascita della Biblioteca del Bióis, scrive che il suo sodalizio «è certamente improntati alla tutela e valorizzazione della lingua ladina ed in particolare del ladino-veneto parlato in Valle del Bióis, ma in senso più ampio, si occupa di tutti gli aspetti identitari e culturali di questa comunità dolomitica, con un occhio al passato, ma consapevoli del presente e delle problematiche future. Non si tratta quindi di una visione nostalgica del passato, ma un intendimento di conoscere e conoscerci nelle nostre diversità, senza per questo sentirci migliori o peggiori». Concludendo: «dalla lingua alla nostra storia quindi: le nostre radici che sono coscienza e forza nel quotidiano».