Dopo 3 mesi di lockdown che ha interessato la gran parte delle piccole e piccolissime attività economiche presenti nel Paese, a esultare sarebbe il fisco che avrebbe visto “diminuire” di 27,5 miliardi di euro l’evasione fiscale presente nel Paese
La provocazione, perché di questo stiamo parlando, è sollevata dall’Ufficio studi della CGIA che è giunta a questo risultato economico, partendo da una considerazione molto diffusa tra l’opinione pubblica. Ovvero, che il popolo degli evasori presente in Italia è costituito quasi esclusivamente da lavoratori autonomi.
L’evasione da 110 scende a 82,5 miliardi
Secondo le stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in Italia ci sarebbero circa 110 miliardi di evasione fiscale all’anno. Molti osservatori ritengono che questo mancato gettito sia riconducibile in massima parte ad attività caratterizzate da un rapporto commerciale diretto con il cliente finale come nel caso di molti edili, dipintori, idraulici, elettricisti, orafi, parrucchieri, estetisti, baristi, ristoratori, piccoli commercianti, etc. Basandoci su queste considerazioni e sul fatto che questi 3 mesi di chiusura hanno interessato proprio tali attività, possiamo affermare con buona approssimazione che l’evasione fiscale sia diminuita del 25 per cento: ovvero di 27,5 miliardi di euro, facendo scendere a 82,5 miliardi l’ammontare complessivo del mancato gettito. Un risultato che, ovviamente, non ha alcun rigore scientifico, ma serve a lanciare una provocazione e, allo stesso tempo, contestare una tesi che, purtroppo, sta ingiustamente etichettando la categoria del lavoro autonomo.
Dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “Additati da sempre come gli affamatori del popolo, non è da escludere che nei prossimi mesi, quando questa depressione economica sfocerà in una probabile crisi sociale, gli autonomi saranno chiamati a pagare il conto. In attesa che arrivino i soldi del Recovery fund, quasi sicuramente inizierà una campagna contro gli evasori fiscali, con l’obbiettivo di colpire, in modo particolare, gli artigiani, i commercianti e le partite Iva. Le prime avvisaglie ci sono già, visto che autorevoli opinion leader hanno cominciato a invocare la democrazia della ricevuta. Sia chiaro, l’evasione/elusione va contrastata ovunque essa si annidi, sia tra chi non emette lo scontrino sia fra coloro che, grazie ad operazioni societarie eticamente molto discutibili, hanno spostato la sede nei paesi a fiscalità di vantaggio. Tuttavia, non dobbiamo generalizzare e tanto meno colpire nel mucchio, anche perché gli strumenti per combattere chi non versa le imposte ci sono e da molto tempo”.
Il segretario della CGIA Renato Mason dichiara: “Grandi o piccoli che siano, gli evasori vanno perseguiti ovunque si nascondano. Tuttavia, se il nostro fisco fosse meno esigente, lo sforzo richiesto sarebbe più contenuto e probabilmente ne trarrebbe beneficio anche l’Erario. Con una pressione fiscale più contenuta, molti di quelli che oggi sono evasori marginali diventerebbero dei contribuenti onesti. Ricordo che la nostra giustizia civile è lentissima, la burocrazia ha raggiunto livelli ormai inaccettabili e la Pubblica amministrazione rimane la peggiore pagatrice d’Europa. Nonostante queste inefficienze, la richiesta del nostro fisco si colloca su livelli elevatissimi e, per tali ragioni, appare del tutto ingiustificata”.
In Italia la pressione fiscale sulle imprese è al 59,1 per cento. In UE solo i francesi sono più tartassati di noi
Sebbene sia una comparazione che va analizzata con molta prudenza, secondo gli ultimi dati della Banca Mondiale (Doing Business), solo la Francia (60,7) presenta un carico fiscale sulle imprese (in percentuale sui profitti commerciali) superiore al dato Italia (59,1). Se la media dell’Area Euro è pari al 42,8 per cento (16,3 punti in meno che da noi), la Germania registra il 48,8 per cento e la Spagna il 47 per cento. Per ciascun paese esaminato, questa elaborazione fa riferimento ad una media impresa (società a responsabilità limitata) con circa 60 addetti e alle imposte pagate nell’anno 2018, al secondo anno di vita dell’impresa (ovvero nata nel 2017). L’incidenza del totale delle imposte sui profitti commerciali registrata dall’Italia nel 2018 (59,1 per cento) è abbastanza in linea con il dato del 2015 (62 per cento). Nei due anni intermedi (biennio 2016 e 2017) si è registrata un’incidenza sensibilmente inferiore (rispettivamente del 48 e del 53,1), riconducibile all’effetto dell’introduzione di alcune misure temporanee che hanno alleggerito il costo del lavoro, in particolar modo dei neoassunti con un contratto di lavoro a tempo indeterminato (vedi Tab.1).
Il fisco possiede tutti gli strumenti per debellare l’evasione
L’Ufficio studi della CGIA ricorda che i circa 110 miliardi di evasione fiscale e contributiva denunciati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sono pressoché stabili da almeno 10 anni, mentre nello stesso periodo l’Amministrazione finanziaria ha visto aumentare notevolmente il numero di strumenti a disposizione per contrastare l’evasione delle imposte.
In estrema sintesi, le principali misure a disposizione degli 007 del fisco sono:
- abolizione del segreto bancario;
- anagrafe dei rapporti finanziari costituita tramite il periodico invio all’Anagrafe tributaria dei saldi dei rapporti finanziari dei contribuenti;
- Serpico super cervellone del fisco, che utilizza le varie informazioni raccolte sui contribuenti, l’Agenzia delle Entrate utilizzerà anche tecnologie avanzate per elaborarle, sfruttando le interconnessioni tra i dati contenuti nell’Anagrafe dei rapporti finanziari e le altre banche dati di cui dispone;
- obbligo di comunicare mensilmente all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) le movimentazioni di denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro;
- Indici Sintetici di affidabilità fiscale;
- redditometro (accertamento sintetico sulla base del confronto tra reddito dichiarato e spese sostenute);
- metodologie di controllo delle PMI e dei lavoratori autonomi;
- 117 (numero di pubblica utilità della Guardia di Finanza);
- trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate;
- fattura elettronica;
- split payment nel caso di fatturazione verso le Pubbliche Amministrazioni, sono queste che trattengono l’IVA e la versano direttamente all’erario;
reverse charge meccanismo in base al quale è l’acquirente o il committente a versare l’IVA; - limite all’utilizzo del contante pari a 2.999€, dal 1 luglio 2020 verrà ridotto a 1.999€ e dal 1 gennaio 2022 scenderà a 1.000€;
- obbligo di pagamento con strumenti tracciabili degli oneri detraibili ai fini IRPEF (ad eccezione delle spese sanitarie) per poterle detrarre nella dichiarazione dei redditi;
- controllo automatizzato delle dichiarazioni fiscali e del corretto assolvimento dell’imposta di bollo;
- in caso di lavori superiori a 200.000 euro, i committenti hanno l’obbligo di verificare il corretto versamento delle ritenute dei dipendenti delle imprese appaltatrici;
- ritenuta d’acconto operata sui bonifici per il pagamento delle spese relative a interventi sul patrimonio edilizio e risparmio energetico;
- per essere effettuata la compensazione dei debiti tributari con crediti di importo superiore a 5.000€ è necessaria la certificazione dei crediti da parte di un professionista;
- esterometro: invio telematico (trimestrale) all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle operazioni economiche con soggetti non residenti;
- comunicazione trimestrale all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alla liquidazione periodica IVA.
Tra lettere di compliance, accertamenti e controlli sono interessate quasi 2 milioni di imprese
Oltre che attraverso gli strumenti appena elencati, il fisco può contrastare l’evasione anche mediante le attività di controllo, di verifica e di accertamento che le Agenzie fiscali e la Guardia di Finanza svolgono quotidianamente. Nel 2018 (ultimo dato disponibile) l’Amministrazione finanziaria ha inviato:
• oltre 1.900.000 lettere per l’attivazione della compliance (richieste di chiarimenti su irregolarità riscontrate o potenziali).
Inoltre, sono stati effettuati:
• quasi 152.500 accertamenti ordinari[1] nei confronti delle imprese;
• quasi 252.000 accertamenti parziali automatizzati[2];
• quasi 521.000 controlli strumentali[3] effettuati dalla Guardia di Finanza.