di RENATO BONA
A” L’interessante pubblicazione edita in occasione di “Belluno 1989. Europa in zattera”, iniziativa dei Comuni di Belluno, Longarone, Ponte nelle Alpi, delle Comunità montane Bellunese e del Basso Cadore, Longaronese e Zoldano, nonché dell’Azienda di promozione turistica delle Prealpi e Dolomiti Bellunesi, con il contributo di quella che all’epoca era la Cassa di risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, propone, fra l’altro, una “chicca” di Gianni Secco (purtroppo scomparso) dedicata agli “Ex voto sul fiume” e, subito dopo, due immagini “storiche” a corredo del paragrafo che si occupa, sia pure in sintesi, dei “canti di lavoro”. Gianni Secco ricordava che: “La devozione popolare è sempre espressa per mezzo di simboli semplici ed essenziali, comprensibili e significativi oltre la parola, spesso duraturi e quindi adatti a trasmettere nel tempo e a tutti la testimonianza dell’evento motivatore”. E, sottolineato che “L’ex voto semplifica in modo eccellente questo concetto” spiegava che l’usanza di raffigurare pittoricamente il contenuto della grazia ricevuta, si diffuse nei primi decenni del ‘400 sull’onda di una abitudine sempre più crescente di appendere immagini sacre, con auspicate virtù protettrici e auspicatorie alle pareti domestiche. Aggiungendo che: “Chiesette e piccoli Santuari dedicati particolarmente all’Addolorata (poiché partecipe al dolore umano di Madre) o ai Santi vigilanti sui pericoli relativi ai diversi mestieri, agli eventi naturali, alle catastrofi, agli incendi, alla salute umana e a quella degli animali domestici, si riempirono di queste testimonianze di fede viva anche se poverissima”. Concludeva ribadendo che “alcuni di questi luoghi sono famosi per la fama di sollecitudine dei rispettivi Protettori e si ingrandirono divenendo meta di pellegrinaggi rituali aventi analogo senso votivo”. Le due pagine dedicate all’insolito argomento offrono quindi al lettore cinque immagini “storiche” la prima delle quali, di collezione privata, si riferisce all’ex voto, olio su tavola lignea, databile attorno alla metà del secolo XVIII. Segue quella di: “Codissago, Chiesa parrocchiale” con la precisazione che la tavoletta porta la dicitura: “Voto di Giovanni Losso, lì 23 ottobre 1834”. Seguono: “Belluno, Cappella della Beata Vergine dei Caduti, località La Rossa; l’ex voto è eseguito in tempera su carta incollata a un fondo ligneo; la didascalia dice: ‘7 maggio 1883, Giacomo della Lucia detto Bozze, salvato con tre zattieri miracolosamente”; quella di “Vigo di Cadore. Chiesetta della ‘Madonna della Difesa’: la tavoletta votiva è databile nel secolo XVII”; quella che spiega: “Belluno, Museo civico, probabilmente proveniente dalla chiesa di San Nicolò di Borgo Piave; l’ex voto è eseguito in tempera su carta incollata a foglio ligneo e raffigura San Nicolò che intercede presso la Vergine affinché salvi i naviganti in pericolo sulla zattera”. Quanto alla “Madonna della Difesa di Vigo viene riservato un po’ di spazio per dire che “al Santuario i graziati portavano inizialmente riproduzioni dell’arto o dell’organo guarito o, per quello, uno a forma di cuore e quindi oggetti ausiliari smessi come grucce e stampelle e così via”. Per quanto riguarda l’uso della tavoletta o dipinto votivo, oltre ad ampliare la descrizione della grazia raffigurando il graziato nel momento taumaturgico con le presenze volute, riuscendo a meglio esprimere il suo bisogno di religiosità, fu favorito dal relativo ingombro degli stessi, cosa di non poco conto se si considera che i pellegrinaggi si facevano a piedi con percorsi talvolta lunghissimi. Inoltre erano piacevoli da vedere assieme, diventando un lungo racconto di partecipazione umana e nuovo stimolo di speranza. Una considerazione: non è escluso, anzi, che la pericolosità del mestiere di zattiere abbia ispirato numerosissimi ex voto. Ma: “solo una piccola parte di essi ci è pervenuta poiché questo patrimonio, fino a pochi anni or sono, fu considerato di scarso valore essendo stimato nel solo contenuto ‘artistico’”. E concludiamo con i “Canti di lavoro” che – si legge – sono testimonianze, tra le più significative, della vitalità e della partecipazione del gruppo alla propria impresa umana… nei canti si esaltano e si trasfigurano le imprese di un lavoro duro e pericoloso, ‘eroico’ perché riservato a pochi, esaltante nella quotidiana rappresentazione della sfida tra l’uomo e la natura, orgoglioso poiché presuntuoso di questa vittoria”. Purtroppo – è scritto in proposito – dalla letteratura musicale locale non ci sono pervenuti reperti sull’arte degli zattieri bellunesi. Pure Paolo Bon, musicista tra i più qualificati e validi, sull’aria di alcune ‘voci’ di richiamo, ha ricostruito un canto sulla trama di un testo del 1500 conservato nella Civica Biblioteca di Belluno. Il canto, dal titolo “Ohi Zater”” rende omaggio a questi nostri uomini.