BELLUNO Mentre imperversa e continua a preoccupare la pandemia del Corona virus 19 ci è venuto in mente per singolare associazione di idee, un capitolo dell’ottimo libro edito nel 1999 dall’Amico del Popolo: “90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire”. E’ quello in cui gli storici Paolo Conte e Marco Perale tratteggiano la figura e l’opera di “Ferdinando Coletti: una vita tra gli studi e l’impegno civile”. Sotto questo titolo, infatti, il sommario specifica: “Nato a Tai di Cadore, fu docente e rettore dell’Università di Padova. Partecipò ai moti del 1848, fondò una rivista medica e si batté contro la scrofola”. Scrofola? Ecco di cosa parliamo, secondo il sito my-personaltrainer.it: “La scrofolosi o scrofola è un’infezione delle ghiandole linfonodali del collo meglio definita adenite tubercolare. Si tratta di una malattia infettiva generata da micro batteri: nell’adulto è soventemente provocata dal Mycobacterium tubercolosis o scrofulaceum (anche responsabile della ben più nota e letale tubercolosi polmonare) che, in questo caso, penetra nel circolo linfatico e colpisce alcuni linfonodi tra i quali soprattutto quelli al di sotto della mandibola; al contrario, nei bambini la scrofolosi o scrofola è provocata da altri micro batteri non tubercolari o atipici come il Nontuberculous mycobacteria. La maggior diffusione della scrofolosi o scrofola si è avuta in Europa (Francia e Inghilterra) tra il X ed il XVII secolo, quando si credeva che potesse essere guarita dal ‘tocco’ di un nobile; oggi, pur essendo considerata una malattia rara, rappresenta una possibile complicanza dell’immunodepressione e-o secondariamente della malnutrizione grave (ad esempio quella provocata dal virus dell’Hiv). Torniamo a Coletti, venuto alla luce a Tai di Cadore il 17 agosto 1819 da Giuseppe, commerciante di legnami, e Carolina Codecasa. Considerato che il figlio non vedeva bene, la famiglia si trasferì a Padova nel 1825 “per dargli un’educazione e guarire la sua infermità”. Conte-Perale ricordano ancora che “Il ragazzo non deluse il genitore e frequentò con profitto il liceo iscrivendosi poi all’Università. Conseguì la laurea in medicina e chirurgia nel 1845, riuscendo a pubblicare la tesi dal titolo ‘L’idroterapia’. Poco dopo divenne assistente alla cattedra di patologia e farmacologia e a soli 28 anni, nel 1847, partecipò a Venezia al IX Congresso degli scienziati italiani”. Ancora i due storici bellunesi: “Il ’48 era alle porte Ferdinando si schierò con i liberali moderati contro l’Austria. Partecipò ai moti patavini dell’8 febbraio e divenne membro del governo provvisorio della città. Ritornati gli austriaci, per qualche mese fu esule e quindi fu a Venezia dove, per la risorta Repubblica, si occupò con altri medici dell’ospedale di S. Giorgio presso il quale si curavano i colerosi. Fuggito da Venezia di nuovo in mano agli austriaci, dopo qualche tempo rientrò a Padova dove esercitò la professione di medico fino alla guerra d’indipendenza del ’59. Da quel momento, e fino al 1866, diresse in città il Comitato centrale nazionale veneto, coordinando la rischiosa attività dei cospiratori che agivano segretamente contro l’Austria nelle città della nostra regione”. Poi, annesso il Veneto all’Italia, Coletti ritornò all’Università con l’incarico di insegnare “materia medica e terapeutica”. Fu docente fino alla morte, tranne nei due anni 1872 e 1873 in cui divenne Rettore dell’ateneo. Per qualcosa come 14 anni, dalla fine del ’66, fu consigliere comunale a Padova ed esponente dell’Unione liberale veneta ma continuò ad impegnarsi negli studi e a scrivere sulla “Gazzetta medica italiana delle province venete” fondata e diretta da lui stesso nel 1858. E veniamo al suo contributo contro la scrofolosi. Conte-Perale dopo aver richiamato il suo impegno per ricerche sulle proprietà dei farmaci, degli effetti tossici dei veleni ed aver contribuito alla nascita della cattedra universitaria di Igiene ricordano che “Si batté con successo per prevenire e curare la scrofolosi, una malattia che colpiva soprattutto i bambini poveri e denutriti… Grazie al suo impegno nel 1870 sorse al Lido di Venezia il primo stabilimento in cui i bagni di sole e di mare divennero terapia usuale per vincere la malattia”. Altro merito di Ferdinando Coletti è quello di “insistere sulla necessità di incenerire i cadaveri ed egli stesso volle essere cremato”. L’illustre cadorino morì a Padova il 27 febbraio 1881, a sei anni di distanza dalla scomparsa del figlio Arnoldo. Di Coletti ha scritto, fra molti altri, Loris Premuda che nel volume 26 del 1982 del Dizionario biografico degli italiani sottolinea fra l’altro in un ponderoso servizio, che “Particolare attenzione merita il ‘Galateo de’ medici e de’ malati (1853), suddiviso in 54 aforismi. ‘Galateo – secondo l’autore – non può essere cerimoniale di convenzione, ma sivvero moralità tradotta in atto pulito e gentile’. Il libretto è al tempo stesso un vademecum di etica professionale, degno di essere rimeditato dal medico, e un prontuario di buona educazione per il malato”.
NELLE FOTO (Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Rete comuni italiani, L. Fiorentini foto, Google books, PicClick): due espressioni di Ferdinando Coletti; scorcio della via che gli è stata intitolata nel paese natale: Tai di Cadore; la lapide che lo ricorda patriota a Padova con la scritta: “Al professor Ferdinando Coletti medico che le sublimi pertinacie dell’intelletto e del cuore in prove aspre e diuturne immutabilmente sereno sacro all’Italia alla famiglia alla scienza con animo di soldato di cospiratore e d’artista esempio e ricordo gli amici P XXVII febbraio MDCCCLXXXII”; il suo “galateo de’ medici e de’ malati”; copertina di una pubblicazione del medico cadorino; versi di Gino Cittadella di Vigodarzere in ricordo di Coletti; “Ricordi storici della Cattedra e del Gabinetto di materia medica nell’Università di Padova raccolti e commentati dal medico di Tai.