di Renato Bona
BELLUNO Il 10 febbraio del 2004, l’amico Giovanni Sacchet mi regalava il suo libro “Fiori d’inverno. Poesie e prosa”, edizioni Rocciaviva, finito di stampare nel dicembre 2003 dalla bellunese tipografia Nero su Bianco, impaginazione di Apfel Workshop. Nella dedica personale scriveva: “A Renato Bona, emerito giornalista che dopo tanti anni ha reso pubblico il mio pensiero sul momento più importante della mia vita, vada la mia stima più schietta ed il più cordiale abbraccio”, dedica estesa “A tutti coloro che hanno un cuore…”. Rivolto a “Quell’impareggiabile personaggio che cerca la compagnia di uomini umili e sinceri dai quali poter capire dallo sguardo, dalle parole, dall’abilità nei lavori tramandati dai loro avi, quella serena saggezza che cerchiamo invano” Sacchet aggiungeva, per ringraziarlo per il concreto sostegno garantito per la pubblicazione del libro: “Era ed è motivo d’orgoglio far sapere a chiunque che Roberto Sorgato è mio cugino e, come dice lui, l’unico parente vero amico, con assoluta reciprocità”. E sempre per esprimere gratitudine citava: l’allora presidente della Provincia di Belluno, Oscar De Bona, la prof. Flavia Colle, assessore alla cultura dello stesso ente, le poetesse Federica Da Col ed Eliana Olivotto, la dott. Tamara Rech, e – di nuovo – chi stende queste note: “Devo a Renato Bona, allora redattore capo de ‘Il Gazzettino’ di Belluno la mia prima apparizione su quel giornale con il racconto ‘Giornata di pesca’. Con questo signore semplice ma di profonda umanità e intelletto, poche parole sono bastate per conoscerci reciprocamente. Come potrei mai dimenticarlo? Grazie mille volte e ancora”. Chiusa la parentesi con i suoi riflessi anche personali che ovviamente apprezzo, volentieri ricordo che la pubblicazione in questione contiene nove brani di prosa: Giornata di pesca, Care e vecchie pure acque della Salmenega, Gli scarponi di Tilman, All’ombra di sette montagne, Le valigie della contessa, Ricordo di Bank, Nella Val di Canzoi non è ancora svelato il mistero di Brando, Ciccio Caputo Tenente “a sussistenza”, Al Ponte di Umin, e ben 77 poesie (alcune, poche, in dialetto, una in francese), oltre alla riproduzione di 3 ceramiche e di un disegno a matite colorate opera – come la copertina – dello stesso Sacchet del quale peraltro mi pare opportuno a questo punto tracciare un sintetico profilo: nato a Cesiomaggiore il 28 agosto 1924, dopo elementari e medie frequenta il commerciale “Colotti” a Feltre “dove trascorre la prima parte della sua vita da studente nella più beata gogliardia”. Nel maggio 1944, ad Udine, il diploma di ragioniere. Tornato al paese natale, prende contatti con Mario Corà ed entra nel movimento di Resistenza col compito di registrare i messaggi segreti che venivano diffusi da Radio Londra e di portarli al comando di Pietena. Contemporaneamente collabora con la formazione territoriale che faceva capo ad Oreste Gris. A fine ’44 entra nella Todt, pur continuando i contatti con la brigata. Dopo la guerra, servizio militare nell’Aeronautica e quindi, nel giugno 1948, ritorno alla vita civile con alcuni anni di attesa per un lavoro. Intanto scrive “decine e centinaia di lunghe lettere a chiunque avesse il piacere di leggerle, compone di getto sonetti endecasillabi”. Dopo vari lavori saltuari vince un concorso ed è assunto da Cariverona; farà per anni il bancario “continuando a coltivare le profonde passioni per la letteratura, la pittura e la ceramica”. Quelle che, sinteticamente, ha esposto con i suoi lavori in “Fiori d’Inverno” quando – scrivevo in presentazione – “Meritatamente tagliato il traguardo della quiescenza, Giovanni Sacchet, bancario con ‘qualcosa dentro’ in più, diverso perché più nobile delle cifre, delle scadenze, degli assegni, delle cambiali, ha voluto e saputo uscire allo scoperto per proporsi con una serie di pregevoli composizioni poetiche ma non solo. Queste hanno dapprima trovato ospitalità in pubblicazioni locali e ora, giustamente approdano in un volume che consente anche al grande pubblico di apprezzare nel complesso l’estro di questo autore che a buon diritto si ritaglia un proprio spazio non secondario nel panorama letterario di casa nostra…”. Aggiungevo: “Finalmente, circostanze favorevoli ne consentono l’esordio. Ed è subito apprezzamento non di maniera per un autore che in punta di penna, senza arzigogoli, con quel tanto di sentimento che è capace di compensare qualche audacia lessicale o metrica, ci propone una accattivante serie di situazioni, luoghi, di personaggi che sono parte importante del suo vissuto, in cui qualcuno potrà riconoscersi ma che possono essere comunque fatte proprie dal lettore, nella consapevolezza che ‘c’è qualcosa nell’aria…’. Un qualcosa che sa di buono, che ti invoglia a condividere il mondo davvero non solo fantastico dell’autore. Che potrebbe apparire un libertino con le sue numerose rievocazioni amorose – quasi un intero calendario scandito al femminile – ma… come porre limiti al sentimento, alla passione vera o magari solo immaginaria, chissà, forse rimasta speranza? Quel che è certo è che Giovanni da del tu all’amore. Ne chiede per sé, come è giusto, è disposto a darne molto, come non a tutti accade. E allora, ammirazione e anche un tantino di invidia per uno che manifesta (e realizza?) così bene il suo sentire, i suoi desideri, le sue speranze”. Dal canto suo, il prof. Francesco Piero Franchi richiamava il fatto che: “… Come ai primitivi indigeni, anche a Giovanni sono apparsi i ‘basilisk’, seguendo le regole previste tramandate da generazioni. Dopo un fatto così, hai un bel andartene, crescere, volare su aerei, lavorare in banca, scrivere sui giornali. Da questi vincoli non ci si libera mai, per fortuna”. Si riferiva a quando, a quota 1750, ore 11 circa del 15 agosto 1938 “con tutte le condizioni favorevoli dell’adolescenza inquieta, dell’estate montana e dell’ora meridiana, nel cuore pastorale e montano di un paesaggio arcaico, la terra ha parlato, ha mandato i messaggieri…”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Fiori d’Inverno”): Giovanni Sacchet; la copertina del suo libro di poesie e prosa con il disegno di “Pasqua Mave”; la dedica per me; “Miss Savoia 1951”: ceramica multicolore; “Arlecchino”, ceramica a terzo fuoco, multicolore; “Flora distesa”matite colorate; “Amore mitologico”, ceramica con figure rosse su fondo nero.