di RENATO BONA
A nostro modesto avviso uno dei capitoli più interessanti dell’ottimo libro “L’artigianato del legno e del ferro a Fodóm”, stampato (Officine Bertoncello artigrafiche di Cittadella di Padova) nel 1995 con l’ Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali guidato dal prof. don Sergio Sacco, dal maestro Franco Deltedesco è quello intitolato: “Dal bosco la materia prima per il falegname e il carpentiere”. Parte dalla gestione ed utilizzazione dei boschi ricordando che “Fin verso gli anni 1890-1900, il legname uso commercio, fatturato nel comune di Livinallongo, veniva trasportato a Sedico sfruttando la forza dell’acqua del torrente Cordevole, così i costi erano limitati ”. Sottolineava quindi che “Nel lontano passato, le utilizzazioni del legname sono state suggerite quasi sempre da esigenze particolari e non hanno mai superato la potenzialità produttiva dei boschi. Questo fatto è sicuramente dipeso dalla previdenza delle popolazioni locali”. Ma… La guerra 1915-18 ha inferto un forte colpo al bosco in particolare nelle zone di Agai, Andraz, Ornella, Salegaca e Davedino e si è dunque reso necessario tagliare le piante, assegnandole come combustibile…”. Va aggiunto che negli anni successivi al 1955 sono intervenuti diversi eventi meteorici distruttivi nelle zone di Davedino, Franza e Molinat” dove sono stati sradicati 2.500 metri cubi di legname. Poi, il 2-3 settembre 1965 ed il 4 novembre 1966 nuove ferite a Roncat, Bosco Verde, Andraz, Franza, Planusél e nel 1979 tale sorte è toccata ad altri 500 metri cubi e, nel 1980, nelle zone di Renas e ad Arabba sradicati altri 2.500 metri cubi di legname. Qui di seguito serie di immagini, scelte da Franco Deltedesco a corredo del capitolo-bosco. Per la prima si legge: “Nessun documento prova la provenienza della proprietà terriera, perciò è da ritenere che fin dai tempi più remoti, gli abitanti abbiano incominciato ad esercitare quei diritti, chiamati poi ‘usi civici’ per il soddisfacimento dei loro bisogni di legnatico, rifabbrico e pascolo”. Per la seconda: “Pertanto, si sarà proceduto alla suddivisione della terra e del bosco fra le singole famiglie, o meglio fra le vicinie, corrispondenti alle attuali frazioni che nel 1995 sono 18”. Altra dicitura che sviluppa il discorso: “Nel 1927, queste terre vennero avocate dal Comune che riconobbe però ai frazionisti, così come a tutti i censiti, i diritti acquisiti nel tempo”. Ma: “Da allora si sono succeduti vari ricorsi degli abitanti avversi all’incameramento di detti terreni da parte del Comune, ed alcune frazioni, a suo tempo avevano anche fatto richiesta di costituzione di amministrazioni separate. Tale riconoscimento venne accordato alla frazione di Larzonei che ha quindi una proprietà nettamente separata da quella del Comune”. Ed eccoci alla foto per la quale si legge: “La proprietà silvo-pastorale del comune di Livinallongo che è situata in provincia di Belluno, si estende lungo i due versanti della vallata percorsa dal torrente Cordevole. L’ampia conca della Val Parola, pur facendo parte amministrativamente del comune di Livinallongo, è di proprietà del Vescovo di Bolzano e Bressanone”. Quindi si rammenta che: “Un tempo, al bosco veniva assegnata una finalità esclusivamente o prevalentemente produttiva”. Ma: “Non è possibile però non tenere presente la funzione che i boschi rivestono anche ai fini della difesa del suolo contro l’erosione superficiale del terreno”. Perciò: “A queste due principali finalità, di carattere produttivo e protettivo, se ne aggiungono altre, prevalentemente di interesse pubblico, che in determinate circostanze possono assumere particolare rilevanza: sono quella turistico-ricreativa e quella naturalistica”. Altra immagine con didascalia che puntualizza: “Le condizioni dei boschi nel comune di Livinallongo sono nel complesso buone e sarebbero ancora migliori se non si esercitasse il pascolo”. Quest’ultima attività, infatti: “Nei boschi è un fattore negativo che limita in molti casi la rinnovazione naturale, la danneggia fin dal suo primo insediamento e provoca marciume nelle piante mature”. Altra precisazione dell’autore sotto la fotografia con tre persone: “Nel comune di Livinallongo non viene dato neppure molta importanza ai rimboschimenti, in quanto la rinnovazione naturale è quasi ovunque soddisfacente, mentre sono previsti interventi colturali, quali gli sfollamenti e i diradamenti”. E: “Particolare attenzione viene rivolta alla conservazione e al miglioramento della viabilità forestale esistente che interessa direttamente la gestione dei boschi e dei pascoli”. Ancora: “Sebbene l’area coperta da bosco occupi la terza parte abbondante del comune di Livinallongo, non esistono estese foreste: gli alberi sono raggruppati in boschetti isolati, divisi da praterie, o pascoli, squarciati da crepacci o ripidi valloncelli”. Una curiosità: “La foresta di picea costituisce la specie principale per il fatto che il clima è particolarmente adatto a questa essenza legnosa”. : “La qualità del legname è molto buona: ha un’ottima fibra, fitta ed omogenea”. A sua volta: “Il larice è più o meno sparso in tutta la foresta…” mentre: “L’abete bianco è presente in una ristretta zona: verso Larzonei e a maso Foram. Il pino cembro ed il pino mugo si trovano sporadici, il silvestre nella parte inferiore del versante sud del comune”. Va aggiunto che: “A causa dell’elevatezza del luogo, mancano boschi di alberi frondiferi, qua e là si trovano singole piante di frassino, acero, sorbo, betulla alba, pioppo, rosa di macchia, sambuco crespino mentre un certo rilievo assume l’ontano verde”. Non va dimenticato che “Il bosco è stato diradato dalla pesante devastazione fatta con i tagli nella prima metà del secolo XVIII, ordinata dal Principe Vescovo di Bressanone, mal consigliato dal Capitano del Castello di Andraz” . Tanto che: “L’esempio, cui l’unico scopo era quello di far denaro, fu purtroppo imitato dagli abitati delle singole frazioni nei rispettivi boschi vicinali” e: “Tosto si fecero sentire le conseguenze: venne a mancare il legname per fondere e colare il ferro e perciò nel 1778 si dovettero chiudere le miniere del Fursil, molto terreno divenne improduttivo, frane e valanghe trovarono spazio per un’ulteriore distruzione”. Concludiamo la carrellata con l’immagine di cui si legge: “Il bosco che cresce sui versanti rivolti a Nord dà un legname migliore e viene chiamato bosco di ‘viza’: le piante sono alte, poco ramificate, corteccia più sottile, fibra fine”. E quella che ricorda che: “Il bosco che cresce sui versanti rivolti a Sud dà un legname più scadente: le piante sono più corte e molto ramificate, la corteccia è spessa e la fibra più grossa”.
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