BELLUNO Dopo esserci occupati dei capitoli “Il paese”, “Turismo” e S. Pelegrin” torniamo volentieri sul libro di Bepi Pellegrinon “Quando a Falcade la meridiana segnava il tempo” (album di immagini dal 1890 al 1930 edito nel 1982 dall’Amministrazione comunale all’epoca guidata dal sindaco Girolamo Serafini, con il contributo della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, in occasione della mostra fotografica “Falcade com’era” dell’estate dello stesso anno). C’è infatti da proporre un altro blocco di immagini accomunate dal titolo “La Grande Guerra”, che a nostro avviso confermano quanto l’autore ha pubblicato nell’opera stampata dalla Litografia Antiga di Crocetta del Montello. Ha infatti scritto: “La fotografia diventa documento, reperto sociologico, elemento di ‘storia sociale’ anche se, sappiamo che l’obiettività può anche essere fittizia in quanto la lente, questo presunto occhio imparziale permette tutte le possibili deformazioni della realtà giacché il carattere dell’immagine è ogni volta determinato dal modo di vedere dell’operatore e dalle esigenze dei committenti”. Anche se – aggiungeva Pellegrinon – “Noi crediamo che il fotografo falcadino dell’inizio del secolo, Eugenio Ganz, detto Orsolin (1878-1953), autore di gran parte delle illustrazioni della mostra e del presente Album, non si ponesse questi problemi. Ma, anche senza volerlo, oggi deve essere considerato un ‘testimone a carico’ perché la sua fotografia ci ha trasmesso messaggi, date, notizie di basilare importanza, quasi testimonianze chiave, per il grande processo che noi intendiamo intentare al nostro passato e alla nostra storia”. Ed è storia, quella richiamata oggi, che ha scritto pagine di lutti e rovine, di atti eroici, di sacrifici inenarrabili, di “giochi di potere” e chi più ne ha più ne metta! La carrellata di vecchie fotografie si apre con l’immagine del 1916 che è accostata alla dicitura: “Dal 24 maggio 1915 al novembre 1917 Falcade divenne centro di immediata retroguardia sul fronte dolomitico. La piana delle Busche vedrà sorgere una sorta di cittadella militare”. E precede quella con questa didascalia: “1915. L’8 agosto don Costanzo Bonelli celebra la Messa per gli Alpini del Battaglione Val Cordevole a Falcade. Il cappellano, originario di Vallada Agordina, morì il 9 marzo 1916, assieme ad una quarantina di alpini della 266. Compagnia, travolto da una immane valanga di neve staccatasi del Col Bèl”. Di nuovo il 1916: “Verso i primi anni del secolo il Duca degli Abruzzi era arrivato in automobile a Col de Rif ma la gente si era spaventata alla vista di un ‘carro’ a dir poco satanico; nel 1916, ormai abituata al traffico, festeggerà il falcadino Antonio Secchi alla guida di un automezzo militare”. E siamo al 1917: “Militari davanti all’Osteria Al Cervo di proprietà del Corda, a Falcade”. Torniamo al 1916 per l’immagine che è così spiegata: “Il Tenente Francesco Barbieri, il cui nome è legato alla gloriosa azione del 15 ottobre 1916 che portò alla conquista della Cima di Costabella ed alla cattura di ben 104 prigionieri. Nel corso dell’azione Barbieri perse però la vita, colpito al petto da una pallottola. Le sue ultime parole furono: ‘Avanti Alpini, avanti”’. Per l’atto di eroismo venne concessa la Medaglia d’Oro alla memoria. Nel reparto comandato da Barbieri c’erano i falcadini Tiziano Da Rif, Sante De Mio, Ganz Sebastiano Luzzino, Ganz Silvio Tomasin, Pellegrino Pellegrinon Pieruz, Attilio Zuccherini e Sante Zandò”. Altra foto del 1917 con questa sintetica dicitura: “Nella zona della polveriera alla De Rocco sostano i fanti prima della ritirata”. Stesso anno: “La fanfara dell’Ospedaletto da campo n. 60 (Casa del Popolo, Falcade Alto). Fra le infermiere c’erano anche le figlie del gen. Rubillant. Altri ospedaletti militari erano in funzione a Molino e a La Mora”. Ancora 1917: “Don Giovanni De Mio e don Sebastiano Ganz pochi giorni prima della rotta di Caporetto. Durante l’invasione il clero si adoperò di trovare un ‘modus vivendi’ fra la popolazione e gli occupanti tedeschi, ma non mancarono angherie, saccheggi e requisizioni. Fra l’altro vennero asportate le campane delle chiese. Trascorse un anno di amarezze, di umiliazioni e di fame”. Chiude la serie di foto per “La Grande Guerra” quella qui proposta, pure del 1917, con questa didascalia: “Un’altra immagine dei baraccamenti militari delle Busche. Il rapporto militari-popolazione civile iniziò male. C’era, da principio, fra i Comandi, la psicosi delle spie. Alcuni paesani, del tutto innocenti ed insospettabili, furono internati in base a mere fantasie o a semplici sospetti di ‘tedeschismo’. La popolazione non poteva, invece, che essere solidale con i propri figli in armi”.