di RENATO BONA
Grazie a Pieranna Casanova, autrice di “Una storia, tante storie” l’ottimo volume (iniziativa di Biblioteca civica e Pro loco Monti del Sole di Sospirolo con il prezioso concorso del Parco nazionale Dolomiti Bellunesi; stampa tipografia Piave nel dicembre 1999) che ci ricorda “la vita e la gente del Canal del Mis” conosciamo oggi la realtà di Gena Media. L’autrice spiega che dal ponte di Gena Bassa una ripida mulattiera portava sulla montagna di Gena e dopo alcuni tornanti in forte salita si raggiungeva il piccolo paese di Gena Media, dove abitava quasi una decina di famiglie”. E aggiunge: “Poco prima di entrare nel piccolo paese c’è il capitello costruito sul luogo dell’uccisione di quattro delle cinque vittime della rappresaglia tedesca del ‘44”. E la gente? Casanova rammenta che a Gena Media, come nelle altre località del Canale, la gente viveva di quel poco che il terreno dava e del prodotto della lavorazione del latte di mucche e capre. Erano comunque pochi gli animali che si potevano allevare, in mancanza di grandi prati per cui si doveva sfruttare ogni zona verde della montagna per avere un po’ dì erba. Le donne? Ancora l’autrice del libro che stiamo “rileggendo”: “Erano molto agili e riuscivano a raggiungere zone impervie pur di tornare con la gerla piena d’erba o con legna per far fuoco”. In proposito cita Tranquilla Casanova che “morì così, scivolata in un dirupo della Val Soffia, mentre si apprestava a legare una fascina di rami”. Restando alla cronaca, non trascura di richiamare l’esempio del piccolo Girolamo De Lorenzo cui toccò una disgrazia analoga: cadde infatti nella Soffia dal ponticello che attraversa il torrente lungo un sentiero nelle vicinanze di Gena Media. Miracolosamente, è il caso di dirlo, il ragazzino uscì indenne dopo un volo di una ventina di metri. Il sentiero è quello che porta a Piscalòr, un ampio prato dove c’è la casera dei Mioranza di Belavàl, che fu incendiata dai tedeschi in occasione del famigerato rastrellamento del 18 novembre 1944. Quanto ai ragazzi, non omette, Casanova, di sottolineare come i bambini del Canal del Mis iniziavano a lavorare fin da piccoli e ricorda Anselmo, nato nel 1928 a Gena Media, figlio di Ernesto Casanova ‘Spéch’, che compì 9 anni lavorando come pastore delle mucche al Fraton, sopra Sagrogn Alt, a servizio di un malgaro di Gosaldo, il ‘Macatòch’. L’anno seguente portò al pascolo le pecore inVal delle Moneghe e a 11 anni andò a lavorare a Rimini come ‘careghèta’ con Luigi Masoch di Pattine, detto Bafón; a 14 anni faceva già il boscaiolo e a 20 iniziò a lavorare come minatore. Nel capitolo che affronta anche l’argomento case si legge che per raggiungere Gena Alta da Gena Media si impiegano ancora 20 minuti di cammino, sempre in salita, lungo la mulattiera oppure accorciando la strada attraverso le numerose scorciatoie che evitavano i torrenti ma non la fatica! A cirva metà percorso abitava la famiglia di Luigi Case, uno dei numerosi figli di ‘Leto’ proveniente da ‘I Case’,vicino al Pian dei Zech. Nel vasto prato davanti casa, Luigi coltivava piante da frutto ed era molto abile a fare gli innesti. Dai Paganin de ‘I Stua’, con i quali si imparentò per aver sposato Teresa Paganin, apprese le tecniche per lo sfruttamento dell’acqua dei torrenti e fabbricò, presso un ruscelletto, affluente della Soffia sotto casa, un mulino che macinava, se pur lentamente, il granoturco per produrre la farina da polenta ed azionava una mola ad acqua ed altri strumenti in una piccola officina meccanica per costruire arnesi da lavoro e chiodi per ferrare le scarpe”. Il racconto prosegue: “Il figlio di Luigi, Mario, nato nel 1920, abitò nella casa paterna, dopo averla ricostruita perché incendiata dai tedeschi insieme al paese di Gena Alta, e lì morì nel dicembre 1966. Poco dopo, nel febbraio 1967, la moglie e i figli abbandonarono Gena. Nella loro casa c’era la luce elettrica e con essa perfino la televisione e un telefono privato collegato a quello pubblico de ‘I Sbriss’. Ma come potevano continuare a vivere lassù, soli, senza il servizio della corriera, dopo che l’alluvione, demolendo la strada, aveva fatto andar via tutti quelli de ‘I Stua’ e de ‘I Pissa’ e solo la famiglia di Vittorio Cervo abitava ancora il lontano Pian dei Fagher’?
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Una storia, tante storie”): anno 1935, casa di Gena Media, da sinistra: Girolamo De Lorenzo, il piccolo, Antonio Casanova, Domenica Casanova, Gemisto Casanova, Giorgio o Balzanela, Novella Tibolla, Maddalena e Augusta Casanova; bambini di Gena Media; il capitello sul luogo dell’uccisione di 4 delle 5 vittime della rappresaglia tedesca del ‘44; donne con bambini a fine anni ‘50; la casa di Piscalòr; Maria e Caterina Casanova e fra loro Carmela Casanova scesa da Gena Alta per la spesa all’Hotel; Ernesto Casanova ‘Spèch’ nato nel 1886 a Gena Media, con compagni di emigrazione in Francia di Gena Alta; immagini di Gioconda Lovatel, nata nel 1908 a I Mioi, da Gena Media; Domenico Tibolla con la moglie Maria Casanova e il piccolo Antonio, seduto Natale Casanova, padre di Maria; uomini di Gena Media e Gena Alta; gioventù sulla ‘mussa’ lungo la strada che scende da Gena Alta a Gena Media; Ida e Beppino Cervo sulla mulattiera che porta a Ge