Relazione del Corpo Reale del Genio Civile, cronistoria, rilievi e insegnamenti
di TIZIANO DE COL
LA VALLE AGORDINA Un tempo la conoscenza veniva trasmessa da generazione a generazione tramite i racconti dei padri e degli anziani del paese. Con questo sistema di trasmissione e sedimentazione della conoscenza, le nostre popolazioni cercavano di proteggersi dagli elementi e catastrofi naturali (e spesso ci riuscivano) pur non avendo i sistemi di previsione ed allertamento dei quali la società oggi dispone. La loro principale difesa era appunto la conoscenza del territorio e la sua manutenzione, ma soprattutto la conoscenza dei disastri o dei movimenti franosi che avevano interessato torrenti e pendici dei monti negli anni , nei decenni e nei secoli precedenti. Ora, il nostro sistema di vita, non solo non ci porta più la conoscenza “antica” attraverso il trasferimento delle esperienze da generazione a generazione, ma oltretutto ci condiziona con una alta velocità di rimozione degli eventi per cui, se alcune settimane dopo un evento ci viene chiesto di ricostruirlo temporalmente a memoria, se siamo stati direttamente toccati con danni diretti a cose o a persone, purtroppo ci riusciamo, ma se l’evento non ci ha toccato direttamente, tendiamo a confonderlo e perderlo in mezzo ad eventi ed accadimenti dei quali veniamo a conoscenza ogni giorno attraverso i media. Un servizio capillare di Protezione Civile , oltre che a garantire l’importantissimo pronto intervento, deve comunicare alla popolazione i rischi alla quale è esposta in occasione di particolari eventi meteo o sismici. L’attività di ricerca archivistica di vecchie o antiche fonti di informazioni riguardanti eventi o catastrofi del passato che hanno interessato i nostri paesi, è elemento indispensabile nel Servizio della Protezione Civile per predisporre i Piani comunali di Protezione Civile e per informare correttamente la popolazione, senza allarmismo, ma con coscienza che, quanto accaduto in passato, se non si sono stabilizzate radicalmente le condizioni, può , purtroppo, riproporsi. A questo scopo pubblichiamo il resoconto ufficiale di una frana, mossasi , in quel di La Valle, sulle pendici del Monte Tamer, verso il torrente Missiaga, primariamente nel 1701 e ripropostasi nel 1888 con un considerevole movimento. Per la ricerca di notizie d’archivio sul movimento franoso in questione, mi funse da spunto, un racconto di una persona Lavallese la quale mi disse che, durante l’alluvione del 1966 – sia durante l’evento, che nei mesi successivi – la preoccupazione di alcuni anziani del paese si concentrò su questa frana, la quale, se scalzata al piede, avrebbe potuto – e può ancora – sbarrare il corso del Missiaga e creare una diga, con quel che ne sarebbe conseguito data anche l’ingentissima quantità di materiale interessata. Anche l’ultima parte della relazione di cui parliamo, lascia presagire uno scenario non proprio tranquillo.
Corpo Reale del Genio Civile Belluno 28 ottobre 1888
Relazione sulla frana del Monte Tamer In Comune di La Valle, Distretto di Agordo
Belluno li 28 ottobre 1888, L’Ingegnere Capo Luigi Giacomel, Trascritta da Tiziano De Col
Verso il Nord Est del capoluogo del Comune di La Valle elevasi il Monte Tamer (o Petergnon), appartenente alla catena dei Monti separanti la Valle Agordina da quella Zoldana, ossia il bacino del Cordevole dall’altro adiacente del Maè. Dalle falde SO del Monte Tamer hanno origine gli affluenti del Torrente Missiaga che a sua volta rimettesi nel Cordevole al sottocorrente del Ponte Alto ed a breve distanza dal medesimo.Poco inferiormente alla sommità del Monte Tamer sul versante verso il Cordevole sorge un piccolo pineto di piante nane volgarmente chiamato pino-mughetto; immediatamente al disotto del medesimo la falda rocciosa ferma del Monte apresi secondo una zona grossolanamente semi ellittica ABC (vedi tavola allegata) col semiasse maggiore OB in alto ed il di cui asse minore misura un chilometro circa. Alla periferia ABC del semi-ellisse ed al di là della medesima la roccia dolomitica, specialmente sui fianchi, dimostrasi piuttosto ferma e resistente, nel mentre che, nella zona semi-ellittica trovasi quà e là sparsa in frastagliati dirupi, solcati in ogni verso da profondi crepacci; in enormi sconvolti ammassi in decomposizione circondati da banchi di scogli minori, di ciotoli, ghiaie e sabbie e che per tale suo stato di sconvolgimento, di disordine e di rovina consimile zona semi-ellittica, disposta sopra una nuda ed ertissima falda, prende la denominazione di Creppe rotte del Tamer. Dall’asse minore del semi-ellisse in valle la zona in ruina non trovasi più cosparsa di grossi ammassi e di frastagliati dirupi, ma costituita da banchi di scogli di minori dimensione, di ciottoli, di ghiaie e sabbie e viene delimitata da due tangenti AD_CE al semi-ellisse parallele all’asse maggiore. Inferiormente all’asse minore nella semizona longitudinale verso Tramontana, compresa fra il prolungamento dell’asse maggiore BON e la tangente AD, al medesimo parallela sorgono in mezzo alle ghiaie, alle sabbie ed alle rocce dolomitiche spezzate, due boschi contigui, i di cui alberi trovansi in parte inclinati, molti rovesciati ed altri infranti. Nel giorno 12 corrente e nei quattro o cinque giorni successivi, sotto la zona compresa dalla semi-ellisse, ossia le Creppe rotte del Tamer, subirono una depressione; molti massi precipitarono con grande fragore al basso; l’abbassamento delle Creppe rotte spinse poi a sua volta la sopra descritta semi-zona longitudinale inferiore AO_ND compresa fra il prolungamento dell’asse maggiore BON e la tangente AD mettendo la medesima in un lentissimo movimento; i due boschi essendo stati coinvolti in tale movimento della zona, i loro alberi in parte si inclinarono, per altra parte si rovesciarono ed infransero, originando così un generale disordine nelle Creppe rotte e nella sottostante zona a tramonontana. Al vertice B del semi-ellisse l’abbassamento della zona fu dai 5 ai 6 metri e sui rami laterali AB_BC di tale semi-ellisse fu di metri 2,50 in media come rilevasi dalle ancora visibili tracce bianche lasciate nella roccia dolomitica rimasta immobile, e segnate nell’annessa planimetria con strisce vermiglie. La succennata semi-zona sita inferiormente all’asse minore rivolta a tramontana e che si pose in movimento, ha la media larghezza di mezzo chilometro circa. La lunghezza della parte in movimento ossia della frana è di 1200 metri circa a partire dal vertice B del semi-ellisse sino all’unghia DMN. L’unghia ha una altezza dai 35 metri ai 40 metri e dalla medesima emergono grossi macigni, argilla, sabbia, alberi e sgorga un liquido nerastro; e fino ad ora progredì di circa metri cinquanta appena e sembra che adesso si mantenga stazionaria. Tale porzione di falda del Monte Tamer in movimento venne segnata in tinta gialla sull’annessa planimetria e la medesima è tutta di proprietà Comunale, e a eccezione dei due sopradescritti boschi di assai poco valore, nella rimanente parte costa tutta di rocce, dirupi, banchi di ciottoli, ghiaie e sabbie, perciò non è suscettibile di coltura alcuna e presentemente assai pericolosa pei massi cadenti ed in procinto di caduta. Chi primeramente avvertì la caduta dei massi, e per conseguenza il movimento della frana, fu certa De Col Domenica di Gio Batta che trovavasi nel giorno 12 corrente mese a pascolare in quelle vicinanze e fu desta che ne informò l’autorità locale. Questa frana fu quella che nell’anno 1701 danneggiò La Valle e che ne distrusse la Chiesa Parrocchiale, la quale venne ricostruita sull’attiguo altipiano detto Campo della Spina, compreso fra il torrente Missiaga ed il Bordina, località salubre ed affatto in salvo dalle piene dei torrenti, dalle frane e dalle valanghe. Questa frana rimase inattiva per 187 anni ossia per quasi due secoli, ed ora si risvegliò ma pare con poca energia. Non si può precisare l’epoca dello sconvolgimento che causò le Creppe rotte del Tamer, ma sembra che salga alla fine del periodo glaciale. Non è facile il preconizzare se rimarrà stazionaria o se si rimetterà in movimento, ma con tutta probabilità seguirà la legge generale che in quelle elevate alpestri regioni suolsi pelle frane verificare fino alla fine dell’Aprile prossimo venturo o nel Maggio successivo ossia fino allo scioglimento delle nevi dovrebbe rimanere stazionaria. Ne è egli d’altronde poi possibile escogitare mezzi preventivi per scongiurare pericoli ossia per frenare sopra una tanto ripida falda una così enorme frana della potenza di 40 metri circa, argomentandola dalla sua unghia, sulla riflessione specialmente che se si rimettesse in moto, la stessa potrebbe assumere proporzioni ancora maggiori quando al movimento venisse a partecipare l’altra zona OCNE rivolta verso oriente ed ancora stazionaria.Ma havvi però la favorevole circostanza che il cammino che dovrebbe percorrere la frana misura in linea sviluppata dai 7 agli 8 chilometri dal Capoluogo di La Valle per cui gli abitanti avrebbero l’agio possibile per mettersi in salvo colle loro robe e masserizie sull’attiguo altopiano denominato Campo della Spina anzi cennato su cui si propone ed ora è già in corso di compilazione il Progetto per la riedificazione sul medesimo del villaggio di Conaggia (frazione di La Valle) stato interrato da un’altra frana-valanga avvenuta nella Val Bordina dal 23 al 27 Aprile c.a. e di cui fu oggetto la relazione 28 stesso mese n°730 dal sottoscritto alla Regia Prefettura diretto, in seguito a cui lo Stato e la Provincia elargirono subitaneamente soccorsi a questo laborioso, industre e disgraziato Comune di La Valle dalle frane e valanghe funestato. Il referente sarebbe dell’avviso che il lavoro il quale risvegliò la presente frana del Tamer da tanto tempo sopita, sia da attribuire all’enorme quantità di neve caduta ed ai successivi geli e disgeli del prossimo passato inverno, che è stato veramente eccezionale, che superò di gran lunga quello straordinario del 1836, i geli e i disgeli colla loro azione demolitrice maggiormente spaccarono le già rotte, disgregate e frastagliate Creppe rotte , le acque provenienti dalle liquefazioni delle abbondantissime nevi si insinuarono attraverso i crepacci, ai ciotoli, alle ghiaie ed alle sabbie e penetrarono fino al piano di scorrimento e col loro lento e perticace lavorio ne ammollirono e lubrificarono fungendo da saponaria le superfici di contatto e posero necessariamente in moto la frana da tanto lungo lasso di tempo rimasta inattiva, però se non avverranno invernate veramente eccezionali come quella dello scorso anno (che le persone più vecchie della provincia non si ricordano di averne veduta l’uguale), ad avviso del referente la frana non progredirebbe oppure minimo ne risulterebbe il suo movimento ed affatto iniffensivo; e siccome invernate come quella prossima passata si verificano generalmente dopo lunghi periodi di anni, così è probabile che per molto spazio di tempo la frana più non si muova.