di TIZIANO DE COL
LA VALLE In questi giorni di febbraio 2022 la nostra attenzione è stata attratta dalla grande frana di crollo che si è staccata nella gola dei Castei, in Comune di Rivamonte. Considerando che la “base” della Protezione Civile debba essere la conoscenza , da parte della popolazione abitante, dei pericoli e/o dei rischi ai quali potrebbe incorrere, giova sicuramente ricordare cosa accadde giusto 20 anni orsono a La Valle, nel bacino del torrente Missiaga. Il mattino del 2 marzo 2002 in paese a La Valle ci si accorse che il torrente Missiaga si era intorbidito e risalendo lungo la strada del Passo Duràn, la quale costeggia il Missiaga per circa 3 km a monte del paese, notai, in località Le Vizze, un grosso distacco per crollo, in sinistra orografica del torrente Missiaga . La base del crollo, in alveo, era a circa 970 mslm mentre la testa era a circa 1090 mslm con un dislivello di circa 120 m, una inclinazione di circa 50 gradi ed un fronte di circa 60 metri. Il fatto strano era che l’inverno in corso era stato si freddo, ma particolarmente siccitoso e la zona non presentava attività sorgive se non debolissime e sporadiche, quindi, il crollo non era neanche imputabile a precipitazioni elevate o a disgeli repentini. Forse il differenziale termico giorno/notte di inizio primavera poteva aver collaborato, ma, in quel periodo stagionale, la frana era esposta al sole solo dal tardo pomeriggio essendo a nord, quindi neanche questo non poteva essere considerato come fattore scatenante. Restava come ipotesi , la perdita di coesione progressiva tra strati e il collassamento degli strati alla base per erosione progressiva da parte del torrente. Il materiale ostruì parzialmente il corso del torrente Missiaga.
Questo evento fu rilevato dalla Regione Veneto e registrato nel Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) , in seguito inserito nel Piano di Assetto stralcio Idrogeologico (PAI) e poi portato come un caso rappresentativo di frana per crollo con parziale intasamento dell’alveo torrentizio. L’evento franoso fu censito, sempre dalla Regione Veneto, all’interno del Progetto Interreg denominato “CATCHRISK” nel 2004. Il fenomeno fu descritto come “scivolamento traslativo”. La massa stimata della frana di crollo venne descritta dai tecnici preposti, come formata da “Blocchi lapidei lastriformi, ciottoli e ghiaia” (velocità di crollo stimata come rapida), profondità di scivolamento 5 m, area interessata 8000 mq e volume della massa collassata di circa 40000 mc Strutturalmente si tratta di strati (Formazione di Livinallongo) fortemente inclinati a franappoggio verso l’alveo del torrente Missiaga che hanno ceduto di colpo . In quella zona, non molti anni prima era stato eseguito dai proprietari un taglio culturale del bosco di abeti che vi insisteva e quindi anche gli strati sottostanti dovevano risultare alleggeriti e comunque nessuno aveva riscontrato tracce di lesioni superficiali che avessero potuto far pensare ad un cedimento repentino. Durante l’alluvione del 1966 era “scivolato a valle” il bosco posto a circa 50 metri a sud della zona in questione, senza però interessare il substrato roccioso il quale era rimasto spoglio e consisteva in una lunga “lasta” molto pendente, liscia e completamente spoglia. La vegetazione con il materiale franato aveva ostruito l’alveo del Missiaga in pieno evento alluvionale e il rilascio dello sbarramento creò un effetto “domino” a valle della frana, dissestando ulteriormente l’alveo a monte e all’interno del paese di La Valle. Questa frana di scivolamento del 1966 dovrebbe anche far ragionare sul carico massimo di vegetazione sostenibile dai versanti che approcciano, direttamente o nelle vicinanze, di alvei torrentizi o impluvi e che possono creare grossi problemi di frana nel caso di piogge molto abbondati che indeboliscono la tenuta dei versanti gravati anche da un grosso carico di vegetazione con apparati radicali non molto strutturati, come sono gli abeti.
Immagini Regione Veneto_Progetto IFFI_Workshop 2007
***