Sono personalmente grato agli storici bellunesi Paolo Conte e Marco Perale perché con il loro prezioso “90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire”, libro edito per i tipi della tipografia Piave nel 1999, mi hanno reso partecipe (e come me, sicuramente, moltissimi altri) di una gran bella realtà: le biografie di persone della nostra terra per le quali don Lorenzo Sperti, allora direttore del prestigioso settimanale della Diocesi di Belluno-Feltre che celebrava sobriamente i 90 anni di attività, scriveva in presentazione che: “in vario modo e in campi diversi, hanno dato lustro a queste contrade” ed esprimeva quest’augurio: “Ricordare il passato contribuisca a essere fieri di una eredità culturale e spirituale giunta viva fino a noi e alla presente generazione affidata per essere valorizzata e arricchita di nuove conquiste. Per rendere gli uomini e le donne su questo lembo di terra sempre più consapevoli e gelosi della propria dignità”. Ci occupiamo qui di “Francesco Mengotti di Fonzaso un economista tra ‘700 e ‘800” che – sempre per dirla con l’estrema sintesi del sommario nel capitolo a lui dedicato da Conte-Perale – “messosi in luce con studi di carattere storico-economico, a Venezia e a Milano ricoprì importanti cariche nell’amministrazione finanziaria dei governi austriaco, napoleonico e lombardo-veneto. Sua la prima riforma del censo” (lo status sociale di una persona dato dal suo patrimonio – ndr.). Francesco Mengotti era nato a Fonzaso, nel Feltrino, in provincia di Belluno, il 15 settembre 1749 da Ignazio e dalla nobile Caterina Villabruna. Avviato ancora molto giovane agli studi nel seminario di Feltre, presumibilmente ad opera dell’abate Giovanni Battista Bilesimo (1716-1799), suo parente per parte di madre, si trasferì a Padova dove conseguì nel 1771 la laurea di dottore in legge. Dopo un periodo di permanenza a Venezia per esercitare la professione di avvocato, rientrò a Feltre dove “si dedicò con passione all’economia, alla storia, all’idraulica e, in misura minore, alla letteratura non trascurando di ricavare frutto dalle sue terre a Fonzaso”. Ricordato che “Esordì con ‘Del commercio de’ romani. Dalla prima guerra punica a Costantino’, un’opera di carattere storico-economico” il libro specifica che “La scrisse per concorrere al premio bandito nel 1784 dall’Accademia delle iscrizioni e belle lettere di Parigi, premio che gli fu attribuito nell’’86. Un secondo quesito, questa volta proposto dall’Accademia dei georgofili di Firenze, fu l’occasione per comporre la dissertazione di argomento economico, ‘Il colbertismo’ anch’essa premiata il 13 giugno 1792. Entrambi gli scritti di Mengotti furono editi a Milano nel 1802 e l’anno successivo, quindi ripubblicati varie volte, il che gli valse una discreta fama tanto che, ad inizio 1798, fu aggregato al Maggior consiglio di Feltre. Caduta la Repubblica di Venezia era subentrato un governo provvisorio sotto il controllo francese e sia pure per brevissimo tempo di tale organismo fece parte anche il fonzasino quale membro del Comitato finanze. Nei primi mesi del ’98 gli austriaci successero ai francesi ed il Maggior consiglio, pochi anni dopo inviò a Venezia, primi giorni del 1803, il Mengotti e Silvestro Villabruna per rendere omaggio al governatore Ferdinand von Bissingen. Tale “missione” ed il riconosciuto prestigio quale economista gli assicurarono la stima dello stesso Governatore che il 24 lughlio 1804 lo nominò commissario principale per il censo col compito di riordinare il sistema fiscale delle varie province mediante il censimento delle proprietà e delle rendite, la risistemazione del catasto e la redistribuzione delle tasse. Dopo la pace di Presburgo, gennaio 1806, i francesi ripresero possesso di Venezia e del Veneto ormai parte del Regno Italico di Napoleone. Appena pochi mesi e Mengotti è Ispettore generale delle finanze, con gli identici compiti affidatigli in precedenza dagli austriaci. Moltyo considerato anche da Napoleone, fu nominato senatore del Dipartimento della Piave, segretario del Senato, membro nel 1809 della Legion d’onore quindi, un anno dopo, conte del Regno Italico. Prestigiosi gli incarichi affidati dagli austriaci al nostro dopo l’era napoleonica: consigliere del dipartimento del censo, vice presidente, il 25 aprile 1819 a Milano, della Giunta per il censo istituita per unificare il sistema tributario nel lombardo-veneto. Nel 1827 su riturò a vita privata riprendendo l’attività di avvocato. Morì celibe a Milano il 5 marzo 1930. A conclusione del capitolo riservato a Mengotti si legge: “Nella patria natia meriterebbe più attenzione e da parte degli studiosi una approfondita ricerca che consentisse la pubblicazione di una monografia aggiornata ed esauriente”. Condividiamo ed aggiungiamo due notizie: quella di Wikipedia: “…i suoi resti furono portati a Fonzaso il 13 maggio e qui si svolsero i funerali”. Quella di Mario Ursino, sul sito: aboutartonline dove propone un lungo testo di Angelo Vigna corredato da una serie di belle immagini: “Nella ridente cittadina di Fonzaso, comune del Bellunese, si trova una delle più note residenze nobiliari di quella comunità: il Palazzo Mengotti, con decorazioni, fra l’altro, di Pietro Pajetta, che si affaccia sulla Piazza Municipale, oggi denominata Primo Novembre”. NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Fonzaso ieri…”;
Wikipedia): busto di Francesco Mengotti, attualmente conservato nel palazzo del Comune di Fonzaso; copertina di “Fonzaso ieri… il libro di Angelo Vigna ristampato a cura del Circolo “I Fondasin”; il Palazzo come era: la facciata è ancora come si vede in un’incisione veneziana dell’Ottocento, tratta da un disegno del pittore Marco Moro (1817-1885) con al di sotto del balcone, l’ampio ingresso che un tempo conduceva ad un monumentale scalone; la facciata in stile neoclassico con l’elegante balconata scandita da colonne sovrastate da un fregio ornamentale di girali in stucco culminanti in un oculo ovoidale; il Palazzo più recentemente: negli anni 50; scultura allegorica e commemorativa del senatore Mengotti (verosimilmente opera del Besarel, ma purtroppo andata distrutta in circostanze rimaste sconosciute.