E’ in frenata la contrazione dei presti bancari alle imprese venete. Nell’ultimo anno (novembre 2017 sullo stesso mese del 2018) gli impieghi vivi 1 (prestiti al netto delle sofferenze) sono diminuiti di 653 milioni di euro (-0,9 per cento). Niente a che vedere, comunque, con quanto registrato negli ultimi 7 anni. Dal novembre 2011 (anno di picco massimo delle erogazioni bancarie alle imprese) allo stesso mese dello scorso anno la caduta è stata del 29,9 per cento: in termini assoluti gli impieghi vivi sono diminuiti di 30,1 miliardi di euro. Anche analizzando l’andamento degli impieghi totali (che includono , tra le altre cose, cartolarizzazioni e sofferenze), la caduta è stata più morbida, ma altrettanto evidente (vedi Graf. 1). A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i dati della Banca d’Italia.
A livello provinciale l’area più penalizzata è stata Rovigo. Negli ultimi 7 anni la contrazione dei prestiti è stata del 34,2 per cento (pari a -1,1 miliardi di euro), mentre negli ultimi 12 mesi la provincia polesana, assieme a Vicenza, è stata la realtà con la maggiore propensione alla stretta creditizia: -3,9 per cento (pari a – 89 milioni di euro).
E’ interessante notare che dopo il crac delle 2 popolari venete, nell’ultimo anno la provincia di Treviso ha registrato un aumento degli impieghi vivi alle imprese (+265 milioni di euro pari al +2 per cento), mentre a Vicenza è continuata la stretta che ha comportato una contrazione pari a 592 milioni di euro (-3,9 per cento). Difficile stabilire quali siano le ragioni di questi 2 trend: probabilmente ha concorso l’andamento dell’export, che a Vicenza nell’ultimo anno è cresciuto pochissimo (+1 per cento), mentre nella Marca ha registrato un significativo +5 per cento.
“E’ vero – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – che in questi ultimi anni la domanda di credito da parte delle imprese è diminuita sia in termini di qualità che di quantità. Inoltre, non va nemmeno dimenticato che le sofferenze bancarie hanno assunto dimensioni preoccupanti, inducendo molte banche a chiudere i rubinetti del credito o a concedere i prestiti a condizioni più rigide. Tuttavia, la contrazione registrata in questi ultimi anni è stata smisurata , soprattutto nei confronti delle piccole realtà produttive che, tradizionalmente più solvibili delle medie e delle grandi imprese, sono state le più penalizzate”.
E’ possibile delineare una soluzione politica che consenta di superare questa situazione ?
“In primo luogo – dichiara il segretario della CGIA Renato Mason – bisognerà perseguire uno sviluppo economico meno bancocentrico, anche attraverso l’attuazione di politiche pubbliche di sostegno alle imprese, abbassando i costi energetici, favorendo gli investimenti infrastrutturali, riducendo le tasse, tagliando il cuneo fiscale e incentivando l’internazionalizzazione della nostra economia. In secondo luogo, tuttavia, sarà necessario rassicurare gli istituti di credito dal raggiungimento di requisiti patrimoniali eccessivi che sono stati imposti dalle regole europee. In modo tale da rimettere in moto il flusso di denaro verso le imprese, soprattutto di piccola dimensione. Inoltre, le banche dovranno ritornare a gestire i propri bilanci con rigore e sobrietà, recuperando la fiducia dei risparmiatori che in questi ultimi anni – a seguito, in particolar modo, dei casi Veneto Banca e Popolare di Vicenza – si è notevolmente affievolita”.
Dalla CGIA, infine, segnalano che la stretta creditizia verificatasi in questi ultimi anni ha innescato altri 2 meccanismi molto preoccupanti:
“Con meno disponibilità di risorse finanziarie – conclude Paolo Zabeo – non è da escludere che molte Pmi si siano rivolte a forme di approvvigionamento del credito illegali controllate, anche nel Veneto, da organizzazioni criminali di stampo mafioso che, in momenti di difficoltà come questo, sono le uniche realtà in grado di offrire liquidità a chi ne ha bisogno. Non è un caso che la gran parte degli arrestati in Veneto nelle settimane scorse nelle inchieste contro la presenza della mafia nella nostra Regione sia, tra le altre cose, accusata di usura, estorsioni e recupero illegale dei crediti”.
“Le Pmi venete – conclude Renato Mason – che tradizionalmente sono sottocapitalizzate e a corto di liquidità, con la contrazione dell’offerta di credito hanno ridotto drasticamente gli investimenti. Nel medio periodo questo può avere degli effetti molto preoccupanti in materia di innovazione, di ammodernamento degli impianti e conseguentemente sulla competitività del sistema produttivo veneto Un primo segnale, purtroppo, l’abbiamo registrato nel 2018, visto che in materia di export abbiamo subito il sorpasso da parte dell’Emilia Romagna”.