di RENATO BONA
“Connessa in qualche modo alla prima guerra mondiale è la nascita della “Ferrovia delle Dolomiti”: fra il 1915 e il 1917 l’Italia costruì una ‘decauville’ (ferrovia a scartamento ridotto – generalmente 800 mm. – realizzata per scopi militari o raccordi industriali; è di rapidissima messa in opera ed ha impianti ridotti al minimo) che partiva dalla stazione di Calalzo e si spingeva in direzione di Cortina d’Ampezzo”. E’ quanto si può leggere all’interno del capitolo “Ferrovie del Cadore” del libro “Belluno. La crisi dei vagoni” realizzato con Tiziano Edizioni dal cadorino Marcello Rosina nell’agosto 1998. L’autore ospitava sull’argomento un servizio di Guglielmo Evangelista che su “Rassegna economica” numeri 5 e 6 del 1984, ricordava che “Un’analoga linea venne costruita nello stesso periodo dagli austriaci fra la stazione di Dobbiaco e la conca di Cortina; furono ancora gli austriaci che, dopo il 1917, occupato il Cadore e entrati in possesso del tratto costruito dagli italiani, saldarono i due tronchi, in modo da avere una piccola linea senza soluzione di continuità da Dobbiaco a Calalzo”. Piccola ma preziosa se è vero che “Dopo la guerra essa servì al nostro Genio militare durante la smobilitazione; infine, considerata la sua utilità, in vista dello sviluppo turistico di Cortina, venne ricostruita a scartamento di 950 mm. e aperta al regolare traffico pubblico; nel 1929 venne elettrificata”. Dopo una serie di considerazioni sulla Padova-Belluno-Calalzo, della quale ci siamo già occupati in precedenti servizi, Evangelista tornava sulla “Ferrovia delle Dolomiti” richiamando il fatto che “siamo in presenza di una ferrovia smantellata da venti anni, il cui tracciato è stato occupato da strade e sentieri, e le cui stazioni sono state demolite o adattate ad altri usi”. Qui, a differenza della Padova-Belluno-Calalzo, “Non si tratta di intervenire con miglioramenti ma di progettazione di una linea del tutto nuova che “con la vecchia avrebbe in comune solo i punti di raccordo con la rete esistente, cioè Calalzo e Dobbiaco”. L’articolista non mancava di sottolineare che: “Fu un atto politicamente sbagliato il sopprimere questa ferrovia, ma bisogna considerare che nel 1964 il traffico stradale era ancora entro limiti accettabili, gli autoservizi economicamente convenienti, non si parlava di crisi energetica e la vecchia linea, abbandonata a sé stessa, era molto prossima al collasso ed avrebbe necessitato di un completo rinnovamento degli impianti fissi e del materiale rotabile che la società esercente – infatti era in concessione ai privati e non faceva parte della rete FF.SS – non era economicamente in grado di compiere”. Oggi è insistente da più parti la richiesta di riattivarla e non sono pochi quanti, anche se si tratterebbe di un’opera decisamente costosa pur se socialmente utile, la vorrebbero “come era e dove era”: un trenino a scartamento ridotto che “senza fretta, fra curve e controcurve e splendidi panorami, conducesse i turisti a Cortina con una versione italiana delle affascinanti ed efficienti ferrovie di montagna svizzere e austriache, che costituiscono esse stesse un’attrazione al pari delle località di villeggiatura che collegano”. Come che sia – concludeva Guglielmo Evangelista – La presenza di questa ferrovia non sarebbe solo finalizzata ai servizi passeggeri e turistici; infatti con essa si realizzerebbe un collegamento diretto tra Venezia e l’Austria, una cosa proposta fin dal secolo scorso ma mai realizzata e molto utile per il traffico merci dal porto lagunare. I treni infatti raggiungerebbero Belluno via Treviso o via Conegliano e poi Calalzo e Dobbiaco, scendendo quindi per la valle della Drava ed entrando in Austria a San Candido…”. Marcello Rosina concludeva il capitolo, prima di una serie di immagini, riportando alcuni dati: la Calalzo-Cortina-Dobbiaco lunga 65,379 chilometri e tutta a semplice binario con percorso tortuosissimo, partiva dai 740 metri di Calalzo e raggiungeva i 1.217 di Dobbiaco, dopo aver oltrepassato Cimabanche a quota 1.529. Nel 1916 gli austriaci, per esigenze belliche, posero una ‘decauville’ su sede stradale, fino a Landro; gli italiani costruirono una ferrovia a scartamento di 750 mm. , con trazione a vapore, tra Venas e Zuel. Dopo Caporetto gli austriaci diedero continuità al percorso portando tutto lo scartamento a 700 mm. Nel 1919 l’autorità militare italiana portò lo scartamento ai 950 mm. normali. Nel 1923 la tratta passò al Regio Circolo Ferroviario di Bolzano e, nel 1924, alla Società Anonima per la Ferrovia delle Dolomiti (SFD). Nel 1928 l’intera linea venne elettrificata ed il colore caratteristico delle carrozze era: fascia bianca all’altezza dei finestrini e fascia azzurra con bordi più scuri nella parte inferiore della cassa; le locomotive erano in grigio scuro. Il 17 maggio 1964 alle 18,20 l’ultimo convoglio della Ferrovia delle Dolomiti” lasciò Cortina per dirigersi verso Calalzo”. NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Belluno, La crisi dei vagoni” di cartoline della raccolta Benito Pagnussat): la stazione di Calalzo e sullo sfondo il Tudaio m. 2114; ponte viadotto in curva di Val Orsina; galleria e muraglioni di Roccolo di S. Alipio; Pieve di Cadore, verso il Picco di Roda m- 2227; ponte cavalcavia di Tai; la stazione di Valle di Cadore; il ponte della Vallesina a Valle di Cadore; galleria della rotonda di Venas; stazione Venas-Cibiana; la valle del Ruvinian verso l’Antelao m.3.263; stazione Peaio e Vinigo; stazione di Borca; ancora Borca con nello sfondo la Rocchetta m.2.498; stazione di San Vito, sullo sfondo le Tofane; il ponte viadotto sul Rusecco presso San Vito; stazione ed albergo di Chiapuzza; la stazione di Acquabona, sulla sfondo l’Antelao m. 3.265 “re delle Dolomiti”; ferrovia verso Zuel, sullo sfondo il gruppo delle Tofane; il Majestic hotel Miramonti di Cortina; ponte viadotto sul Bigontina presso Cortina, sullo sfondo il Cristallo m. 3.210 ed il Pomagagnon m. 2.456; stazione di Cortina e il monte Cristallo; la stessa col Faloria; stazione di Fiammes con il Col Rosà; ponte a travata metallica sull’orrido del Felizon; la stazione di Ospitale; e quella di Cimabanche al vertice della linea, a quota 1544; la stazione Carbonin-Misurina; la fermata di Landro e sullo sfondo le Tre cime di Lavaredo m. 3.000.