Strutturalmente siamo una provincia povera. S’intende povera di mezzi, strumenti, potere contrattuale, peso di rappresentanza e via dicendo. Così paghiamo troppo spesso lo scotto di essere l’”ultima provincia dell’Impero anche se, sull’altro piatto della bilancia, ci gratifica avere avuto la fortuna di vivere in un territorio di rara bellezza e che molti ci invidiano. Ecco allora, mentre i veri problemi sono ben altri, che quasi puntualmente qualcuno non trova di meglio che dare di noi un’immagine negativa forse perché gli fa invidia che la verità non possa non essere tale: «Ma come? Lo Stivale, dalle Alpi al Mediterraneo, è pieno di omicidi, femminicidi, violentatori, pedofili, spacciatori, drogati, delinquenti di ogni specie, ladri, assassini, truffatori e chi più ne ha più ne metta! Non è possibile che ci siano una città ed un territorio di tutt’altro genere, ovvero immacolati e immuni dal commettere i peggiori reati. Allora indaghiamo e qualcosa salterà pur fuori. Se troveremo ciò che stiamo cercando è doveroso che il nostro pubblico lo sappia». In quelle parole «qualcosa salterà pur fuori» sta la sostanza di quanto è accaduto nella trasmissione “Fuori dal coro” di Retequattro. In quella redazione hanno pensato: «Gratta, gratta, qualcosa di brutto dovrà pure saltare fuori!». In tale logica il passo successivo richiede di fare, come dicevano i nostri nonni, «De n dét an braz», peggio ancora del detto «Fare di ogni erba un fascio». Un singolo episodio, oppure alcuni episodi analoghi e isolati diventano il paradigma della situazione di una città e del suo territorio, così la nostra comunità provinciale di meno di 200.000 abitanti diventa peggio del Bronx, popoloso e degradato quartiere di una “piccola” città come New York. Ed anche il paragone fatto con Scampia calza a pennello per far montare la nostra indignazione. Ormai di frecciate mediatiche di questo genere ne abbiamo subìto anche troppe soccombendo ad un’informazione d’assalto che, secondo editori e giornalisti senza scrupoli, dovrebbe far vendere di più o aumentare l’audience. Niente di più falso, forse tali risultati si ottengono con re Carlo III e la regina Camilla, una partita di calcio, il Festival di Sanremo e i pettegolezzi su Albano e Romina. Invece in questi giorni, mentre gli amici emiliano-romagnoli sono alle prese con una spaventosa catastrofe, l’Italia viene a sapere che a Belluno i reati non si contano. Così spostano i riflettori sulla nostra montagna e per quelle lande allagate attizzano invece la solita polemica sul dissesto idrogeologico, i ritardi nei soccorsi, i milioni di euro non spesi per arginare i corsi d’acqua, ecc. Basta! Vi ricordate il post Vaia e quei bravi giovani che ci invitarono tutti ad alzare la testa e far sentire la nostra voce? È tempo di fare altrettanto nello spirito di completa unità, dal Peralba alla stretta di Quero, perché non se ne può più di chi ci denigra, ci umilia, non ci riconosce e ci sposta a casaccio sulla carta geografica d’Italia! Se si vuole onorare la professione giornalistica, come ha sempre cercato di fare lo scrivente di questo sfogo, è necessario prendere un’altra strada, quella della verità e dell’onestà intellettuale. Per finire sono convinto che “fuori dal coro” siamo invece noi, mentre chi fa dell’inutile e colpevole sensazionalismo la propria scadente cifra intellettiva ha messo in piedi un coro assai stonato. Non possiamo e non dobbiamo fargliela passare liscia: le istituzioni vadano sino in fondo chiedendo giustizia e risarcimento, ma tutti i bellunesi hanno il dovere di alzare la testa e la voce di un coro che, al contrario di Retequattro, dovrà essere perfettamente intonato per un energico “Dies irae”.
(foto: Wikipedia)
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