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GEOMETRIA FATTA A FETTE
Quando il futuro era geometria fatta a fette
faceva caldo e odorava il tiglio, la fatica
diminuiva il senso di colpa, e i vecchi
seduti davanti alle porte accudivano il dire:
“Tutto il giorno vi stanno a cercare!”
Noi, l’intero giorno a scavare trincee
e non c’era un solo figlio, solo terrore e orgoglio.
Le finestre in luce mostravano frammenti
di; “cielo sopra la città vecchia”
d’un quadro appeso nelle sale da pranzo,
e noi, ripulivamo resina e terra dai pugni
prima d’entrare nei corridoi
dove le madri lagnavano al borbottare,
come di ciliege acerbe nei ventri; “Siamo pronti!”.
C’erano, sui balconi dall’altra parte dei cortili,
i padri a fumare, patendo delle colonne di cenere
il muto spezzarsi cadendo, e altri, di faccia
ai necrologi, urlavano dei non più figli il tormento.
Imparammo tutto sulla rigidità di misura,
sull’esclusiva della posizione delle zolle
e che il dazio in lungo, in largo e profondo,
era di fine guerra il sovrapprezzo dell’errore.
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