di RENATO BONA
Cercando tutt’altro, dalla mia personale biblioteca ho tratto il libretto (piccolo nelle dimensioni ma grande nei contenuti) che il caro amico scrittore Mario Ferruccio Belli ha realizzato nell’aprile del 1995 con Nuove Edizioni Dolomiti (stampa a cura della tipografia Tiziano di Pieve di Cadore, fotografie di Riccardo Angelo Belli; i documenti citati provengono dall’Archivio storico del Comune di Cortina d’Ampezzo o dalla Biblioteca Marciana di Venezia; in copertina: le lapidi di Venezia e del Tirolo, con la croce di confine, l’anno 1753 ed il numero 10 lettera K, ai piedi del Formin; nell’ultima di copertina: un tratto del muro del Giau dal cippo numero cinque sino al “Becco della muraglia” sotto la neve). Si tratta di oltre 120 pagine cui, per narrare di “una storia di buon vicinato fra Cortina e San Vito di Cadore lunga sette secoli” è stato dato il titolo: “Giau e il muro della pace”. In presentazione l’allora presidente della Provincia di Belluno, Oscar De Bona, esordisce spiegando: “Sembrerebbe quasi una favola con protagonisti i pastori usi a portare le greggi sui prati che confinano con le vette, oltre i boschi frequentati dai folletti, da una parte, e dall’altra le Eccellenze Venete e Tirolesi, i Commissari, gli Arciduchi e i Dogi e una ‘muraglia fatata’ a dividere proprio quei pascoli e quelle foreste” aggiungendo quindi: “E’ invece una storia di uomini, e pastori in carne e ossa, che difendono i pascoli necessari agli alpeggi estivi, quando le nevi lasciano il posto alle praterie, succoso cibo per pecore, capre o mucche”. Ma… “Lo è anche di uomini chiamati a governare la pace con gli strumenti della burocrazia. Sulle praterie del Giau, ‘risorsa verde’ e ‘questione di vita’ per Ampezzani e Sanvitesi, si sono susseguite dispute secolari di interesse locale che, per la collocazione dei luoghi, sono assurte alla storia, quella con la S maiuscola”. Detto che l’interessante ricerca di Mario Ferruccio Belli “è insieme cultura e storia socio-economica delle comunità di San Vito e Cortina d’Ampezzo, De Bona propone per i lettori alcune riflessioni: in primo luogo sul fatto che la lettura del lavoro di Belli di conferma quanto la nostra montagna sia sempre stata una ‘risorsa’ per le popolazioni “che vi si sono organizzate sapientemente in comunioni familiari per garantirne la conservazione ed i benefici a tutti”; poi: l’importanza vitale del territorio che ha fatto maturare quel forte attaccamento della gente, decisa a difenderlo ad ogni costo ricorrendo sempre alle ‘armi’ della illuminata burocrazia che in questo caso ha prodotto addirittura un trattato internazionale; quindi: “come sia nata ed ancora attuale per le aree montane di confine e dunque per l’intera provincia di Belluno, la necessità di rispondere alle esigenze che provengono dal basso con ‘scelte strategiche’ di governo che pacifichino le questioni per realizzare costruttive intese; infine: “la necessità di conoscere, valorizzare e proteggere la ‘muraglia’ di Giau ed i suoi cippi confinari quale raro patrimonio storico-culturale tramandatoci dagli antenati”. Nei successivi sei capitoli è tracciata una gradevole storia secolare così sintetizzata dai titoli: “Giau? Che cosa? Dove si trova, a chi appartiene, perché?”; “Muraglia della discordia o costoso pomo della pace”; “Processi e amore fra Ampezzo e San Vito di Cadore”; “Venezia e Vienna al tavolo della pace”; “Ciò termina il molesto affare che durò due secoli”; infine: “L’erba verde del vicino”. Belli dice davvero di tutto e di più: un nome latino; regole e marighi; un giuramento pericoloso; come visitare il muro; i perduti scudi del Tirolo e il sorriso del leone; i cippi misteriosi; agli scudi della terza forcella; una nobildonna in gita; pecore, capre e legname; foraggi e miniere; la storia infinita; la terza forcella; il muro della pace; a Rovereto con i diplomatici; con gli ingegneri e la gente a discutere d’erba; dodici mesi sui monti del Cadore; San Vito si rimbocca le maniche; Ampezzo presenta il conto; all’ombra del muro; una revisione allarga il contenzioso; gli Alpini hanno fretta; il progetto di scambio; qualche altra cosa sui dintorni; il cacciatore di Mondeval; il confine con la Badessa; dov’è la croce numero uno!”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Giau e il muro della pace”, sito debastiani.it): in copertina le lapidi di Venezia e del Tirolo con la croce di confine ai piedi del Formin; ultima di copertina: un tratto del muro del Giau sino al “Becco della muraglia” sotto la neve; lo scrittore Mario Ferruccio Belli; al centro del catino innevato la casèra di Giau di proprietà del Comune di San Vito di Cadore, sulla sinistra la stalla per il bestiame, sullo sfondo a destra il Formin e la Croda da Lago; dal Formin: pascoli e malga di Giau, sullo sfondo il Nuvolau e, più arretrato, l’Averau; la scogliera del Formin, sulla sinistra le due forcelle percorribili anche col gregge, in secondo piano la splendida Croda da Lago; il “Becco della muraglia” e sullo sfondo l’inconfondibile Averau; Formin e Croda da Lago ed i pini cembri della conca di Giau; il tavoliere del Formin con a destra i pascoli di Forcella Rossa e a sinistra le Tre Cime di Lavaredo; la muraglia del Giau voluta nel 1752 dalla Commissione plenipotenziaria di Rovereto per impedire lo sconfinamento del bestiame sanvitese; il confine fra Ampezzo e San Vito punta al pinnacolo detto “Becco della muraglia” che si erge sulla conca di Cortina; il cippo con la croce N3, lettera C e l’anno 1753, un parallelepipedo di circa 80 centimetri, spunta fra i mughi sullo sfondo della Tofana di Roces.